Ne La Mia Africa , nel momento più romantico della storia, Karen Blixen guarda Denys e gli dice: ”Vorrei tanto che un giorno qualcuno mi chiedesse di sposarlo: prometti che lo farai, se ti prometto che ti risponderò di no?”. Non ricordo se è stato leggendo il libro o guardando il film che questa frase mi si è scolpita nella mente, ma sta di fatto che da allora il momento del mio matrimonio non ho potuto immaginarlo se non con i colori dell’Africa, nel bush, in mezzo alla natura selvaggia. Da allora sono trascorsi tanti anni e per un lungo periodo avevo dimenticato tutto ciò, ma da quando ho incontrato Ciro, il ricordo dell’ antico sogno è tornato con forza nella mia mente, con la consapevolezza che lui l’avrebbe realizzato. In questo momento, guardando il mio vestito da sposa appeso nell’armadio di legno della Ivory Suite del Selati Camp nella riserva di Sabi Sabi, sorrido, compiaciuta, e penso: c’è l’ho fatta, domani indosserò questo splendido abito e con Ciro raggiungeremo con la Range Rover il Fig Tree Crossing, l’antico albero di sicomoro che simboleggia la storia della savana e della riserva di Sabi Sabi, dove si svolgerà la nostra cerimonia nuziale. Tutto è andato a meraviglia fino ad ora, quando siamo partiti il 14 luglio dall’aeroporto di Napoli, mentre guardavo quella coppia così “cool”, sicuramente diretta verso una destinazione tipo Formentera, ho avuto un momento di panico: ma noi con le giacche imbottite e gli stivali, tornando verso l’inverno, stavamo facendo la cosa giusta?Invece all’arrivo a Cape Town la città ci conquistò subito, con quell’aria un po’ scanzonata, regalandoci la sensazione di una metropoli moderna, con quell’allegria che solo le città di mare hanno e con la consistenza della Table Mountain che sembra sia lì per proteggere proprio te: non a caso la chiamano la Grande Madre. È proprio quella la sensazione che ti accoglie.
Ci siamo divertiti, siamo andati ovunque potessimo andare, e poi lì sul Faro del promontorio del Cape Point, ci siamo guardati e promessi di amarci per sempre, ed è stato lì che Ciro mi ha regalato il medaglione che ha fatto confezionare con un’antica moneta messicana. Poi ancora quante emozioni: la città e tutto il promontorio del Capo visti dall’alto, a bordo del minuscolo ed eccitante elicottero, la gita a Robben Island dove fu imprigionato Nelson Mandela per quasi trent’anni, i ristoranti sul mare pieni di allegria, i diamanti nelle vetrine, la gita a Hobart dove si avvistano le balene e, nelle Winelands, il pranzo nel ristorante africano dove abbiamo mangiato sull’albero. Tutte le giornate sono trascorse all’insegna dell’allegria e della spensieratezza, senza programmare, davvero come piace a me!! Poi, quando Ciro ha tenuto la sua conferenza alla Cape Astrology Association… Ma lo sapevate che, a differenza del resto del mondo, il 90% di astrologi e studiosi appassionati di astrologia sudafricani sono donne?? Comunque non vi posso descrivere come se lo sono mangiato con gli occhi molte delle circa venticinque signore presenti, non tutte giovanissime. Ciro, vecchio volpone con una grande pratica di conferenze, ci ha saputo fare, giocando un po’ la parte del tenerone che voleva essere corretto gli errori del suo inglese imperfetto, per poi affabularle con una lezione di astrologia magistrale, che forse poche volte nella loro vita avevano ricevuto in dono. Certo che con l’inglese nemmeno io me la cavo tanto bene: finché si tratta di ordinare al ristorante , pagare un conto in albergo o prenotare dei biglietti al telefono, va tutto bene, ma quando sono stata dal parrucchiere e ho tentato di spiegare come avrei desiderato pettinarmi il giorno del matrimonio, ho dovuto tentare di descrivere il vestito da sposa e allora sì che ho giurato a me stessa che da settembre avrei fatto un corso intensivo di lingua inglese. Poi da Cape Town abbiamo preso il volo per Johannesburg e dall’aeroporto principale ci siamo trasferiti nell’hangar della Federal Air, la compagnia che gestisce i voli verso i lodge che si trovano nelle riserve private e verso le destinazioni più esclusive del Sudafrica e del Mozambico. Anche lì tutto è curato nei minimi dettagli, c’è un lodge dove si è già immersi nello chic coloniale puro: nessun colore di troppo, tutti i servizi a disposizione, e lì abbiamo potuto lasciare anche parte del nostro bagaglio per portare con noi solo lo stretto indispensabile per i successivi tre giorni nel Selati Camp. Naturalmente come avevo fatto anche per tutti gli spostamenti precedenti, non ho mollato un attimo la borsa che conteneva gli abiti e gli accessori che avremmo indossato il giorno dopo per le nozze, la camicia da notte, lo scatolo con i confetti, un centro tavola un po’ kitsch con due sposini ma che mi sembrava un simbolo divertente e il mini-cake di pasta di confetto che avremmo avuto come torta nuziale, oltre a dei regali sorpresa che avevo comprato a Ciro a Cape Town (non volevo correre alcun rischio di perdere le cose che avevo scelto con tanta cura!!).
