mercoledì 1 settembre 2021

Heil, Hitler!

 


In anteprima uno dei capitoli del libro sul Covid a cui sto lavorando.

 

Heil, Hitler!

Ho intitolato questo capitolo Heil, Hitler! per riferirmi a tutti gli aspetti sociali, politici, culturali, etici e filosofici della pandemia intesa come fenomeno.

Senza nessuna pretesa di parlare ex cathedra - ma anzi, proprio nell’ottica di alimentare il dibattito combattendo la tendenza al pensiero unico - possiamo affermare che questa pandemia non ha colpito solo i corpi delle persone, ma anche le menti. Elemento questo drammatico alla luce di quanto una situazione così complessa, nell’accezione più positiva del termine, richieda che vengano gettati in campo quanti più punti di domanda possibile al fine di essere analizzata. Cercherò per questo di fare menzione dei binari prestabiliti su cui il pensiero di molti, in assoluta buonafede, e di alcuni, in malafede, si è appiattito.

Partirei da un ricordo, da un personale Amarcord, molto attinente a quanto sto scrivendo. Una memoria con una data precisa, situata tra il 1968 e il 1970. Vissi a vent’anni il movimento del sessantotto a trecentosessanta gradi, con tutto l’entusiasmo giovanile e il trasporto che l’epoca mi infondeva. Rammento in particolare un cineforum presso i Padri Barnabiti dell’Istituto Denza a proposito del film di Buñuel, La Via Lattea; pellicola nella quale, tra le altre cose, si scorgeva un seno nudo. Non appena partì il dibattito, un signore con aria abbastanza autoritaria prese il microfono, annunciò le sue generalità, si dilungò sui punti salienti del suo curriculum vitae, non risparmiandosi tutta una serie di dettagli sulle cose di cui era esperto o professore, impiegando una buona mezz’ora. Finito che ebbe con questa presentazione così prolissa, annunciò senza mezzi termini che il film era una vera schifezza, oltre che volgarmente osceno. Io chiesi subito la parola per replicare, e dissi, tra la costernazione dei molti e gli applausi dei più giovani, che se solo il professore si fosse preso la briga non dico di conoscere meglio Buñuel, ma soltanto di guardare il film con meno pregiudizi, avrebbe forse compreso la metafora del cammino millenario della Chiesa nella società che la pellicola voleva rappresentare. Questo era il clima del sessantotto.

Sempre di quell’epoca ricordo il mio periodo al CNR - ero responsabile del laboratorio di misure elettroniche all’Istituto Motori di Napoli - in cui io facevo anche parte, assieme a pochi altri, del direttivo sindacale della CGIL Scuola, Università, Ricerca. A quel tempo eravamo non solo comunisti, ma comunisti cinesi, e ci definivamo marxisti-leninisti. Anzi, io, per la precisione, mi dichiaravo bordighista, ovvero seguace di Amedeo Bordiga, uomo più a sinistra di Trockij, l’uomo dell’estrema sinistra della Rivoluzione russa. Non nascondo che, ai tempi, mi macchiai di alcune cose alquanto scellerate, negando, nelle varie assemblee, la parola ai cosiddetti borghesi, dando loro dei fascisti. Questo per dire quanto io riconosca i pericoli dei comportamenti antidemocratici in cui anche io incappai, con la sola scusante della gioventù e del periodo storico particolare, pieno di privilegi ingiustificati che favorivano queste ribellioni.

Voglio ricordare ancora, poco tempo dopo questi eventi, la mia partenza per il servizio militare. L’obbligo di leva avrei potuto in realtà procrastinarlo a dopo la laurea - mi ero all’epoca iscritto a Fisica - ma non avevo intenzione di trovarmi a venticinque anni sotto le armi. Nutrivo un vero e proprio odio nel cuore verso questa coercizione per poter convivere tanto a lungo con questa incombenza. Feci dunque domanda e partii come aviere semplice in un reparto di Latina, dove conobbi un amico con il quale siamo tuttora in ottimi rapporti. Tra me, che sono ed ero un divoratore di libri, e lui, professore di filosofia, era possibile trascorrere anche sette, otto, dieci ore a parlare, dando vita a conversazioni meravigliose. Anche il comandante cercava di discutere animatamente con noi, trovandosi però spesso all’angolo di fronte alle nostre argomentazioni più audaci. A quel punto al comandante non rimaneva che richiamarci all’attenti, ponendo solo in questo modo fine alle discussioni, ingannandosi di aver vinto la disputa.

Questa atmosfera di tensione, e questi rapporti di forza sbilanciati tra il potere dell’autorità e quello delle argomentazioni, è lo stesso che sto vivendo ora, mentre assisto impotente a questi pseudo dibattiti televisivi in cui rivedo lo stesso clima di quegli anni. La stampa è ormai del tutto allineata su un solo pensiero, una sola ortodossia, come se in edicola uscisse un giornale unico, al netto delle piccolissime differenze politiche. Perfino le proprietà e le emittenti più storiche hanno spezzato ormai il loro legame secolare di appartenenza agli schieramenti politici, parlando a una sola voce. Questo mi crea rabbia e sconforto, ma anche ribrezzo. Quello che aveva previsto Orwell nel suo celebre 1984 si è realizzato in tutto e per tutto, in uno scenario molto simile a quello del romanzo Fahrenheit 451 in cui i pompieri, invece di spegnere gli incendi, rastrellavano le case per bruciare libri. L’assenza di pluralismo implica l’assenza di democrazia, in un sistema sempre più votato al business per il business, e sintetizzato nelle proverbiale espressione di Falcone Seguite il denaro.

