Happy, Happy, Happy Birthday, Daniela.
You are the Sun and the Moon of my life!
Quella notte al villaggio
di Ciro
Discepolo
Era venuto lì con un'idea: farla finita. La vita, oramai, da
quando aveva abbandonato il lavoro e da quando non c'era più Tina era diventata
tristissima, insopportabile. Quest'anno poi era sopraggiunta anche la sua
malattia e tutte le luci si erano spente. Erano stati Anna ed Enrico che
avevano insistito perché lui andasse lì, in quel villaggio del Touring, in
terra cilentana, affacciato sul mare, tra Capo Palinuro e Marina di Camerota.
Lui aveva detto sì senza convinzione, pensando ormai che per quello che aveva
deciso di fare un posto valeva l'altro.
Era sceso contando i gradini che dagli alloggi portano alla
spiaggia, chiuso nei suoi pensieri: erano 98, a meno che non si considerassero anche due
piccole escrescenze rocciose che non erano gradini in senso stretto. Arrivò in riva al mare assorto nei
suoi pensieri e non fece caso alle sei file di ombrelloni e sedie
a sdraio, colore verde marino, ben allineate a 50 passi dal mare. L'automatismo
con cui procedeva non gli faceva neanche distinguere il variopinto campionario
di gente che si presentava ai suoi occhi: per lo più "visi pallidi"
appena sbarcati dal pullman di Milano; altri della vecchia settimana già
splendidamente dorati dal sole; qualche bambino freneticamente occupato a
scavare buche nella sabbia e alcune adolescenti che con un pizzico di
trasgressione mostravano il seno piccolo e puntuto agli sguardi indulgenti dei
vicini di ombrellone. Passò sulle tavole di legno che scendevano a picco verso il mare costeggiando a sinistra
le file di ombrelloni e si diresse verso un angolo appartato della spiaggia, in
fondo a destra, verso il roccione che delimita la lingua di sabbia e di mare
rispetto alla spiaggia dell'insenatura seguente. Stese l'asciugamano di spugna
bordeaux a strisce gialle oblique e si sedette col viso rivolto al sole che
declinava velocemente verso l'ovest che lì era pressappoco in direzione di
Palinuro. L'astro, colore arancio chiaro in quel momento, tramontava dopo una
giornata di caldo agostano solo a tratti spazzata da un leggero vento di
tramontana che aveva reso le ore precedenti più vivibili. Udiva l'urto
dell'onda sulla spiaggia; quel mare ora verde e ora azzurro, immenso ed
impetuoso, quel giorno, sembrava evocare le tempeste del suo animo. Gli
tornarono in mente le parole di Victor Hugo ne I miserabili: "V'è uno
spettacolo più grande del mare, ed è il cielo ; v'è uno spettacolo più grande del cielo,
ed è l'interno dell'anima". La sua, in quel momento, rappresentava un
coacervo eterogeneo di sentimenti negativi, un misto di rabbia, delusione,
disgusto che gli mostravano la vita come attraverso due lenti scure Polaroid,
polarizzate per respingere la luce. Volgendo lo sguardo al passato vedeva le
sue sessantasette primavere con qualche amarezza ma immerse in mille dolci
ricordi; poi gli ultimi mesi segnati dalla mano crudele del destino che si era
preso tutto e che lo lasciava adesso solo con la sua disperazione. Si stava
alzando la marea e l'acqua si avvicinava sempre più ai suoi piedi, bagnando
quella striscia ciottolosa di riva che fino a pochi minuti prima era rimasta
asciutta. Stava spostandosi quando udì una voce femminile, chiara e gentile,
che disse:
"Permette che riprenda il mio giornale ?".
"Prego, mi scusi, non vi avevo fatto caso".