È stato divertente quando dalla porticina a vetri sovrastata da un antica targa in ottone con la scritta “GATE” siamo usciti sul piazzale e, in otto passeggeri, abbiamo raggiunto un piccolo aereo fermo davanti a noi. Poi, la giovane donna che io credevo fosse una hostess, si è tolta la giacca e si sono visti i gradi di capitano sulla camicia, si è seduta al posto di guida e con una sicurezza e l’atteggiamento di chi ha il controllo assoluto della situazione affidatale, ho compreso che stavamo partendo davvero per il confine del mitico Kruger Park. Dopo un‘ora di volo, durante la quale ho visto nella visione retrospettiva dell’oblò svanire il contorno della città e avvicendarsi il paesaggio della savana, il nostro capitano “cazzuto”, ci ha fatto atterrare, in maniera perfetta, sulla pista privata di Sabi Sabi. Veramente, prima di questo, avevamo fatto uno scalo ad un’altra riserva, dove gli altri sei passeggeri erano scesi, quindi a Sabi Sabi siamo arrivati solo io e Ciro e, ad attenderci, c’era Trevor,, un simpatico e biondo sudafricano che sarebbe diventato il nostro ranger. Dopo un veloce cocktail di benvenuto a bordo pista, siamo saliti sulla Jeep, la Range Rover a dodici posti, “incontrastata regina del deserto”, che sarebbe stata la nostra casa mobile nei prossimi tre giorni. Nel percorso di circa 20 minuti per raggiungere il nostro lodge, abbiamo iniziato a prendere confidenza con il paesaggio, in un susseguirsi di gradazioni di colori, dal verde naturale al giallo acceso, passando per tutte le sfumature del beige e di quelli che non a caso si chiamano colori “safari”: che emozione, finalmente mi trovavo nel posto che avevo tanto desiderato di vedere; tutto era come nelle bellissime descrizioni della Blixen nel suo libro,ma esserci sul serio era davvero assai più emozionante che leggerlo! Mentre ancora ero assorta in quei pensieri, un leggero tocco alla porta mi ricondusse alla realtà. Il nostro ranger era venuto a prenderci per portarci a cena e scortarci al ristorante. Il Selati Camp non è recintato quindi avremmo potuto incontrare animali pericolosi sulla nostra strada. Durante il minisafari che avevamo fatto nel pomeriggio (ci eravamo trattenuti abbastanza vicino al campo) avemmo un primo incontro con alcuni degli animali che vivono nella savana: una iena, un ghepardo con i due cuccioli, un elefante, ma ancora nessun leone, con grande disappunto di Ciro. Avevo indossato dei pantaloni da cavallo e un semplice pullover. Avrei voluto vestirmi anche più carina, ma pensai che avrei riservato tutti gli effetti speciali all’indomani. Presi soltanto una piccola borsa dove misi due cappellini di lana che ci sarebbero potuti servire. Per il resto, pensai, non abbiamo bisogno di nulla. Non portai con me nemmeno un rossetto o quelle piccole cose per un ritocco veloce del trucco. Eravamo in pieno relax, anzi, spensi perfino il telefono e lo lasciai sul tavolino. Anche Ciro, di solito sempre prudente, era quanto mai rilassato e si alleggerì le tasche posando il BlackBerry e la piccola macchina fotografica Sony dalla quale non si separava mai, pensando che tanto, se ne avesse avuto bisogno, saremo stati vicinissimi per tornare a prendere ciò che occorreva. Un ultimo sguardo a quella meravigliosa suite, che altro non era se non una riuscita citazione della camera di Karen Blixen in “Out of Africa”, al camino che avremmo trovato acceso al nostro rientro, e pregustando l’amore che avremmo fatto per terra davanti al fuoco, sorrisi e dissi: “sono pronta”. Il Selati Camp è quello, tra i quattro lodge di Sabi Sabi, dove si respira un’ atmosfera davvero di altri tempi: ci troviamo vicinissimi a una vecchia linea ferroviaria che un tempo portava l’oro da Johannesburg al Mozambico e nel bar dove prendemmo l’aperitivo vi erano tutte le targhe originali dell’epoca dei vagoni dei treni. Io avevo scelto questo lodge anche perché è descritto come il più romantico e infatti gli ospiti sono 11 in tutto e non sono ammessi bambini. Conoscemmo gli altri ospiti. C’era una coppia che era qui per festeggiare il decimo anniversario di nozze, lei sudafricana con residenza in Belgio e il marito belga. Legai subito perché molto cordiali e carini. Il resto degli ospiti, invece, era formato da una famiglia di Johannesburg in cui erano presenti i nonni (giovani), i genitori e i due figli con la fidanzata del figlio. Anche loro, pensai, fossero persone “speciali”. La cena si svolse all’aperto e, come in una danza silenziosa, fummo serviti dal personale e da Louise, la direttrice del lodge, una quarantenne, bionda e con occhi blu dolcissimi! Eravamo seduti a una tavola unica disposta a semicerchio davanti al fuoco, non avvertivamo il freddo che non era poco, ma se lo avessimo sofferto, sulle sedie alle nostre spalle vi erano già pronte delle coperte. Tutto era buonissimo, davvero speciale, super, ma la cosa più incredibile è che se ti soffermavi un attimo e pensavi al fatto che ti trovavi davvero al centro di un territorio sconfinato, ti sentivi davvero come avrebbero potuto sentirsi Karen e Denys quando lui la portava a fare i safari, e allora mi sentivo anche io, un poco, la protagonista di un film. Alla fine della cena, soddisfatti e distesi, parlavamo con i nostri ospiti. Avremmo voluto alzarci, ma nessuno si muoveva a romper quell’incanto notturno. Quando ero sul punto di prendere la via di “casa” vidi Trevor che ci sbarrava il passo e ci spiegava che era necessario, per noi, restare in quell’area perché, intanto, si era sviluppato un incendio vicino alle suite ed era assai pericoloso spostarsi. Restammo sbalorditi, senza parole, non sapendo cosa fare: un incendio? Vicino le suite? Quali suite? Alzai lo sguardo e sopra di me il cielo era rosso mentre udivo urla raggiungerci da lontano. Cosa stava accadendo? “Non sarà mica la nostra”, chiesi con gli occhi incrociando quelli altrettanto increduli di Ciro? Chiedevo a Trevor e a Louise: “Quale suite sta bruciando?”. Ma non ottenevo risposte. Non ci credevo: afferrai le mani di Louise e stringendola e guardandola negli occhi le ripetei la domanda, implorandola. A questo punto, Louise che era già divenuta mia amica, alla mia domanda diretta e struggente, non seppe più mentire: con le lacrime agli occhi mi abbracciò forte e mi disse: “I am sorry, I am so sorry”. Allora compresi tutto. Anche Ciro mi disse che aveva capito quando i ranger erano venuti a chiedere le chiavi a tutti gli ospiti, forse per mettere le cose più importanti in salvo se non fossero riusciti a fermare il fuoco, e quando lui offrì le proprie, le rifiutarono. Io questa scena, per fortuna, non la ricordo più: ricordo che cercavano di parlare con me spiegandomi che ci stavano trasferendo in un altro lodge dove avremmo passato la notte. Erano arrivate delle persone che naturalmente non conoscevo e che poi si sono rivelati essere i direttori degli altri lodge che fanno parte della riserva di Sabi Sabi e qualche ranger, di cui uno masticava un poco di italiano.
Insomma, nel buio della savana, a bordo della Range Rover, coprimmo il tratto di strada che separa il Selati Camp dal Bush Lodge, dove quando giungemmo i vari responsabili del campo cercarono di fornirci il necessario per la notte. Aprirono il negozio di souvenir dove io presi delle magliette e delle felpe. Poi ci accompagnarono in camera, un’altra bellissima suite e si congedarono da noi ancora increduli e senza parole, rassicurandoci sul fatto che avrebbero fatto di tutto perché il giorno seguente non ci sarebbero stati problemi per il nostro matrimonio, ma facendoci anche capire che le nostre cose erano irrimediabilmente tutte perse!!! Non chiusi occhio per tutta la notte, pensando che forse il mattino dopo sarei potuta andare a recuperare qualcosa, magari la parte spogliatoio dove avevamo tutte le nostre cose non era andata completamente distrutta, o forse nel bagno qualcosa si era salvato, il mio vestito magari era solo un poco bruciacchiato ma potevo ancora indossarlo: non era possibile che stava accadendo tutto ciò davvero e a noi; avevano sbagliato, non era la nostra suite! Invece il mattino dopo, la conferma giunse in tutta la sua drammaticità: non si era salvato nulla, forse solo le cose in cassaforte. Ma cosa avevamo messo in cassaforte? Soltanto un sacchetto che conteneva le fedi, gli orecchini antichi che avrei dovuto indossare e per fortuna i due piccoli brillanti che avevamo comprato a Cape Town per altrettanti regali speciali che volevamo fare al nostro ritorno in Italia.
