giovedì 28 agosto 2025

Parliamo delle gemelle Cappa

 



Parliamo delle gemelle Cappa.

Dal mio video YouTube

https://www.youtube.com/watch?v=SvxmER3c7-s

 

 

 

Buonasera e dico buonasera perché sto registrando nel pomeriggio tardo di mercoledì 27 agosto 2025. Avendo diciamo concluso, si fa per dire, l’iter, almeno quello burocratico, da poche ore, che mi ha permesso di ottenere i due estratti di nascita delle Gemelle e cosa che mi permette, a sua volta, di dare un mio parere, da un punto di vista astrologico, circa il loro eventuale coinvolgimento – che io escludo assolutamente – nella vicenda di Garlasco e nell’uccisione della povera Chiara Poggi che era loro cugina.

 

Lasciate innanzitutto che io ringrazi mia moglie Daniela per l’aiuto enorme che mi ha dato non solo nella richiesta di questi documenti, ma poi nella gestione delle comunicazioni tra me e l’anagrafe di Milano che ancora una volta voglio lodare per la grande efficienza e ringraziare davvero per questo servizio eccezionale che ha e per il quale si possono richiedere gli estratti di nascita anche on-line. Devo dire, che quando venni qui a vivere a Milano, nove anni fa, li ottenevo anche in poche ore. Adesso si supera abbondantemente il mese. Però voglio sottolineare che è già un qualcosa se poi detti certificati si ottengono.

Qui ci sono stati dei fraintesi e anche dei problemi per cui da un mese siamo passati a due e poi io, i primi giorni di agosto, ho ricevuto questi due documenti che a mio parere sono errati nella loro formulazione di documenti, nella loro redazione scritta.

 

I funzionari dell’Anagrafe di Milano non sono d’accordo, ma, lo ripeto, io, pur ringraziando moltissimo l’Anagrafe di Milano che ritengo un’eccellenza, al pari di tante altre realtà meneghine, devo segnalare la cosa. Non a caso ho scelto Milano come città dove desidero vivere l’ultima parte della mia vita e sono grato a loro e li ringrazio. Quello che sto per spiegare non vuole essere una critica nei loro confronti, ma, tuttavia, secondo me i due documenti sono sbagliati.

 

Anche se, a tutti gli effetti, si capisce dove sia l’errore, si vorrebbe anche capire, però, perché non l’abbiano scritto in un altro modo.

Passiamo ai fatti pratici e qui dovrò chiarire molti aspetti e dovrò aprire molte parentesi. Quindi raccomando alle persone frettolose e che hanno moltissime cose da fare e che sono impegnate soprattutto a scrivere la Storia, di cambiare immediatamente canale, così potranno guardarsi degli altri video in 20-25 secondi e passare subito a realizzare realtà ben più importanti per loro e per l’Umanità.

 

 

Leggiamo i due estratti che voi potete vedere a video. Ho cercato di mettere tutto in una sola schermata, però mi rendo conto che bisogna avere uno schermo grande, tipo il mio di lavoro, per poter distinguere il tutto in una sola occhiata. E per poter distinguere anche quello che c’è scritto sopra, ma non avevo altro strumento a disposizione.

Allora dico subito che qui apparirebbe come primo elemento che le gemelle Stefania e Paola Cappa non sono nate lo stesso giorno. E questo è un primo punto importante per coloro che desideravano ascoltare in rete o su questo canale YouTube, sui social, e altrove questo mio studio e che affermavano si sapesse già tutto delle sorelle Cappa: “Si sa tutto! Sono nate il 28 ottobre”, ma non è vero.

Una delle due risulta nata il 28 ottobre e l’altra il 27 ottobre del 1984. Anche se, invece, io credo che siano nate entrambe il 28 ottobre. Cercherò di chiarire meglio. Allora, partiamo dal dato certo che è quello di Stefania. Stefania Cappa risulta nata a Milano il 28 ottobre 1984 alle ore 00 e cinque minuti: notate, per favore, prendete un appunto, che i secondi non ci sono e non è previsto che ci siano. Io ebbi una litigata quando nacque mia figlia Luna perché conoscevo anche i secondi e volevo che fossero trascritti, ma l’anagrafe di Napoli mi rispose che non era possibile.