Glielo restituì meccanicamente e alzò il viso proprio mentre
lei si spostava leggermente, stando con le spalle al sole, e scoprendo la sfera
ignea dell'astro che andò ad illuminare in pieno viso il vecchio. Questi ne fu
accecato e per qualche secondo non riuscì a vedere nient'altro che un profilo
scuro poi, abituando le pupille alla luce, riconobbe i tratti di una donna di
media statura, più o meno della sua stessa età, magra, con un costume azzurro
in lycra, tutt'un pezzo e scollato davanti e più profondamente di dietro. La
pelle assai abbronzata non formava rughe vistose e solo sulla fronte qualche
solco orizzontale denunciava l'età insieme al grigio dei capelli assai tirati
sulle tempie e raccolti indietro da un grosso fermaglio colore cammello scuro.
Provò un'istintiva simpatia per questa donna che vedeva per la prima volta e a
cui non badò più un istante dopo. Si mise quindi a seguire le manovre di un
surf dalla vela bianca e azzurra che tagliava l'acqua velocemente e
parallelamente alla riva, ad una trentina di metri da quest'ultima. I movimenti
sicuri e rapidi del pilota ricordavano le coreografie di una danza sudamericana
e il gioco di luce, nei riflessi della vela bagnata, completava quell'insieme
scenico assai bello da vedere. Seguì con gli occhi le evoluzioni di quel
giovane fino a che la tavola a vela non divenne poco più di un punto in
lontananza. Allora, fissando l'orizzonte gli tornarono i pensieri malinconici
di prima, quelli che lo accompagnavano sempre da qualche mese a quella parte. Si diceva che
stava nel posto sbagliato: in mezzo alla vita, a tanta gente che si divertiva e
voleva vivere e lui, invece, desiderava solamente morire. Raccolse le sue cose
che sistemò nella borsa di plastica grigia e, chiusa la cerniera lampo, si
passò le maniglie dietro la spalla destra, poggiando il dorso della mano sulla
clavicola. Salì le scale lentamente, fermandosi ogni pochi gradini, per
riprendere fiato e far passare chi saliva o scendeva più in fretta di lui.
Arrivò alle docce e si lasciò investire da un getto tiepido di acqua, quasi
fresco, che gli fece provare un gran refrigerio dopo l'arsura di quel giorno
trascorso in parte a guidare sull'asfalto infuocato. Più tardi, asciugato e
rivestito, si mise automaticamente in fila al ristorante per la cena e,
girandosi, si accorse che a fianco a lui c'era la donna della spiaggia che lo
salutò con un sorriso cordiale e sincero che, in tutta evidenza, non voleva
guadagnarsi nulla. Egli le rispose con un cenno timido del capo e un po'
rudemente com'era solito fare
quando qualcuno gli si rivolgeva inaspettatamente. La sua
scorza lo mostrava un po' come un orso a chi non lo conosceva profondamente, ma
dentro egli era assai sensibile ed influenzabile. Tanti buoni cibi erano
contenuti in recipienti riscaldati in fila davanti a lui che, passando col
vassoio, doveva indicare quelli di suo gradimento. Una volta teneva molto al
mangiare e avrebbe goduto assai di quella buona cena dopo una giornata di digiuno.
Scelse delle pennette alla calabrese di cui si avvertiva l'odore del
peperoncino mischiato al sugo di pomodoro e agli aromi e della noce di vitello
con fagiolini al burro. Pensò che per quel giorno poteva anche non badare al
colesterolo. Mentre, sollevato il vassoio con i piatti e con la brocca del
vino, cercava un posto nelle sale ristorante, la donna che gli stava a fianco
gli disse: "Ci sono due posti, lì al terzo tavolo". Vi si diresse
senza rispondere e prese posto di fronte a lei. "Mi chiamo Stefano",
le disse sedendosi. "Ed io Piera", le rispose la donna uniformandosi
alla moda dei villaggi dove i cognomi sono banditi e se non c'è il tu c'è
almeno la confidenza di chiamarsi e di conoscersi solamente per nome.
"Sono qui da venerdì scorso, ma a lei l'ho vista
solamente oggi".
"Infatti sono arrivato questo pomeriggio, ma non ci
star... mi fermerò solo pochi giorni".
"È il primo anno che vengo in un villaggio - continuò
la donna con un sorriso - sa, sono vedova da poco e i figli sono grandi
ormai".