Ciro riferì la combinazione della cassaforte al direttore che nel frattempo era arrivato in aereo da Johannesburg e dopo un poco ci consegnarono il suddetto sacchetto. Quando lo vidi scoppiai a piangere: tutto qui quello che si poteva recuperare (in quel momento non si pensa alle assicurazioni, ai rimborsi, alla riparazione materiale dei danni)?? Sì, mi dissero, per il resto era tutto distrutto e che avrebbero provato a cercarci le chiavi, ma c’era uno strato alto e caldissimo di venere… Poi la mia attenzione si spostò alle prossime ore. Erano le dieci del mattino, avevamo, naturalmente, rinunciato al primo safari della giornata che si svolgeva al mattino prestissimo, tra poche ore ci saremmo sposati, avevo un gran mal di testa, nulla da indossare, non sapevamo come fare a rientrare in Italia, avremmo dovuto contattare subito il Consolato Italiano perché non avevamo più neanche i passaporti. Io, addirittura, non possedevo nemmeno soldi o carte di credito. Per fortuna Ciro queste cose le aveva in tasca. Tutti si agitavano intorno a noi e avrebbero voluto fare anche di più, ma in realtà non si poteva fare nulla. Qui occorre che io, scrivendo anche a nome di Ciro, elogi moltissimo le persone, l’Organizzazione, la Società , il direttore Jacques volato subito in aereo per soccorrerci: persone splendide, amiche, più che professionali, capaci perfino di farci dimenticare la disgrazia subita e di lasciarci un ricordo bellissimo di questo posto unico al mondo, terra del nostro matrimonio che seguì nel modo più romantico e tenero possibile, sempre sotto l’amorevole tutela di tutto il personale e di tutta l’organizzazione di Sabi Sabi, un luogo dove speriamo di tornare molte volte nella nostra vita futura.
Mi “spedirono” alla SPA per un massaggio così speravano che la sposa si rilassasse; in realtà un po’ ciò avvenne. Se ci ripenso adesso il momento più tenero fu quando la manager del Bush Lodge mi venne incontro con tra le mani uno scialle colorato, dicendomi: ”Ti ho preso questo al negozio, vieni a scegliere quello che vorresti indossare, puoi prendere tutto quello che vuoi”. Entrammo e di nuovo non riuscii a fermare le lacrime: nel guardarmi intorno vedevo solo t-shirts con teste di leoni e di tigri stampate in petto, ma una camicia bianca mi sembrò un miraggio… che dire, in quel momento mi apparve come l’ultimo modello di Chanel. Poi presi una sciarpa stampata sempre con immagini di animali e pensai che avrei potuto metterla al collo. Scelsi un bracciale di perline e una camicia beige, da ranger, per Ciro.
Nel frattempo giunse il ministro che avrebbe celebrato il matrimonio: desiderava conoscerci e parlarci. Prendemmo tutti gli accordi e Ciro gli spiegò l’importanza dell’ora precisa in cui avrebbe dovuto dichiararci marito e moglie: aveva studiato tutto nei dettagli affinché il nostro matrimonio iniziasse con il migliore cielo possibile. Poi il ministro ci fece leggere la promessa che ci saremmo scambiati: è molto suggestiva, più articolata e completa rispetto a quella che ho sempre sentito nel rito italiano. Quindi ci mostrò anche i doni simbolici che avevamo scelto di barattare, tra noi, simbolicamente, secondo il rito tradizionale Shangaan e ci spiegò che avevamo scelto di sposarci su di una roccia antica milioni di anni, all’ombra di un albero tanto grande ed imponente, e che così come quel posto rappresenta il luogo più sicuro della riserva, intorno al quale c’è la vita nella savana dove si lotta per la sopravvivenza, così la nostra coppia avrebbe dovuto rappresentare il rifugio sicuro, all’interno del quale ci saremmo impegnati a non portare i conflitti esterni. Poi ,dopo un pranzo veloce, avemmo qualche minuto ancora da dedicare ai preparativi. Anche qui non immaginate una trepida sposina alle prese con il trucco, perché mentre io cercavo con quel poco che avevo ricevuto in prestito di rimediare una faccia decente e soprattutto di limitare i danni che l’estetista (volenterosa ma decisamente negata) della SPA tentava di infliggere ai miei capelli ….
Ciro, alla presenza del Direttore che era diventato nelle ultime ore come la sua ombra, parlava al telefono con il referente delle emergenze dell’Ambasciata Italiana che gli spiegava la procedura per il nostro rientro dal momento che anche i passaporti erano andati distrutti. Qualche minuto prima di spostarci ci lasciarono soli: ci guardammo negli occhi ed allora davvero tutto quello che era successo non contava più nulla…
Uscimmo dalla stanza e camminammo leggeri… Stavamo andando a sposarci ed eravamo felici… Un ultimo momento di confusione nella hall… Tutto lo staff intorno. Erano più agitati ed emozionati di noi, ecco il bouquet per la sposa, bellissimo! Un fermaglio da mettere nei capelli con fiori freschi e un fiore per lo sposo. Ci avviammo verso la Jeep dove ci aspettava sorridente Trevor che mise subito in moto e partimmo. Sullo sfondo udivo le struggenti note della colonna sonora di “Out of Africa”. Appena usciti dal viale fummo subito in mezzo alla savana e ci accompagnava un brioso corteo di giraffe, impala, gnu e tanti tanti uccelli: anche loro, avvertendo tutta la solennità del momento, non volevano perdersi la festa.
Daniela Boscotrecase
Ne La Mia Africa , nel momento più romantico della storia, Karen Blixen guarda Denys e gli dice: ”Vorrei tanto che un giorno qualcuno mi chiedesse di sposarlo: prometti che lo farai, se ti prometto che ti risponderò di no?”.
Non ricordo se è stato leggendo il libro o guardando il film che questa frase mi si è scolpita nella mente, ma sta di fatto che da allora il momento del mio matrimonio non ho potuto immaginarlo se non con i colori dell’Africa, nel bush, in mezzo alla natura selvaggia.
Da allora sono trascorsi tanti anni e per un lungo periodo avevo dimenticato tutto ciò, ma da quando ho incontrato Ciro, il ricordo dell’ antico sogno è tornato con forza nella mia mente, con la consapevolezza che lui l’avrebbe realizzato.
In questo momento, guardando il mio vestito da sposa appeso nell’armadio di legno della Ivory Suite del Selati Camp nella riserva di Sabi Sabi, sorrido, compiaciuta, e penso: c’è l’ho fatta, domani indosserò questo splendido abito e con Ciro raggiungeremo con la Range Rover il Fig Tree Crossing, l’antico albero di sicomoro che simboleggia la storia della savana e della riserva di Sabi Sabi, dove si svolgerà la nostra cerimonia nuziale.
Tutto è andato a meraviglia fino ad ora, quando siamo partiti il 14 luglio dall’aeroporto di Napoli, mentre guardavo quella coppia così “cool”, sicuramente diretta verso una destinazione tipo Formentera, ho avuto un momento di panico: ma noi con le giacche imbottite e gli stivali, tornando verso l’inverno, stavamo facendo la cosa giusta?
Invece all’arrivo a Cape Town la città ci conquistò subito, con quell’aria un po’ scanzonata, regalandoci la sensazione di una metropoli moderna, con quell’allegria che solo le città di mare hanno e con la consistenza della Table Mountain che sembra sia lì per proteggere proprio te: non a caso la chiamano la Grande Madre. È proprio quella la sensazione che ti accoglie.
Ci siamo divertiti, siamo andati ovunque potessimo andare, e poi lì sul Faro del promontorio del Cape Point, ci siamo guardati e promessi di amarci per sempre, ed è stato lì che Ciro mi ha regalato il medaglione che ha fatto confezionare con un’antica moneta messicana.