Quindi, diciamo i minuti sì, i secondi no e risulta nata cinque minuti dopo la mezzanotte che c’è tra il giorno 27 e il giorno 28 ottobre del 1984. Paola, invece, risulta nata il 27 ottobre 1984, alle ore 00:00. Dunque voi, leggendo questi due documenti, che cosa traete come fatto sostanziale, fattuale? Che le due gemelle sarebbero nate, secondo questi documenti, a 24 ore e cinque minuti di distanza, l’una rispetto all’altra. Invece, secondo me, si tratta di un errore formale di scrittura perché, a mio avviso, sono nate a cinque minuti di distanza, quindi una alle ore 0 del 28 e non alle ore 0 del 27, e l’altra alle ore 0 e cinque minuti, sempre del 28. Per tale motivo, dopo che ricevetti detti documenti, scrissi loro di nuovo ed in forma ufficiale: voi capite cosa vuol dire “ufficiale”; non significa come quando si manda una cartolina o un messaggio su Facebook, no, “in forma ufficiale”.

Scrissi, nuovamente, all’anagrafe di Milano e feci presente questa discrepanza e chiesi anche, per favore, aiutatemi a capire se, come sospetto, c’è stato un errore. Però, evidentemente un po’ perché in quell’ufficio sono oberati di lavoro e un po’ perché eravamo ad agosto e tanti dipendenti erano in ferie, io non ricevetti risposta e, allora, Daniela, molto affettuosamente, prese un primo appuntamento con una funzionaria dell’ufficio di stato civile del Comune di Milano e si recò lì una decina di giorni fa e fece presente tutto ciò. Anzi no, parliamo di quando ancora non avevo ricevuto gli estratti di nascita: erano i primi di agosto e continuavano a non darmi i documenti richiesti. Daniela si recò lì, di persona, e portando tutta la documentazione che io avevo allegato alla mia richiesta, trovò una funzionaria gentile che ascoltò tutto e poi si mise davanti al computer e in pochi minuti redasse i due documenti. Anche lei si era accorta che c’era qualcosa che non quadrava. Infatti continuava a guardare il terminale, però poi, alla fine, digitò i documenti che state guardando.

Quando oggi, su mia richiesta, Daniela è tornata nel loro ufficio, ha parlato con tre o quattro funzionari, tra cui, se ho capito bene, anche con il funzionario capo. Il quale funzionario capo ha spiegato a Daniela che questa è la forma per scrivere da un punto di vista, diciamo legale, la nascita di Paola Cappa e che non ci sono errori da parte loro.

A mio avviso, invece, avrebbero dovuto scrivere le ore 0 del giorno 28. Scrivendo le ore zero del 27, in tutta evidenza, significherebbe che le due bambine sarebbero nate a 24 ore + 5 minuti di distanza tra loro. Ciò è stato ribadito, da mia moglie, anche al funzionario capo che però ha ripetuto che secondo il regolamento, fino a che non scocca il primo minuto del nuovo giorno, bisogna scrivere le ore zero. Ma le ore zero del giorno precedente, secondo me, è una cosa illogica, del tutto, perché ho fatto questo esempio a Daniela (ma non potevo polemizzare con lei che è stata così gentile né potevo chiederle di tornare per riformulare questa obiezione): mettiamo che Paola Cappa sia nata alle 23:59 minuti del giorno 27 ottobre, loro avrebbero segnato “ore 23:59 del 27”. Ora, se noi aggiungiamo un minuto alle 23:59 del giorno 27 ottobre, che cosa abbiamo come risultato? Abbiamo tutt’al più le 24 del giorno 27 oppure, per non essere presi per stupidi, abbiamo le ore zero del giorno 28. Dato che il giorno, già dalla riforma di Giulio Cesare e poi da quella gregoriana e poi con le leggi attuali, è sempre stato di 24 ore e non di 23 ore e 59 minuti. Con la spiegazione che danno loro il giorno si accorcia e diventa di 23 ore e 59 minuti.