"Già", disse lui e pensò a quella serenità che
contrastava con la sua condizione, così simile alla propria, sul piano
esistenziale. Mangiarono scambiandosi qualche parola, ma fu più lei a
parlargli. Gli raccontò un po' della sua vita, dei dolori passati, della sua
grande passione per la lettura, della sua fede... "Forse è per questo che
riesce a sorridere, nonostante tutto; - pensò il vecchio -
io non ho neanche
quella a sorreggermi, ho solamente un gran vuoto dentro". Ripercorse
mentalmente gli ultimi anni della sua vita, da quando era diventato
"vecchio", a quarant'anni: la carne che mangiava gli si incastrava
negli spazi interstiziali fra i denti e quando chiese al suo dentista quanto
sarebbe durato quel fastidio, quello gli rispose "Per sempre". Era
diventato vecchio. Ma, nonostante ciò, aveva vissuto lo stesso con tanta
grinta, fino a quell'anno, quando
il destino gli aveva tolto Tina, il lavoro, tutto. Quelli di
Milano parlavano di tetto da raggiungere, di piano quinquennale da rispettare,
di trend di vendite. Lui non se l'era più sentita, s'era fatto da parte, non ce
la faceva più a combattere per "distruggere la concorrenza": se lui
avesse riso ci sarebbe stato un altro a piangere. Questa logica gli sembrava
quella della giungla, della belva più grossa che divora la più piccola. La
concorrenza, come s'intendeva oggi, non era altro che l'antico motto "mors
tua vita mea". E lui, a quel prezzo non voleva più rimanere in pista. La
lotta per la sopravvivenza poteva avere un significato in chi è costretto a
cacciare per vivere o a pescare, come il vecchio Santiago che lotta per giorni,
disperatamente, contro il grossissimo pesce nel più bel romanzo di Hemingway.
Ma oggi, nel 1987, nelle metropoli industriali dove la giacca e la cravatta
dovrebbero rappresentare la civiltà, la fine dell'oppressione, del bisogno, la
tregua nella lotta... No, ormai la decisione era presa, avrebbe abbandonato
presto questa valle di lacrime. Mentre pensava questo i suoi occhi furono
nuovamente illuminati dal sorriso di Piera che gli stava chiedendo di andare ad
assistere assieme allo spettacolo dell'animazione. Si sedettero in quarta fila,
dove trovarono posto in mezzo ad altri soci, più indietro dell'area presidiata
dai bambini che scorrazzavano per la pista. Le due grosse casse acustiche da 80
watt ciascuna diffondevano musica per i piccoli mentre quelli dello staff preparavano la
scena per lo spettacolo che sarebbe cominciato alle ventuno e trenta. La pista
pavimentata con mattonelle rettangolari di cotto arancione si stendeva su di
una superficie di circa 40
metri per quindici, tra grossi olivi secolari che di
giorno stendevano tutt'intorno una fresca ombra dove si rifugiava chi amava
meno il sole e il mare. Alle spalle della pista c'erano le terrazze di terra
che digradavano fino al mare, settanta metri più sotto. Davanti e ai lati, su
cinque file di sedie, prendevano posto i circa quattrocento ospiti del
villaggio, in quel momento occupati in parte a portare l'acqua minerale nei
capanni o a telefonare alle due cabine dietro il bar. Su tutto un cielo
stellato visibile, in quel momento, perché le luci della pista erano spente e la luna era al suo primo quarto,
bassa sull'orizzonte occidentale.
Piera aveva indossato una gonna di gabardina leggera, nera,
e una camicetta di seta rossa, con i bottoni bianchi davanti. Un laccetto d'oro
con un ciondolo d'avorio le pendeva all'altezza della scollatura che mostrava
la pelle ancora liscia ed abbronzata. Al braccio sinistro, scoperto come quello
destro fino al gomito, era un orologetto d'oro col cinturino di pelle chiara.