Poi ancora quante emozioni: la città e tutto il promontorio del Capo visti dall’alto, a bordo del minuscolo ed eccitante elicottero, la gita a Robben Island dove fu imprigionato Nelson Mandela per quasi trent’anni, i ristoranti sul mare pieni di allegria, i diamanti nelle vetrine, la gita a Hobart dove si avvistano le balene e, nelle Winelands, il pranzo nel ristorante africano dove abbiamo mangiato sull’albero. Tutte le giornate sono trascorse all’insegna dell’allegria e della spensieratezza, senza programmare, davvero come piace a me!!
Poi, quando Ciro ha tenuto la sua conferenza alla Cape Astrology Association… Ma lo sapevate che, a differenza del resto del mondo, il 90% di astrologi e studiosi appassionati di astrologia sudafricani sono donne?? Comunque non vi posso descrivere come se lo sono mangiato con gli occhi molte delle circa venticinque signore presenti, non tutte giovanissime. Ciro, vecchio volpone con una grande pratica di conferenze, ci ha saputo fare, giocando un po’ la parte del tenerone che voleva essere corretto gli errori del suo inglese imperfetto, per poi affabularle con una lezione di astrologia magistrale, che forse poche volte nella loro vita avevano ricevuto in dono.
Certo che con l’inglese nemmeno io me la cavo tanto bene: finché si tratta di ordinare al ristorante , pagare un conto in albergo o prenotare dei biglietti al telefono, va tutto bene, ma quando sono stata dal parrucchiere e ho tentato di spiegare come avrei desiderato pettinarmi il giorno del matrimonio, ho dovuto tentare di descrivere il vestito da sposa e allora sì che ho giurato a me stessa che da settembre avrei fatto un corso intensivo di lingua inglese.
Poi da Cape Town abbiamo preso il volo per Johannesburg e dall’aeroporto principale ci siamo trasferiti nell’hangar della Federal Air, la compagnia che gestisce i voli verso i lodge che si trovano nelle riserve private e verso le destinazioni più esclusive del Sudafrica e del Mozambico.
Anche lì tutto è curato nei minimi dettagli, c’è un lodge dove si è già immersi nello chic coloniale puro: nessun colore di troppo, tutti i servizi a disposizione, e lì abbiamo potuto lasciare anche parte del nostro bagaglio per portare con noi solo lo stretto indispensabile per i successivi tre giorni nel Selati Camp.
Naturalmente come avevo fatto anche per tutti gli spostamenti precedenti, non ho mollato un attimo la borsa che conteneva gli abiti e gli accessori che avremmo indossato il giorno dopo per le nozze, la camicia da notte, lo scatolo con i confetti, un centro tavola un po’ kitsch con due sposini ma che mi sembrava un simbolo divertente e il mini-cake di pasta di confetto che avremmo avuto come torta nuziale, oltre a dei regali sorpresa che avevo comprato a Ciro a Cape Town (non volevo correre alcun rischio di perdere le cose che avevo scelto con tanta cura!!).
È stato divertente quando dalla porticina a vetri sovrastata da un antica targa in ottone con la scritta “GATE” siamo usciti sul piazzale e, in otto passeggeri, abbiamo raggiunto un piccolo aereo fermo davanti a noi. Poi, la giovane donna che io credevo fosse una hostess, si è tolta la giacca e si sono visti i gradi di capitano sulla camicia, si è seduta al posto di guida e con una sicurezza e l’atteggiamento di chi ha il controllo assoluto della situazione affidatale, ho compreso che stavamo partendo davvero per il confine del mitico Kruger Park. Dopo un‘ora di volo, durante la quale ho visto nella visione retrospettiva dell’oblò svanire il contorno della città e avvicendarsi il paesaggio della savana, il nostro capitano “cazzuto”, ci ha fatto atterrare, in maniera perfetta, sulla pista privata di Sabi Sabi.
Veramente, prima di questo, avevamo fatto uno scalo ad un’altra riserva, dove gli altri sei passeggeri erano scesi, quindi a Sabi Sabi siamo arrivati solo io e Ciro e, ad attenderci, c’era Trevor,, un simpatico e biondo sudafricano che sarebbe diventato il nostro ranger. Dopo un veloce cocktail di benvenuto a bordo pista, siamo saliti sulla Jeep, la Range Rover a dodici posti, “incontrastata regina del deserto”, che sarebbe stata la nostra casa mobile nei prossimi tre giorni.
Nel percorso di circa 20 minuti per raggiungere il nostro lodge, abbiamo iniziato a prendere confidenza con il paesaggio, in un susseguirsi di gradazioni di colori, dal verde naturale al giallo acceso, passando per tutte le sfumature del beige e di quelli che non a caso si chiamano colori “safari”: che emozione, finalmente mi trovavo nel posto che avevo tanto desiderato di vedere; tutto era come nelle bellissime descrizioni della Blixen nel suo libro,ma esserci sul serio era davvero assai più emozionante che leggerlo!
Mentre ancora ero assorta in quei pensieri, un leggero tocco alla porta mi ricondusse alla realtà. Il nostro ranger era venuto a prenderci per portarci a cena e scortarci al ristorante. Il Selati Camp non è recintato quindi avremmo potuto incontrare animali pericolosi sulla nostra strada. Durante il minisafari che avevamo fatto nel pomeriggio (ci eravamo trattenuti abbastanza vicino al campo) avemmo un primo incontro con alcuni degli animali che vivono nella savana: una iena, un ghepardo con i due cuccioli, un elefante, ma ancora nessun leone, con grande disappunto di Ciro.
Avevo indossato dei pantaloni da cavallo e un semplice pullover. Avrei voluto vestirmi anche più carina, ma pensai che avrei riservato tutti gli effetti speciali all’indomani. Presi soltanto una piccola borsa dove misi due cappellini di lana che ci sarebbero potuti servire. Per il resto, pensai, non abbiamo bisogno di nulla. Non portai con me nemmeno un rossetto o quelle piccole cose per un ritocco veloce del trucco. Eravamo in pieno relax, anzi, spensi perfino il telefono e lo lasciai sul tavolino. Anche Ciro, di solito sempre prudente, era quanto mai rilassato e si alleggerì le tasche posando il BlackBerry e la piccola macchina fotografica Sony dalla quale non si separava mai, pensando che tanto, se ne avesse avuto bisogno, saremo stati vicinissimi per tornare a prendere ciò che occorreva.
Un ultimo sguardo a quella meravigliosa suite, che altro non era se non una riuscita citazione della camera di Karen Blixen in “Out of Africa”, al camino che avremmo trovato acceso al nostro rientro, e pregustando l’amore che avremmo fatto per terra davanti al fuoco, sorrisi e dissi: “sono pronta”.
Il Selati Camp è quello, tra i quattro lodge di Sabi Sabi, dove si respira un’ atmosfera davvero di altri tempi: ci troviamo vicinissimi a una vecchia linea ferroviaria che un tempo portava l’oro da Johannesburg al Mozambico e nel bar dove prendemmo l’aperitivo vi erano tutte le targhe originali dell’epoca dei vagoni dei treni.
Io avevo scelto questo lodge anche perché è descritto come il più romantico e infatti gli ospiti sono 11 in tutto e non sono ammessi bambini.
Conoscemmo gli altri ospiti. C’era una coppia che era qui per festeggiare il decimo anniversario di nozze, lei sudafricana con residenza in Belgio e il marito belga. Legai subito perché molto cordiali e carini. Il resto degli ospiti, invece, era formato da una famiglia di Johannesburg in cui erano presenti i nonni (giovani), i genitori e i due figli con la fidanzata del figlio. Anche loro, pensai, fossero persone “speciali”.