 

Ho fatto una breve ricerca in rete e, al riguardo, ho trovato solo questo D.P.R. 396/2000 – Regolamento sull’ordinamento dello Stato Civile, Capitolo V – Nascita, §5.2.1 Parto gemellare:

“Quando dunque il parto plurimo avvenga in giorni diversi, tale circostanza va comunque riportata in ciascun atto di nascita, indicando anche l’ordine in cui le nascite sono seguite...”.
“L’unica anomalia… è che gli atti di nascita dei due gemelli potranno non essere l’uno consecutivo all’altro.”

Ma questo non mi dice niente, perché ci porta di più nella filosofia e ci allontana alquanto dall’aritmetica, non dalla matematica: non c’è bisogno di tirare in campo la matematica; qui è questione di aritmetica. Dopo 23 ore e 59 minuti, viene 24 ore oppure viene zero ore, ma del giorno successivo, non del giorno precedente: l’orologio non può andare indietro nel tempo! Però vi sarete resi conto che stiamo parlando di un parto gemellare, quasi sicuramente di due gemelle monozigote. E stiamo parlando di un parto che è avvenuto in una grande città, quindi in un ospedale importante, nel 1984 e non nel secolo diciannovesimo. Probabilmente potrebbe essere avvenuto anche con taglio cesareo, questo non lo so, però in queste situazioni, i bambini possono nascere anche a 15 secondi di distanza oraria tra loro. Ma non succede quasi mai, invece, che i due bambini, i due gemelli, nascano a 24 ore + 5 minuti di ritardo, l’uno rispetto all’altro, e siccome sull’estratto di nascita, ripeto, quello di Stefania, c’è scritto che l’avvocato Stefania Cappa è nata il 28 ottobre 1984, alle zero e cinque minuti, la sorella non può essere nata 24 ore + 5 minuti prima.

Credo che siate tutti d’accordo su questo perché se non siamo d’accordo su ciò, non andiamo da nessuna parte. Allora, a valle di questa prima considerazione, ci sono tutta una serie di ragionamenti da elaborare, perché effettivamente qui entriamo nell’alveo di quel capitolo importante, anche se pochissimo studiato in ambito astrologico, che è quello dei gemelli e soprattutto dei gemelli monozigoti e dei gemelli monozigoti che nascono a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro che, come osservavo, potrebbero essere nati anche a 16 secondi di distanza uno rispetto all’altro.

Qui, invece, abbiamo cinque minuti di differenza.

Personalmente ho scritto diverse cose sull’argomento, mai un libro, però diversi capitoli dei miei libri e ho sottolineato che la vera grande differenza che bisogna cercare, tra due gemelli nati a pochi minuti di distanza, è il grado zodiacale soprattutto dell’Ascendente. Ora sui gradi zodiacali non si sa niente, non sa niente nessuno. Come ho ripetuto varie volte, credo che l’unico grande astrologo che abbia dimostrato sul campo, non in teoria, di sapere moltissimo sui gradi, sui singoli gradi dello zodiaco, fu il mio carissimo amico e anche maestro, Peter Van Wood. Peter Van Wood, come ho testimoniato molte volte, quando stavamo assieme, mi colpiva con episodi incredibili. Per esempio, ricordo quella volta alle terme di Saturnia dove eravamo entrambi relatori ad un congresso. Io e Peter passeggiavamo per quei suggestivi viali, un po’ in disparte dagli altri, e si avvicinò una signora che, rivolta a Peter, disse: “Maestro, permette una domanda?” e lui rispose: “Sì, ma prima mi dica se è nata il 20 marzo”. E la signora rimase fulminata e con la bocca aperta! Poi, una mezz’ora dopo, riportando questa scena davanti allo stesso Peter, ai vari presenti tra cui c’erano anche un cameraman e un tecnico audio che avevo portato con me da Napoli, di Rai 3, per fare delle riprese ed il tecnico audio che non era molto, diciamo colto e neanche molto intelligente, fece una battuta ironica a metà strada verso l’offensivo alla quale Peter replicò: “Sì, perché vedi, tu essendo nato il 6 settembre…”. L’altro rise e stigmatizzò: “No, io sono nato il 5 settembre, non il 6 settembre…” pensando di avere preso Van Wood con le mani nella marmellata… Invece lui, in quel momento, dicendo ciò, aveva dimostrato tutta la grandezza di Peter, il quale ovviamente non sapendo l’anno di nascita di questo signore, aveva comunque individuato il grado in cui si trovava il suo Sole…