Un profumo forte ma non aggressivo l'avvolgeva completando quell'insieme assai
gradevole che, per la prima volta, Stefano guardò come una donna. Non voleva
riconoscerlo ma lei gli piaceva, gli faceva riprovare delle sensazioni antiche,
lo scoteva dal suo torpore pessimista e minacciava di fargli fare dei progetti.
"Alla mia età - pensò lui - sarei ridicolo!". Però, chissà per quale
combinazione del pensiero tornò a rivedere, nella sua mente, la scena
dell'amore senile, tra quei due vecchi del film La notte di San Lorenzo , dei
fratelli Taviani. Era stata bellissima, piena di tenerezza e aveva dimostrato
come due esseri possono amarsi anche in un'età non più verde , senza
suscitare alcuna ilarità, ma - anzi - commozione. A interrompere quel pensiero
furono le musiche di Nino Rota del film "Otto e mezzo" di Fellini,
sigla di apertura delle serate di animazione al villaggio. Il faro illuminò il
centro della pista e fece la sua comparsa un giovane poco più che trentenne
vestito con una camicia di seta azzurra elegante e dei pantaloni neri lucidi. Disse
qualche parola di benvenuto ai nuovi ospiti e passò a cantare, dal vivo, alcune
canzoni molto popolari degli anni Sessanta e Settanta. La voce era alquanto
bella e non faticò a strappare molti applausi, soprattutto da parte dei vecchi
ospiti che lo incitavano chiamandolo per nome: "Dai, Renato!
Ancora!". E lui non si fece pregare, accontentando anche qualche richiesta
del pubblico, dopo aver consultato la ragazza alla regia per sapere se avevano
la base sonora per quel pezzo e per quell'altro. Quando attaccò le prime note
di "Volare" ci fu un grosso applauso e in molti fecero il coro
battendo anche le mani a ritmo cadenzato. Poi fu annunciata la gara di ballo e,
mentre i vecchi ospiti nascondevano la testa dietro le spalle dei nuovi, alcuni
vennero invitati a scendere in pista e ad indossare un numero dietro la
maglietta o la camicia. Fu così che anche lui si trovò tra loro, trascinato da
Piera che non sembrava imbarazzata dai riflettori, dagli sguardi, dalle
probabili gaffe che avrebbero prodotto insieme. "Non so se sono in grado,
sono passati tanti anni...", disse Stefano tentando di schivare l'offerta,
ma lei lo tirò delicatamente per un braccio e con un sorriso cancellò le
preoccupazioni dal suo viso :"Vedrà, qui sono molto indulgenti". Il
numero che contrassegnava la coppia lo portava l'uomo e a loro capitò il nove.
Renato, l'animatore, spiegò che avrebbero potuto astenersi dal ballare un
pezzo, mentre avrebbero dovuto giocare un jolly al ballo nel quale si sentivano
più forti e che gli avrebbe reso un punteggio doppio. La giuria, composta tutta
da ospiti, sedeva nelle prime posizioni davanti alla pista. Si diede il via e
le prime note di un valzer echeggiarono in quello spiazzo in mezzo agli alberi,
illuminato da molte luci, con un volume piuttosto alto, tra un pubblico attento
e non ancora incline all'ammirazione o all'ironia. Qualche coppia, soprattutto
la cinque e la sei, se la cavava benissimo e seguiva elegantemente le note del
disco compiendo molte evoluzioni ed offrendo al pubblico continuamente un
proprio lato diverso da osservare. C'era anche qualche imbranato che inciampava
e si ostacolava con la dama, rompendo l'armonia della musica e suscitando
qualche ilarità tra il pubblico, subito tacitata dai commenti indulgenti e
incoraggianti dell'animatore: "È un gioco, siamo qui per
divertirci...". Stefano, mediocre cavaliere, faceva del suo meglio per non
attrarre l'attenzione su di sé e, un po' stordito da quei giri veloci cui non
era più abituato, fu confortato dalla fine del brano musicale. Erano ancora