La cena si svolse all’aperto e, come in una danza silenziosa, fummo serviti dal personale e da Louise, la direttrice del lodge, una quarantenne, bionda e con occhi blu dolcissimi! Eravamo seduti a una tavola unica disposta a semicerchio davanti al fuoco, non avvertivamo il freddo che non era poco, ma se lo avessimo sofferto, sulle sedie alle nostre spalle vi erano già pronte delle coperte. Tutto era buonissimo, davvero speciale, super, ma la cosa più incredibile è che se ti soffermavi un attimo e pensavi al fatto che ti trovavi davvero al centro di un territorio sconfinato, ti sentivi davvero come avrebbero potuto sentirsi Karen e Denys quando lui la portava a fare i safari, e allora mi sentivo anche io, un poco, la protagonista di un film.
Alla fine della cena, soddisfatti e distesi, parlavamo con i nostri ospiti. Avremmo voluto alzarci, ma nessuno si muoveva a romper quell’incanto notturno. Quando ero sul punto di prendere la via di “casa” vidi Trevor che ci sbarrava il passo e ci spiegava che era necessario, per noi, restare in quell’area perché, intanto, si era sviluppato un incendio vicino alle suite ed era assai pericoloso spostarsi.
Restammo sbalorditi, senza parole, non sapendo cosa fare: un incendio? Vicino le suite? Quali suite? Alzai lo sguardo e sopra di me il cielo era rosso mentre udivo urla raggiungerci da lontano. Cosa stava accadendo? “Non sarà mica la nostra”, chiesi con gli occhi incrociando quelli altrettanto increduli di Ciro? Chiedevo a Trevor e a Louise: “Quale suite sta bruciando?”. Ma non ottenevo risposte. Non ci credevo: afferrai le mani di Louise e stringendola e guardandola negli occhi le ripetei la domanda, implorandola. A questo punto, Louise che era già divenuta mia amica, alla mia domanda diretta e struggente, non seppe più mentire: con le lacrime agli occhi mi abbracciò forte e mi disse: “I am sorry, I am so sorry”. Allora compresi tutto. Anche Ciro mi disse che aveva capito quando i ranger erano venuti a chiedere le chiavi a tutti gli ospiti, forse per mettere le cose più importanti in salvo se non fossero riusciti a fermare il fuoco, e quando lui offrì le proprie, le rifiutarono. Io questa scena, per fortuna, non la ricordo più: ricordo che cercavano di parlare con me spiegandomi che ci stavano trasferendo in un altro lodge dove avremmo passato la notte. Erano arrivate delle persone che naturalmente non conoscevo e che poi si sono rivelati essere i direttori degli altri lodge che fanno parte della riserva di Sabi Sabi e qualche ranger, di cui uno masticava un poco di italiano.
Insomma, nel buio della savana, a bordo della Range Rover, coprimmo il tratto di strada che separa il Selati Camp dal Bush Lodge, dove quando giungemmo i vari responsabili del campo cercarono di fornirci il necessario per la notte. Aprirono il negozio di souvenir dove io presi delle magliette e delle felpe. Poi ci accompagnarono in camera, un’altra bellissima suite e si congedarono da noi ancora increduli e senza parole, rassicurandoci sul fatto che avrebbero fatto di tutto perché il giorno seguente non ci sarebbero stati problemi per il nostro matrimonio, ma facendoci anche capire che le nostre cose erano irrimediabilmente tutte perse!!!
Non chiusi occhio per tutta la notte, pensando che forse il mattino dopo sarei potuta andare a recuperare qualcosa, magari la parte spogliatoio dove avevamo tutte le nostre cose non era andata completamente distrutta, o forse nel bagno qualcosa si era salvato, il mio vestito magari era solo un poco bruciacchiato ma potevo ancora indossarlo: non era possibile che stava accadendo tutto ciò davvero e a noi; avevano sbagliato, non era la nostra suite!
Invece il mattino dopo, la conferma giunse in tutta la sua drammaticità: non si era salvato nulla, forse solo le cose in cassaforte.
Ma cosa avevamo messo in cassaforte? Soltanto un sacchetto che conteneva le fedi, gli orecchini antichi che avrei dovuto indossare e per fortuna i due piccoli brillanti che avevamo comprato a Cape Town per altrettanti regali speciali che volevamo fare al nostro ritorno in Italia.
Ciro riferì la combinazione della cassaforte al direttore che nel frattempo era arrivato in aereo da Johannesburg e dopo un poco ci consegnarono il suddetto sacchetto. Quando lo vidi scoppiai a piangere: tutto qui quello che si poteva recuperare (in quel momento non si pensa alle assicurazioni, ai rimborsi, alla riparazione materiale dei danni)??
Sì, mi dissero, per il resto era tutto distrutto e che avrebbero provato a cercarci le chiavi, ma c’era uno strato alto e caldissimo di venere…
Poi la mia attenzione si spostò alle prossime ore. Erano le dieci del mattino, avevamo, naturalmente, rinunciato al primo safari della giornata che si svolgeva al mattino prestissimo, tra poche ore ci saremmo sposati, avevo un gran mal di testa, nulla da indossare, non sapevamo come fare a rientrare in Italia, avremmo dovuto contattare subito il Consolato Italiano perché non avevamo più neanche i passaporti. Io, addirittura, non possedevo nemmeno soldi o carte di credito. Per fortuna Ciro queste cose le aveva in tasca.
Tutti si agitavano intorno a noi e avrebbero voluto fare anche di più, ma in realtà non si poteva fare nulla.
Qui occorre che io, scrivendo anche a nome di Ciro, elogi moltissimo le persone, l’Organizzazione, la Società , il direttore Jacques volato subito in aereo per soccorrerci: persone splendide, amiche, più che professionali, capaci perfino di farci dimenticare la disgrazia subita e di lasciarci un ricordo bellissimo di questo posto unico al mondo, terra del nostro matrimonio che seguì nel modo più romantico e tenero possibile, sempre sotto l’amorevole tutela di tutto il personale e di tutta l’organizzazione di Sabi Sabi, un luogo dove speriamo di tornare molte volte nella nostra vita futura.
Mi “spedirono” alla SPA per un massaggio così speravano che la sposa si rilassasse; in realtà un po’ ciò avvenne.
Se ci ripenso adesso il momento più tenero fu quando la manager del Bush Lodge mi venne incontro con tra le mani uno scialle colorato, dicendomi: ”Ti ho preso questo al negozio, vieni a scegliere quello che vorresti indossare, puoi prendere tutto quello che vuoi”.
Entrammo e di nuovo non riuscii a fermare le lacrime: nel guardarmi intorno vedevo solo t-shirts con teste di leoni e di tigri stampate in petto, ma una camicia bianca mi sembrò un miraggio… che dire, in quel momento mi apparve come l’ultimo modello di Chanel. Poi presi una sciarpa stampata sempre con immagini di animali e pensai che avrei potuto metterla al collo. Scelsi un bracciale di perline e una camicia beige, da ranger, per Ciro.
Nel frattempo giunse il ministro che avrebbe celebrato il matrimonio: desiderava conoscerci e parlarci. Prendemmo tutti gli accordi e Ciro gli spiegò l’importanza dell’ora precisa in cui avrebbe dovuto dichiararci marito e moglie: aveva studiato tutto nei dettagli affinché il nostro matrimonio iniziasse con il migliore cielo possibile.