Peter conosceva i singoli gradi dello zodiaco e, purtroppo, non volle pubblicare, fino alla fine, un libro su ciò. Io feci di tutto per farglielo pubblicare, ma lui che sembrava essersi deciso, alla fine disse no. E forse fece bene visto come poi vanno a finire molti lavori di astrologi che vengono scopiazzati dai loro allievi, i quali, in seguito, vorrebbero anche convincere gli altri che sono loro gli autori di detti studi… Forse Peter Van Wood, sotto certi aspetti, agì bene e adesso aspetterete mille-duemila anni che venga un altro con la testa di Peter Van Wood a raccontarvi cosa significa, per esempio, il 15º grado dell’Ariete, il 16º, il 17° e via dicendo.

Quindi le informazioni importanti si dovrebbero cercare già lì. Però, attenzione, intanto voglio suggerirvi degli input in modo che capiate subito dove voglio arrivare. Questo lo sto dicendo, non per potervi dettagliare, da un punto di vista astrologico, sulle differenze che hanno caratterizzato, fin qui, le vite di queste due sorelle di cui sappiamo che una delle due, se non sbaglio Paola, ha sofferto anche di anoressia, che l’altra è un avvocato e via dicendo. No, non è su questo che desidero intrattenervi; non è questo il punto, perché poi alla fine, essendo nate a cinque minuti di distanza, hanno lo stesso identico oroscopo. Cambia solo di circa 1 grado la domificazione e, in quel grado, sicuramente, noi potremmo e dovremmo leggere le differenze tra loro. Ma aggiungendoci anche delle variabili che sto per citarvi. Tuttavia a me non interessa questo discorso, in questa sede, e interessa inserire uno dei due grafici che è come inserirli tutti e due all’interno della vicenda Garlasco, anche da un punto di vista cronologico, soprattutto da un punto di vista cronologico e anche dei cieli natali e delle Rivoluzioni Solari e delle Rivoluzioni Lunari della scena del crimine, per dimostrarvi che le due sorelle Cappa non c’entrano nulla con tutta la faccenda. 

Allora, quali sono gli altri elementi che bisognerebbe considerare se si volesse affrontare uno studio astrologico serissimo, partendo, però, da basi importanti? Quali sono le basi importanti, innanzitutto? Come sempre, tenere acceso il cervello e, ancora prima, avere un cervello. Se si ha una scatoletta di plastica, non va bene: si deve avere un cervello. Poi bisogna tenerlo acceso. E poi occorre avere studiato molto, moltissimo, quindi possedere tantissima cultura, non solo astrologica, ma in tutti i settori, in quasi tutti i settori importanti dello scibile. E poi saper collegare i fili tra di loro. Ecco, sull’argomento, più di una volta, ho scritto in passato. Troverete anche raggruppati molti di questi argomenti in un mio libro credo importante che vuole essere un po’ l’eredità culturale che vi lascio, un libro di un paio di anni fa e che si intitola “L’uomo e le stelle”, di circa 840 pagine. Lì ho ripercorso tutto il mio tragitto culturale e di ricercatore in astrologia, lasciando da parte completamente la mia vita privata: non so se ce la farò a scrivere anche una biografia sul piano personale, che riguardi i fatti personali della mia vita; non lo so e non l’ho deciso ancora. Però quello di cui vi sto parlando, invece, il libro “L’uomo e le stelle”, è la mia eredità culturale. In questo testo, proprio a proposito dei gemelli, io ritorno sull’argomento e rammento che il professore Luigi Gedda, che a Roma fu direttore dell’ “Istituto di Gemellologia” e che visse oltre 100 anni, morto da non molti anni, scrisse un libro meraviglioso per le Edizioni Scientifiche e Tecniche Mondadori, dal titolo “Cronogenetica”, libro che divorai quando avevo meno di trent’anni, con grande interesse (nel 1974, NdR). 