E dove ci porta il denaro? A cifre ingenti, in miliardi di euro, spese per le campagne vaccinali, che promettono di aumentare in misura esponenziale già il prossimo anno, per mezzo del sistema delle certificazioni sanitarie e dei richiami annuali. Un business che promette di essere il più grande della storia, senza paragoni con nessun tipo di affare lecito o illecito (e maggiore, ad esempio, di quello delle armi o di tutti i giri d’affari illegali messi insieme).

Come tutti sanno, io sono di indirizzo junghiano, ma voglio fare un riferimento a un testo, La psicologia di massa del fascismo, nonostante l’autore, Wilhelm Reich, sia noto per aver addirittura esasperato il pensiero di Freud. In quel libro, in modo del tutto lucido e saggio, veniva messo in evidenza come per le masse sia molto più riposante demandare il compito di pensare, e di decidere, a un dittatore, piuttosto che assumersi la responsabilità di fare, e pensare, e capire, di testa propria. E questa è senza dubbio una spiegazione corretta dei larghi consensi popolari di cui le dittature hanno beneficiato, anche quando proponevano soluzioni del tutto folli e criminali.

Questa però non può essere l’unica spiegazione. Ne vedo all’orizzonte una molto più meschina. Quella di un sistema che fa apparire, sfruttando tutto l’apparato di direttori e redattori di televisione e giornali, come ridicolo o complottista chiunque non si allinei al pensiero unico.

Siamo così al nocciolo della questione: la democrazia dovrebbe consistere nella possibilità di contrapporre a un’idea qualsiasi altra idea, stabilendo chi ha ragione e chi ha torto liberamente, e solo in base a un dibattito aperto.

Questo oggi, chiaramente, non avviene. Anche in trasmissioni solitamente controcorrente, medici che hanno soltanto tentato di fare dei distinguo non sul vaccino, ma sulle varie tipologie di vaccinazione, sono stati costretti a tacere, dopo essere stati attaccati in contemporanea, senza alcuna possibilità di un contraddittorio. E ancora lo stesso Andrea Crisanti, che nella primavera 2021 lamentò la penuria dei dati a disposizione sulla campagna vaccinale, fu criticato aspramente a reti unificate, fino a quando egli stesso non rettificò la sua posizione.

La perdita della nostra libertà motoria, che ci ha impedito e ci impedisce di muoverci e di viaggiare - limitandoci enormemente - passa addirittura in secondo piano rispetto alla perdita del diritto di esprimere la nostra opinione. Perfino sui social un sistema preciso di controlli e censure sospende o blocca il mio account non appena scrivo un riferimento alla campagna vaccinale o al ministro di turno.

La televisione non ci ha nemmeno mai offerto un confronto aperto tra scienziati, limitandosi a contraddittori tra giornalisti, senza coinvolgere personalità del calibro di Giulio Filippo Tarro, o Luc Montagnier, premio nobel per la medicina e scopritore dell’HIV, se non per ridicolizzarli.

Tutto questo non credo possa essere definito Scienza. Per Scienza dovremmo invece intendere, a titolo di massimo esempio, lo studio che fece Keplero per calcolare le orbite di Marte, spingendosi alla sensibilità della terza o quarta cifra decimale, che ancora oggi rende possibile l’invio di sonde sul pianeta rosso. Un lavoro del tutto verificabile, e passato alla prova dei fatti senza margini di errore. Una sola svista in quelle formule, infatti, non permetterebbe oggi l’approdo di robot intelligenti così lontano.

Le dichiarazioni giornaliere a cui assistiamo, spesso in palese contraddizione o smentite nel giro di poche ore a proposito dell’immunità di gregge o della persistenza degli anticorpi, vanno invece in aperto contrasto con l’onere della prova, che dovrebbe essere - ed è - un principio non derogabile. E lo stesso Odifreddi, personalità molto lontana dal mio modo di vedere il mondo, ha definito questo dibattito più vicino a un congresso di filosofi che non a un consesso di scienziati. Allo stato attuale basta che il giornalista di turno usi il nome della Scienza come totem, con fare dogmatico e religioso, per soffocare ogni spunto critico sul nascere.

Gli esempi fin qui esposti dimostrano i modi in cui impediscono oggi a ciascuno di dire la propria. E anche io, che non sono un no-vax, non avrò mai la possibilità di spiegare perché ho scelto di vaccinarmi a Dubai con una inoculazione tradizionale a mezzo di un virus morto, fedele al principio omeopatico con cui sono nati tutti i vaccini della storia: similia similibus curantur. Attraverso etichette come no-vax, terrapiattista, complottista, riescono a censurare la libertà di pensiero sancita dalla nostra Costituzione, senza nemmeno dover ricorrere all’olio di ricino.

 




Per Tutti. Non è una notizia importante, ma vi invito a leggerla perché potrà spiegare, a qualcuno, il perché di un certo rumore di fondo che disturba, da qualche anno, l’Astrologia:

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For Everybody. It is not an important news, but I invite you to read it because it can explain, to someone, the why of a certain noise leading that disturbs, from a few years, the astrology:

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Buona Giornata a Tutti.




Ciro Discepolo

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