vicini, l'uno a fianco all'altra, e si sentiva il profumo di lei che mischiava
gli effluvi dell'acqua di colonia a quelli del bagnoschiuma della doccia e a
quello più intenso della pelle. A Stefano piacque ma pensò anche che non se la
sentiva di continuare quello sforzo, lì al centro dell'attenzione, mentre
cominciava a sudare e con lo spirito non adatto a quelle goliardie che non lo
entusiasmavano più. Le chiese di andar via e, ancora una volta, fu sorpreso
dalla schietta disponibilità di lei. Sgusciarono via al momento giusto e
si diressero verso il mare ,
come se se lo fossero detto prima, ma senza aver pronunciato neanche una
parola. Scendevano le scale già da un po' quando si accorsero entrambi che
erano silenziosi, ma restarono a loro agio. Questo piacque molto a Stefano che
preferiva i silenzi alle parole. Sulla spiaggia c'erano solo tre ospiti che
armavano una barca per la pesca alla lampara. Uno di loro aveva indossato una
muta di gomma nera che gli copriva tutto il busto, fino all'altezza delle
ginocchia. Un leggero vento dal nord aveva ripreso a sferzare dolcemente l'aria
e portava loro l'odore degli olivi che si mischiava al profumo del mare quasi
calmo in quel momento. Tutto era dolce e quieto, rotto a tratti dai lontani
suoni della musica del villaggio che, a seconda del vento, portava loro
l'allegria di quella folla.
"Non le piace stare con la gente?", gli chiese
mentre si fermavano a pochi passi dalla riva.
"Non oggi, non in questo periodo. Ci sono momenti
durante i quali si sta meglio in compagnia del silenzio che in mezzo agli
altri".
"Credo di capirla. Ma che cosa la rende tanto
triste?".
Lui avrebbe voluto non rispondere, valutando l'inutilità di
quel dialogo. Guardò i riflessi argentati della luna sull'acqua ed ascoltò un
attimo il brontolio delle onde che si rompevano sulla riva. "Credo - disse - che la vita mi
sia diventata inutile. Non ho
più interessi, ambizioni, affetti da conservare. Di fronte a
me c'è solo l'irreversibilità di una vecchiaia solitaria, un lungo tunnel buio
fino alla morte".
"Io credo, invece - rispose lei, che si tratti
solamente di un brutto momento. Sul capo di ognuno passano, a volte, grosse
nuvole, ma poi torna il sereno. Ciò che sembra eterno è solo passeggero ed il
sole segue la pioggia come la
primavera l'inverno. Questa morte che si porta dentro e che
si legge sul suo viso si può combattere. Si chiama depressione. A volte può
bastare qualche milligrammo di benzedrina...".
"No, i farmaci non possono darci quello che la vita ci
nega e poi perché non la droga o l'alcool, allora?".
La donna lo guardò un attimo in silenzio, non sapendo cosa
rispondere a queste parole o ritenendo ovvia una risposta. Anche lei si trovava
nella parte terminale del suo viaggio della vita, anche lei aveva pagato un
alto prezzo alla vita, ma a differenza di lui sperava, credeva ancora nel
domani, negli uomini, nei sentimenti. La sua voce si fece più dolce, più
femminile e quasi sussurrando gli chiese: "Non crede all'amore?".
"No".
"Perché?".
"Perché penso che a monte di tutto ci siano solamente
tanti egoismi, tanti piccoli o grandi o grandissimi egoismi che si confrontano.
Credo all'antico detto homo homini lupus, l'uomo è lupo all'uomo, l'uomo divora
il suo simile. Ognuno ama soprattutto sé stesso, il resto è ipocrisia,
finzione, demagogia. Bisognerebbe educare i ragazzi, fin nei primi anni
scolastici, a cavarsela da soli, a
fare a meno degli altri. Invece si dice loro che c'è l'amore,
la fraternità, l'amicizia. Ma lei l'ha mai conosciuto un amore vero, non
condizionato dalla passione dei sensi o dalla complicità di un accordo per
sfidare in due, anziché da soli, le insidie del destino?".