Nello stesso si legge qualcosa di interessantissimo, qualcosa di molto importante che caratterizza i gemelli mono-cellulari o monozigoti, come volete dire, e cioè che accade spesso che questi gemelli hanno la stessa età fenomenica e poi hanno una diversa età relativa all’inizio delle patologie. Per esempio, lui osservava due sorelle, tante coppie di sorelle gemelle, che avevano il menarca contemporaneamente, quindi la prima mestruazione contemporaneamente, fatto assai interessante. Quindi, parliamo di gemelli che hanno praticamente lo stesso patrimonio genetico e che, però, poi, lui si poneva la domanda: “Come mai queste due gemelle monozigote hanno la stessa età fenomenica, per esempio, appunto hanno il menarca lo stesso giorno e hanno tutta una serie di altre manifestazioni uguali e poi una delle due sviluppa un tumore al polmone a 56 anni e l’altra lo sviluppa a sessant’anni? A cosa si deve ciò? Vedete, è una domanda fantastica da un punto di vista scientifico, da un punto di vista della conoscenza, da un punto di vista di come noi dovremmo approcciare la realtà, vale a dire con una curiosità che ci divori dal primo minuto che abbiamo gli occhi aperti fino all’ultimo minuto della giornata, ogni giorno. E lui, come spiegava questo? Lui lo spiegava con la diversa ossigenazione ricevuta all’interno del grembo materno, che fa sì che i due gemelli non avranno lo stesso destino dal punto di vista patologico. Quindi, in poche parole, uno dei due, per la posizione che occupa nel grembo materno, riceve più ossigeno e un altro meno ossigeno. E questa variabile incide poi nel timing di comparsa della stessa patologia grave che potrebbe essere, come nel caso in oggetto, un tumore polmonare.

Allora vorrei ricordare che non sono solo gli astri a determinare il destino di un essere umano. Le variabili sono numerose e partono sicuramente dall’acido desossiribonucleico, dal DNA, che ci caratterizza al 100% e sul quale si possono dire cose importantissime ed esattissime. Ma non c’è solo quello, ci sta anche l’ambiente in cui viviamo, perché è dimostrato che due gemelli che alla nascita vengono separati e uno resta, non lo so, in una zona colta di una metropoli come Roma e frequenta l’università e le persone colte, persone che hanno uno stile di vita molto particolare e l’altro, invece, non lo so, per uno strano fatto del destino, finisce a Cuba durante la rivoluzione cubana e frequenta un altro tipo di persone, imbraccia il mitra e fa il contadino, ha un’alimentazione diversa… Cambia, cambiano parecchie cose.