Poi il ministro ci fece leggere la promessa che ci saremmo scambiati: è molto suggestiva, più articolata e completa rispetto a quella che ho sempre sentito nel rito italiano. Quindi ci mostrò anche i doni simbolici che avevamo scelto di barattare, tra noi, simbolicamente, secondo il rito tradizionale Shangaan e ci spiegò che avevamo scelto di sposarci su di una roccia antica milioni di anni, all’ombra di un albero tanto grande ed imponente, e che così come quel posto rappresenta il luogo più sicuro della riserva, intorno al quale c’è la vita nella savana dove si lotta per la sopravvivenza, così la nostra coppia avrebbe dovuto rappresentare il rifugio sicuro, all’interno del quale ci saremmo impegnati a non portare i conflitti esterni.
Poi ,dopo un pranzo veloce, avemmo qualche minuto ancora da dedicare ai preparativi. Anche qui non immaginate una trepida sposina alle prese con il trucco, perché mentre io cercavo con quel poco che avevo ricevuto in prestito di rimediare una faccia decente e soprattutto di limitare i danni che l’estetista (volenterosa ma decisamente negata) della SPA tentava di infliggere ai miei capelli ….
Ciro, alla presenza del Direttore che era diventato nelle ultime ore come la sua ombra, parlava al telefono con il referente delle emergenze dell’Ambasciata Italiana che gli spiegava la procedura per il nostro rientro dal momento che anche i passaporti erano andati distrutti.
Qualche minuto prima di spostarci ci lasciarono soli: ci guardammo negli occhi ed allora davvero tutto quello che era successo non contava più nulla…
Uscimmo dalla stanza e camminammo leggeri… Stavamo andando a sposarci ed eravamo felici… Un ultimo momento di confusione nella hall… Tutto lo staff intorno. Erano più agitati ed emozionati di noi, ecco il bouquet per la sposa, bellissimo! Un fermaglio da mettere nei capelli con fiori freschi e un fiore per lo sposo. Ci avviammo verso la Jeep dove ci aspettava sorridente Trevor che mise subito in moto e partimmo.
Sullo sfondo udivo le struggenti note della colonna sonora di “Out of Africa”.
Appena usciti dal viale fummo subito in mezzo alla savana e ci accompagnava un brioso corteo di giraffe, impala, gnu e tanti tanti uccelli: anche loro, avvertendo tutta la solennità del momento, non volevano perdersi la festa.
Daniela Boscotrecase
N.B. Il racconto è scritto in Times New Roman, maiuscolo-minuscolo, e così lo mostra l'anteprima di Google, ma quando si pubblica, un "folletto dispettoso" cambia la formattazione. Fa, niente, l'importante è registrare le emozioni di Daniela, narrate in maniera semplice e credo toccante.
c.d.
Buona serata a Tutti.
Ciro Discepolo
Cari Daniela e Ciro,
RispondiEliminaun racconto bellissimo che ci ha emozionato !
Anche se l'incidente ha rischiato di rovinare tutto, il vostro amore ha avuto la forza di superare ogni avversità.
Ancora Felicitazioni
Luigi e Paola
..Veramente una storia molto emozionante.
RispondiEliminaMolti cari Auguri,
Alberto B.
Ottimo Ciro...
RispondiEliminaMolto bello il racconto. Ci vogliono tanta anima e un grande cuore per scrivere cose così.
Per Luigi Galli -
Grazie dell'incoraggiamento ma lo spirito per combattere gli astri e "vendere cara la pelle", come dice Ciro, o ce l'hai o non ce l'hai, e se non ce l'hai non lo puoi fabbricare.
Ciascuno ha il suo proprio modo di essere, che dipende in gran parte dal proprio oroscopo. Fatalista, pessimista e rassegnato lo sono da sempre, né poteva essere diversamente, credo. Non serve a niente dire che devi cambiare, come astrologo dovresti sapere che è impossibile e il massimo che si può fare è evolversi. E' facile essere ottimista e propositivo se sei nato con Giove incollato all'MC, è difficile se hai dominante un cattivo Nettuno da una parte e un cattivo Plutone dall'altra, con Saturno e Marte mal messi e la Luna in Scorpione in XII.
Prova a costruire il mio tema e potrai verificare: Milano, 31 gennaio 1970, ora 3.05 già rettificata, tutte le RS lo ho passate nel luogo di nascita. Ciao.
“Da allora sono trascorsi tanti anni e per un lungo periodo avevo dimenticato tutto ciò, ma da quando ho incontrato Ciro, il ricordo dell’antico sogno è tornato con forza nella mia mente, con la consapevolezza che lui l’avrebbe realizzato.”
RispondiEliminaCara Daniela, dovresti seriamente pensare di scrivere uno romanzo, il tuo racconto mi ha emozionato, mi portato lì in quei luoghi meravigliosi, fuori dal tempo, ne ho percepito i colori, i profumi, ho dato un contorno alle tue sensazioni, alle tue emozioni . Quando hai descritto gli attimi prima di uscire dalla vostra suite per andare a cena, ho pensato, sì, quando hai tutto quello che hai sempre desiderato dalla vita, quando non ti manca nulla, tutto il resto ha poca importanza e si può lasciare dove sta, anche se dovesse andare perduto, nulla cambierebbe.
Io credo che sin da giovani dentro noi sappiamo, anche se non ne siamo consapevoli, quello che ci farebbe luccicare gli occhi e piangere di felicità, quello che ci farebbe vibrare il cuore e farci volare e sono convinta che quando lo incontriamo non possiamo che non riconoscerlo. Sono certa che anche l’esperienza così forte e fatale dell’incendio abbia suggellato in maniera indelebile la vostra unione, mai come in quei momenti ti rendi conto che l’unica cosa per cui vale la pena venire in questo mondo è amare e essere amati.
Ti ringrazio di aver condiviso con noi sentimenti e emozioni così profondi e toccanti.
Vi abbraccio
Katia
caro Luigi Galli ho avuto la certezza dopo la tua spiegazione sulla prima classe e la seconda ma ke tutte e due arrivano a Roma, di non aver capito niente delle RSM, pensavo che sì le RSM aiutassero a vivere meglio ma anche che potessimo spostare la data della nostra morte e invece mi sembra di aver capito che questo non è possibile..servono solo ed è importante a migliorare l'anno. insomma il giorno della nostra morte è già scritto e niente può cambiarlo però ! o sbaglio ?