"Non credo che lei sia così cinico come vorrebbe far
credere, - soggiunse lei e la sua voce divenne ancora più carezzevole - io credo
che si esprime così perché ha vissuto di recente un grosso dolore e non ha
avuto il tempo sufficiente per far cicatrizzare la ferita".
"Può darsi" rispose lui distrattamente e si mise a
seguire, con lo sguardo, il volo basso di un gabbiano che planava verso il mare inclinandosi su di un
fianco per poi riprendere quota con brevi e intensi colpi d'ala. In lontananza
si udiva sempre la musica della pista e, molto più debolmente, lo stridio di
gomme di qualche macchina che affrontava male la curva grande, sulla statale
per Sapri, prima dell'ingresso del villaggio. Visto così, in piedi davanti al
mare, col viso serio e lo sguardo perso dietro un pensiero, l'uomo aveva un
certo che di affascinante, pur non essendo bello. Dalla camicia aperta sui
primi quattro bottoni si scorgeva il petto glabro e uno stomaco da ventenne che
denunciava il suo distacco dai piaceri e forse anche qualcos'altro. Una
malattia? Forse. Era quella, pensava Piera, che lo tormentava tanto? Lei, lo
sentiva, avrebbe potuto aiutarlo, gli sarebbe potuta stare vicino, lo avrebbe
accudito: sentiva, da quando lo aveva visto quel pomeriggio che qualcosa era
avvenuto in lei, qualcosa di magico, come tanti anni prima. Non c'era stata
premeditazione né disegno alcuno. Si sentiva semplicemente attratta da
quell'uomo e, pensava, forse neanche lei gli era indifferente. Ma come
sottrarlo dal fondo di quei suoi pensieri neri? Si può far mai desiderare
l'acqua a qualcuno che non ha sete? E poi chi le diceva che non si stava
sbagliando, che non fosse tutto un abbaglio, una specie di piccolo incanto
partorito con la complicità di quella notte stupenda? Lo fissò, standogli di
fianco, un po' più indietro, a destra. Lui lo avvertì e si girò incrociando con
i suoi gli occhi di lei. Si guardarono per un attimo che sembrò lunghissimo. In
loro non c'era né proposta né rinuncia, si sentirono semplicemente assai
vicini. Fu lui, poi, ad abbassare lo sguardo ed il super-Io riprese il
controllo rigido dei sentimenti. La sua censura interna era rientrata in
funzione e la griglia dei sentimenti aveva ripreso ad imbrigliare le forze di
dentro che, a sprazzi, lottavano con la ragione, con l'uomo che stava
diventando duro, che ogni giorno di più rassomigliava ad un misantropo, con la
morte nel cuore, con questo grosso desiderio di scomparire, di gettare la
spugna sul quadrato della vita. Ad un tratto si scosse, per un momento non
capì, poi si accorse che qualcosa di morbidamente rigido gli aveva urtato una
gamba: era una palla di gomma grande quanto un palmo aperto, gialla con piccoli
disegni rossi. La inseguiva una bimba che poteva avere tre anni o anche meno,
vestita con un abitino di cotone rosa con delle bretelline fatte di nastro
dello stesso colore. Non portava scarpe
e il viso segnava l'accanimento ottimistico con cui i bambini
riempiono d'importanza anche le operazioni più banali. Dieci passi più indietro
venivano, in quella direzione, un uomo e una donna, probabilmente i genitori
della piccola. Questa si fermò davanti a Stefano e lo guardò alzando molto il
viso, essendosi fermata la palla proprio davanti a lui, frenata in un incavo
della sabbia.
"Come ti chiami?", chiese l'uomo.
"Paola" rispose con decisione la bimba che
mostrava già una forte comunicativa.
Allora Stefano si abbassò, piegandosi un po' sulle ginocchia,
e -prendendo la palla - gliela porse. Lei, dopo averla afferrata con due mani
la lasciò cadere e poi l'inseguì per colpirla con il collo del piede. Si
allontanò da dove era venuta.
"Perché non ci sediamo qualche minuto?", disse
Piera.
Lui lo fece senza rispondere e la donna gli si sistemò a
fianco, quasi attaccata.
"Non ha nipoti piccoli?" gli chiese nuovamente
rompendo il suo pensieroso silenzio.
"No, mia figlia non ne ha voluti. Credo che mi sarebbe
piaciuto. Ma più per egoismo. Poi penso, però, alle pappe da preparare, ai
pannolini da cambiare, alle mille incombenze cui va incontro ogni nonno nei
momenti di emergenza e mi dico che, tutto sommato, è stato meglio così".
La donna lo guardò, quasi lo scrutò, come se volesse
carpirgli i segreti più intimi e gli chiese: "Dunque non c'è nulla che le
interessi, che le dia voglia di alzarsi la mattina, di iniziare una nuova
giornata? Un piacere, che so, un hobby, una vecchia abitudine, un interesse che
potrebbe diventare più consistente?".
Stefano stava per rispondere automaticamente di no, ma poi
si fermò a riflettere un istante. In effetti c'era qualcosa che da qualche ora
stava turbando il suo pessimismo. Era una tenue fiaccola in una grotta buia che
rischiarava, con un pallore rossastro, solamente un piccolo lato dell'antro.
Questa luce era lei, una minuscola promessa in una galassia di minacce. Non
poteva più nasconderselo, si stava innamorando, quella donna lo attraeva, era
scattato qualcosa ch'egli non riusciva a definire bene, ma che gli piaceva, che
avrebbe potuto diventare un sentimento positivo... Lei si accorse che qualcosa
stava cambiando, che l'aura di elettricità intorno a lui stava cadendo, che
l'uomo stava emergendo, che l'umanità si manifestava.
"Perché non si lascia un poco andare?" gli chiese
e gli appoggiò dolcemente la mano sul dorso della sua mentre gli occhi, più con
certezza che con speranza, incontrarono i suoi: fu un attimo, lui girò le dita
e gliela strinse.
II Classificato al Premio Nazionale Spaccanapoli del 1987:
“Un racconto per la vita”
13 commenti:
Care Amiche e cari Amici,
inizierò a lavorare al blog di domani questo pomeriggio. Vi invito a non inviarmi altri post altrimenti rischio di non terminare neanche fra tre giorni.
Grazie e buona giornata a Tutti.
Hi Ciro,
This is Elizabeth, originally from Boston, and each time I read about another disasterous incident aboard a Carnival Cruise line I wonder if you ever delved into corporate solar return charts. Have you? I do not have a clue as to how one would go about the process. It seems that it would depend on whether the corp was public or private? If private would one base the corporate success on the owner, but then what about the corporation birthday? This also made me wonder if there was a way for a town or country to do an ASR? I've been been going back and forth between your different books -- and I wanted to tell you how much I enjoyed the opening considerations to the Lunar Returns book. Radionics is something I've heard about, but only became open to the concept when I read your comments. Thank you again for wonderful blogs, books, and tremendous research!
Caro Ciro,scusami ma non riesco a postare sul blog!
Intanto complimenti per i tuoi successi che seguo sempre,bello anche il tuo
ultimo libro,anche se non rientra tra i miei preferiti tra cui Trans e Rivoluz
solari che ormai so a memoria.Vorrei un consiglio per la mia prossima rm,pensi
che vada bene Acapulco per comprar casa e proteggere salute?Nel 2012 son andata
aGuatemala e ho venduto magnificamente alloggio.Mi preoccupa Saturno in 8 per
salute,dal momento che mi sta transitando sulla Luna in Scorpione,non vorrei
aver problemi ginecologici.Speravo coincidesse magari con un mutuo,che ne pensi?
Grazie e scusa se devi postare per me.07/07/65 TO ore14.45
Con affetto Antonellina
Buon compleanno pure da parte mia Daniela!
Ciao Ciro,
volevo solo ringraziarti per il consiglio di ieri per la mia amica! Vedremo se deciderà di partire oppure no!!
Un forte abbraccio
Michela
Moltissimi Auguri a Daniela.
Luigi e Paola
Tantissimi auguri Daniela!