RispondiEliminaCara Daniela il tuo racconto è bello.struggente e a leggere sembra di vedere un film,che trasmette tutte le tue emozioni,io penso che da donna a donna,chiunque vorrebbe vivere quel sentimento che solo l'amore vero e pulito,supera pure quei momenti di tristezza nel non potere indossare il tuo bellissimo abito.Ma potrebbe essere che il luogo selvaggio e incontaminato voleva che si celebrasse il matrimonio nella forma piu semplice di quel contesto naturale.Tu puoi ben dire che hai toccato i tuoi desideri e camminato nel tuo sogno.Io vi auguro tutto il bene del mondo, che il vostro amore ogni anno si rinnovi nella tua africa.Una vostra fan che tifa per l'AMORE
RispondiEliminaCaro Ciro,mi unisco ad altri che desiderano una lezione su Saturno in 5°nello specifico e se c'e'tempo anche nelle altre case per non far torti a nessuno.Poi ti vorrei domandare come vivi psicologicamente la tua posizione di Marte e Saturno in 4°,nel senso se ti basta esorcizzare per star tranquillo.Io dopo tutte le tue raccomandazioni non avrei mai avuto il coraggio di piazzarmeli in 4°,avrei vissuto un anno di ansia pazzesca!Tu sei stato veramente coraggioso!Un caro saluto.Antonellina
RispondiEliminaSalve,
RispondiEliminami chiamo Luca e scrivo per la prima volta su questo blog. Da circa un anno sto studiando astrologia un pò dai testi del maestro Discepolo e un pò dai testi di Barbault. Sono molto affascinato dalla scuola di Astrologia Attiva e vorrei "sperimentare" su di me le RSM. Vi premetto che ancora non me la cavo bene con il calcolo delle RS e pertanto chiedo al Maestro il suo aiuto per la mia prossima Rivoluzione Solare. I miei dati sono i seguenti: Torino, 02.11.1985 ore 12.25 (probab.). La mia ultima RS è stata a Catania e sinceramente non va proprio bene soprattutto nell'ambito lavorativo ed economico. Grazie mille.
Cordialità,
Luca
sono commosso e senza parole per il bel racconto. un abbraccio di cuore e ancora tanta fortuna e felicità per tutti e due.
RispondiEliminaCara Daniela,
RispondiEliminagrazie per aver condiviso con noi le emozioni più intime provate in un momento così importante per te. Hai grande fiducia nella nostra capacità di comprenderti nel raccontarci il tuo sogno realizzato.
Grazie per averci rivelato la tua natura dolce e femminile, di cuore aperto e disponibile. Ti meriti tutta la felicità che desideri. Tanti auguri di cuore per il vostro progetto d’amore.
Danila
Daniela cara,
RispondiEliminaleggere questa mattina il tuo racconto... mi ha commossa ed emozionata. Lo dico da scrittrice, ma soprattutto da "amica", data la simpatia e l'empatia che ho da subito sentito nei tuoi confronti quando ti ho incontrata l'anno scorso. la fusione emotiva tra te e Ciro è un dono. Della vita, dell'AA, è un raggio bellissimo di speranza per chi, a scapito di ogni età, di ogni generazione, di ogni momento storico... rende all'amore e a quella "magia" inspiegabile che ci sforziamo con agio di interpretare... il suo aspetto misterioso. Tutto è possibile, no?
un abbraccio a tutti e due, in attesa di incontrarci a Milano.
Paola
PER ANONIMO CHE PIU' ANONIMO NON SI PUO'.
RispondiEliminaMa tu pensavi che praticando le RSM di diventare immortale?
Care Amiche e cari Amici, grazie per la bella accoglienza al mio semplice racconto. Sono davvero felice di essere riuscita a condividere con voi dei sentimenti tanto intimi. Di astrologia so poco, ma leggo spesso il blog perché ho provato, da subito, una grande empatia con tantissimi di voi.
RispondiEliminaGrazie di cuore.
Daniela.
PER LORENZOWIZARD
RispondiEliminaNon ho controllato il tuo oroscopo natale perchè quanto hai scritto mi basta.
Va bene, trascorri pure i compleanni a casa. Molti Auguri
Care Amiche e cari Amici, grazie per la bella accoglienza che avete riservato al racconto di Daniela: esso rispecchia in pieno il suo animo buono, gentile, pulito.
RispondiEliminaIo sono ancora all'estero e non posso intervenire negl'importanti dibattiti che si sono aperti qui sul blog, ma per alcuni basta una battuta per concluderli, come ha appena fatto Luigi.
Per Antonellina, credo: non sarei mai stato così pazzo da piazzarmi Marte e Saturno in quarta: solo Saturno sì.
A presto.
Buon lavoro.
Ciro
Quando una persona ha il dono della narrazione non può far altro che metterlo in pratica, tu Daniela, dopo aver letto il tuo racconto attentamente, hai tutte le qualità per essere una ottima scrittrice, e poi sei stata dolcissima :-))
RispondiEliminaA.P.
Cara Daniela, mi hai emozionato con questo bellissimo racconto! grazie!
RispondiEliminaUn abbraccio di cuore per te e Ciro.
dalla Spagna,
Tomaso
sono felice per voi un abbraccio affettuoso giovanna longobardi
RispondiEliminaIl racconto di Daniela è denso di emozione, mi è sembrato di proprio di vedere un film.
RispondiEliminaCara Daniela, speriamo di sentire ogni tanto la tua voce sul blog!
ciao
Francesca
CARO lUIGI Galli non pensavo che praticando le RSM si diventasse immortali ma che era possibile ritardere l'evento della morte e per questo ho chiesto delucidazioni a te proprio perchè non ho capito niente ! mi puoi spiegare per favore ? e' con vera simpatia che mi rivolgo a te e con un umiltà estrema, ( scusami se mi sono permesso di darti del tu )buona giornata
RispondiEliminaAnche se non intervengo sul blog, cerco di seguirlo e ho notato questa particolarissima domanda di Anonimo sulla possibilità di "spostare la data della morte".
RispondiEliminaOra, a mio avviso questa domanda non ha alcun senso logico, perché la data della morte non è nota ad alcun essere umano, sia esso medico, astrologo, veggente o altro.
E allora non si può "spostare" una data che non è nota. O sbaglio?
Donna di animo nobile....
RispondiEliminasensibile e romantica...
Auguri Ciao a Te e a Daniela!!!
lunga e serena vita
angelino59
per Luciano D.
RispondiEliminastabilire la data della morte è difficile ma non impossibile. dovresti leggere a tal proposito il nuovo trattato di astrologia del maestro Discepolo
Ciao a tutti, non capisco se è un problema del mio pc o se pure gli altri hanno difficoltà con i post perchè anche ieri non è apparso quello che avevo scritto cioè dicevo che Daniela ha scritto sicuramente un bellissimo racconto ma, essendo io un pò lento nel leggere le cose, lo farò quanto prima poichè è anche abbastanza lungo.
RispondiEliminaPer Luca di Torino: per la prossima RS, puoi considerare Anvik in Alaska con Ascendente in ottava casa, stellium in terza oppure ancora Vladivostok in Russia con un bel Giove in decima casa in zona Gauquelin, stellium in quinta e Ascendente in settima casa.
Niko
Per Lorenzowizard.
RispondiEliminaQuando parli di Giove incollato al MC mi sento chiamata in causa, in quanto portatrice di tale aspetto dalla nascita. Sicuramente hai ragione a dire che è più facile la vita quando si è ottimisti… C’è in noi una fede potente nell’esistenza e una fiducia incrollabile che siamo qui al mondo per migliorare, come ammetti d’altra parte anche tu.. Crediamo che non ci mancherà mai una coperta calda sulle spalle in ogni momento di freddo. Avrai letto pure tu da qualche parte che Dio ci aiuta attraverso le persone che incontriamo, gli avvenimenti che si presentano… Chi meglio di te, che si dichiara fatalista può saperlo? Hai un Giove in segno magnetico in XI, segno di aiuti anche non richiesti. Batti e ribatti, credimi, la fortuna ti sedurrà prima o poi, rassegnati. Non sei incarnato in questa esistenza per dare il cattivo esempio dichiarando ancora a lungo che la vita è un fallimento. Non è nell’ordine delle cose. Anzi, credo proprio che tu, depositario di un saturno in V, alla fine della tua esistenza ti godrai quello che meritiamo tutti e te ne farai portavoce visto che ti comporti da Gemelli e ti piace tanto comunicare. Sono recidiva, scusa.. Il mio Giove in zona Gauquelin ti vede con gli occhi della gioia: una bellissima persona di grandi qualità che ancora non sa di essere tale.