Tanti auguri a Daniela anche da parte mia.
Un saluto affettuoso.
Stefano Meriggi
Anche se in ritardo e spero che li accetterai, tanti auguri Daniela!
Rosa Fumai
Buongiorno caro Ciro
spero che tu abbia terminato con i post di ieri e che ci sia un po' di tempo anke per il mio di oggi.
Ecco volevo appunto dirti che sto leggendo il tuo libro 'Elective astrology' che trovo molto interessante oltre che per una mia cultura personale ma anche perchè mi aiutera' a trovare un momento giusto x tutti quelli che saranno i miei passi futuri.
Ma ovviamente visto che sto imparando non farei passi importanti senza avere un tuo consiglio. Io potrei sbagliarmi, tu invece no!!!!!!!
Vengo al punto.
Sono venuta a conoscenza che qui in Svizzera danno una spinta per aprire un'attivitä e sto seguendo le pratiche per avere questo finanziamento non eccessivamente prodigo ma che mi potrebbe cmq dare una mano.
Sono intenzionata ad aprire uno studio di massaggi aromaterapia etc e controllando il cielo ho trovato una data, un discreto compleanno da dare all'attivitä ma non so se riuscirei ad avere i soldi in cosi breve tempo, la data è il 28 maggio 2013alle ore 14:40 a zurigo.
La Cosa che non mi piace è che sia venere che giove e mercurio danno quadrato all'ascendente pur essendo in zona Goqueline credo al MC.
Ho controllato anche i miei transiti di quel momento/giorno e avrei i tre pianeti menzionati prima, in 2 casa senza aspetti negativi.
Innanzi tutto vorrei sapere se leggendo il tuo libro ci ho capito qualcosa e poi se cii sarebbe una data piü avanti buona x l'apertura o innaugurazione che potrebbe essere anke in date differenti, giusto???
Ti ricordo i miei dati 3/2/76 ore 11:05 a modugno e l'ultima RSM fatta in Texas a Claude.
Non sono andata in Australia come tuo consiglio solo xkè a dicembre il mio fidanzato ha scoperto di avere un Tumore (scoperto grazie all'astrologia) e non mi andava di mettere lo stellium in 7, saturno in 4.
Ma sarebbe stato meglio per me lo so.Poi non ho voluto piü disturbarti sullo stesso caso altrimenti penso sarei diventata pesante.
Grazie Ciro e buona giornata.
Rosa Fumai
Houn, Libya
Respected Astrologer Sig.Discepolo,
Thank you so much for suggesting Houn Libya.
I wish the software were more affordable..at the moment, I cannot purchase anything.
Hope the Anniversary was well spent and will bring a lovely productive year to you and yours.
Best Wishes!
Sean
Dear Master,
Thank you so much for replying to me, I was so looking for to it!
I keep reading your books, they are fascinating!
Best wishes,
Marse from, Florida
SIGNOR CIRO SON ANNA DA FIRENZE RINGRAZIO MOLTO PER IL SUGGERIMENTO DATOMI PER IL MIO PROSSIMO COMPLEANNO. MI DISPIACE DI AVER FATTO LA MIA DOMANDA PIU VOLTE MA NON RIUSCIVO A LEGGERE LA RISPOSTA. HO VISTO CHE LINKOPING IN SVEZIA E ABBASTANZA VICINO A STOCCOLMA. MI CHIEDEVO VISTO CHE SONO NATA IL 4 GIUGNO ALLE 6 E 20 MI DEVO TROVARE A LINKOPING PER QUESTO ORARIO IMMAGINO. E QUANTO TEMPO DEVO STARE PROPRIO NEL LUOGO ESATTO. IN QUANTO VORREI TRASCORRERE I GIORNI PRECEDENTI A STOCCOLMA E I SUCCESSIVI. MI CHIEDEVO QUANTO TEMPO E NECESSARIO STARE PROPRIO NEL LUOGO DA LEI CONSIGLIATO.. UN CARO SALUTO E ANCORA GRAZIE.
ANNA
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