Danila
Cara Daniela,complimenti per il tuo racconto, scritto in modo semplice,scorrevole e, perchè no,poetico in cui l'energia del Cuore è trasparente.
RispondiEliminaCi siamo visti per la prima volta a Sant'Agata dei due golfi,durante l'incontro con Ciro; abbiamo scambiato qualche parola al telefono,solo per un'informazione.
La mia impressione su di te è stata positiva: dolce, socievole, gentilissima,disponibile...e ,per analogia,per il solo fatto che stai con Ciro,Sarai una donna super. Non avrei immaginato,
però,le tue doti di scrittrice. Congratulazioni.
Ancora tantissimi Auguri a Te e Ciro. Spero di vedervi a Milano.
Pippo Panascì
Per Giuseppe Galeota Al Rami: Letto. Resta da vedere se l'ha letto anche Anonimo, e se lui conosce la data di morte sua o di chiunque altro. Alla fine dei conti è lui che vorrebbe "spostare" quella data, no? Io, se per pura ipotesi e per assurdo, la conoscessi, non la vorrei spostare ma cercherei piuttosto di arrivare preparato al momento.
RispondiEliminaCiao Ciro,scusa,con i miei calcoli mi risultava sulla cuspide 3°/4°.Cosi'e'diverso in effetti.Ciao e buon proseguimento,ci vediamo a Milano.Antonellina
RispondiEliminaGentile Anonimo che più anonimo non si può (ma perchè non ti firmi almeno con uno pseudonimo?),
RispondiEliminasi può morire anche con un'ottima RSM.
Ti potresti chiedere: ma come si manifesta allora la positività della rilocazione?
Si può manifestare, ad esempio, col fatto che si può morire nella propria dimora, circondato dall'affetto dei propri cari e senza sofferenza, con serenità insomma.
E' possibile, invece, lasciare questo mondo soffrendo indicibili dolori e nella più completa solitudine perchè abbandonato da tutti , con la disperazione nell'anima.
Ti pare poco questo?
Il fatto poi della possibilità di ritardare il più possibile la morte (ammesso di sapere quando si deve morire, come dice Luciano), questo dipende da moltissimi fattori: dal tipo di vita che si è condotto nell'esistenza, dall'attenzione sulla genuinità (relativa), del cibo ingerito e poi, cosa più importante, dall'ereditarietà genetica. Una buona RSM rappresenta, in questo settore, un valore aggiunto, che però non può capovolgere una situazione se minata alla base, ma solo alleviarne le conseguenze.
Forse la risposta non ti soddisferà, ma qui le possibilità umane sono limitate.
Ti saluto con simpatia
Ciao Lorenzo, sul fatto che non si possa cambiare quello che è il nostro imprinting astrale concordo pienamente con te, ma si può tentare di esprimere al meglio il potenziale in esso racchiuso. Mi permetto di suggerirti che con una 12^ forte come la tua ed un nettuno dominante, la vittima non dovresti essere tu, al contrario le vittime dovresti cercarle fuori nel mondo, magari aiutandole proprio con l'astrologia a crescere e a migliorarsi. Non dico che risolveresti i problemi della tua vita, ma se provassi ad uscire dal ruolo di vittima sacrificale per entrare in quello di redentore, credo che ti gioverebbe molto.
RispondiEliminaAd Anonimo dico che il confine che separa la paura di vivere da quella di morire è sottilissimo. L'uomo che abbraccia la visione dell'AA non ha paura della morte perchè sa che anche se la perderà avrà vissuto una vita piena e ricca.
Un caro saluto a tutti
Per Lorenzowizard
RispondiEliminaDa Nettuniano mi sento coinvolto dal Tuo discorso (scherzo, casomai in qualità di uraniano, co-dominante, per i motivi che spiegherò)
Lorenzo, perdona il cattivo gusto della mia domanda in quanto prende spunto da una tua considerazione su un tema diverso meritevole invece, e sopratutto (imho) di uno scambio con altri punti di vista più positivi (nel pieno rispetto del Tuo pensiero che però in parte condivido e quindi mi chiamo fuori), operazione che, tra l'altro, è già stata avviata da Danila con Giove al MC (guarda un pò!).
La Tua considerazione però mi da sopratutto l'occasione (per questo le scuse), essendo interessato allo studio dell' Astrologia (e visto che in questo momento stò legendo molto sulla Dominante) di chiederTi perchè definisci cattivo il Tuo nettuno dominante all'ascendente: si trova nel suo domicilio e non riceve cattivi aspetti, cosa mi sfugge?
Marco
ciao sono pina gr4asso un saluto a ciro
RispondiEliminaciao da pina
RispondiEliminaGrazie Daniela, per aver condiviso questo bellissimo racconto, il bello? E'anche vero...
RispondiEliminaSono felice per voi, rinnovo i miei auguri a te e Ciro, a presto,
Pasquale.
scusami molto caro Luigi Galli sono MIRKO QUELL'ANONIMO CHE PIù ANONIMO NON SI PUò COSì NON LO SONO PIù DI TANTO... volevo ringraziarti per la gentile risposta che mi hai dato ma vorrei non disturbarti più dopo questa ulteriore domanda quindi scusami in anticipo ...io volevo semplicememte capire perchè quando una persona è stata operata di tumore gli si dice dove deve andare per far sì che il suo male non torni ? sono confuso, ma questo non significa forse che allontanando il tumore cioè il suo ritorno si allontana anche il giorno funesto ? ecco è questo che non capisco . se facciamo RSM per far sì che non torni il tumore non è come dire allontaniamo la morte ? grazie tante
RispondiElimina...Luigi Galli mi sono ricordato leggendola anche una frase che ha detto il caro Ciro Discepolo : bisogna combattere gli astri e vendere cara la nostra pelle ! ecco questo mi sembra che significa sfuggire e allontanare il più possibile la morte ! se così fosse io ne sarei contentissimo e partirei sicuro perchè penserei di riuscire in questo intento eccetto qualcuno ,penso che ne saremmo contenti tutti, partirei subito e tutti gli anni ma solo se questo serve a ciò che ho scritto sopra.... che altro significato può avere questa frase di Ciro ? ciao un saluto affettuoso da Mirko
RispondiEliminaA Daniela...
RispondiEliminadavvero molto romantico, semplice e toccante il tuo "diario di viaggio".
Mentre leggevo il tuo racconto, mi risuonava nelle orecchie la splendida musica della colonna sonora di John Barry.
Che bello!
Ancora Auguri a Te e a Ciro
Un saluto a tutti
Mariolina
Dear Ciro,
RispondiEliminaThank you, thank you, for your generous and kindly reply with a Minneapolis Solar Return. We have 2 tickets for a fast trip to visit dear friends there. So instead of crushing expense and difficult long travel, I will be lifting a glass of wine to you, and eating the best homeade Indian Bengali food in great company. My birthday is already splendid! I'll send the Mexico hot links to your email when I return. (Certain HTML restrictions apply on the Google blog.) Thanks again.
Catherine