Quindi il destino di una persona dipende certamente anche dalle condizioni politiche, geografiche, storiche, economiche, del luogo e degli anni in cui ella nasce e vive. Ma poi c’è la variabile astrale, importantissima, come abbiamo già detto, e ce ne sarebbe anche un’altra fondamentale come sosteneva un mio ex collega, il professore Edoardo Boncinelli, che è morto da poco e a cui rivolgo un pensiero affettuoso perché assieme, nel 1969, lavoravamo al CNR di Napoli. Vorrei ricordare che l’Istituto Motori era (ed è) confinante, contiguo, all’IIGB, l’Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica. Che era di fronte alla Rai, come pure l’Istituto Motori. E io e lui facevamo parte del direttivo CGIL scuola/università/ricerca. Eravamo tutti e due su posizioni “cinesi”, diciamo a sinistra di Trotskij. E io mi definivo, addirittura, seguace di Amadeo Bordiga, che era, sicuramente, a sinistra di Trotskij che, a sua volta, era a sinistra di Lenin: va bene, per farla breve, coltivavamo anche interessi comuni come la psicologia, la psicanalisi e lui, per molti anni, operò anche in questo campo. Fu un uomo di grande cultura. Lo incontrai nuovamente alcuni anni fa per un premio che egli ebbe a Vico Equense, presso la Fondazione Discepolo, quella creata da mio padre, il Premio Capo d’Orlando. Scambiammo due chiacchiere, ricordammo i tempi che furono e via dicendo. Perché vi sto citando Edoardo Boncinelli? Perché lui, che è stato anche nel comitato bio-etico italiano, disse una cosa parecchio interessante nel corso di una trasmissione Rai di cui ho scritto più in dettaglio nel libro citato. Il professore Boncinelli mise in campo una “nuova” variabile che secondo lui incide molto nel destino umano, oltre, naturalmente, alla variabile dell’anima che, per una parte importante della popolazione, è determinante. Lui aggiunse: esiste ancora un’altra variabile da considerare ed è la sinapsi che si crea al livello di cellule cerebrali al momento della nascita biologica e quindi non del parto. In quella trasmissione televisiva, egli la chiamò la “connessione casuale” dei neuroni al momento in cui una vita ha origine. Quindi, voi capite che già questa variabile di per sé spiazza completamente il campo di tutto quanto era conosciuto in passato e lo apre a tutta una serie di possibilità che noi neanche immaginiamo1. Ecco, allora, premesso tutto ciò per i pochissimi (3 o 4 di voi che saranno rimasti ad ascoltare) possiamo affrontare l’argomento da un punto di vista astrologico, però ripeto, ciò non per andare a marcare le differenze caratteriali o macro-caratteriali tra Stefania e Paola Cappa, ma per vedere il loro cielo, che per semplificare vedremo come un unico cielo, perché le differenze sono impercettibili ad occhio, all’interno della vicenda Garlasco.

Quindi io osservo uno dei due cieli, non interessa se sia quello di Paola o di Stefania, perché graficamente parlando l’immagine che ho davanti a me è la stessa, identica, e partendo dal cielo di nascita, vediamo se questo è il cielo di nascita di un assassino che, subito dopo aver ucciso la propria cugina, prende la bicicletta e corre a razzo a casa della nonna per gettare la famosa borsa con l’intero armamentario di piccone, scalpello, forbici, attizzatoio del camino… nel piccolissimo corso d’acqua adiacente alla casa della nonna.

Allora, Stefania, ma anche Paola, è una Scorpione e ciò lo avevate già capito, con fortissimi valori Scorpione, e adesso spiegheremo perché, con fortissimi valori Cancro e adesso spiegheremo perché, e con fortissimi valori Leone, e adesso spiegheremo perché.

Moltissimo Cancro perché ha ben sei astri nella quarta Casa, considerando anche le cuspidi: ha il Sole e Plutone che sono cuspide terza-quarta Casa, poi ha anche Mercurio e Saturno e poi anche Venere e Urano. Quindi è moltissimo Cancro. Poi è fortemente anche Leone perché ha altri sei astri nella quinta Casa che corrisponde al segno del Leone, quindi è caratterizzata tantissimo dal Leone perché ha Venere e Urano in cuspide quarta-quinta Casa, poi ha in quinta anche la Luna e Nettuno, Giove e Marte; Marte è cuspide quinta-sesta Casa. Quindi è fortissimamente Leone e lo è ancora di più, perché ha l’Ascendente in Leone. E poi è fortissimamente Scorpione perché non solo ha quattro astri nel segno dello Scorpione, ma, addirittura, ha Plutone (signore dello Scorpione) dominante, come il Sole, e quindi è davvero un mix, direi quasi al 33%, di Scorpione, di Leone e di Cancro. E questo il teatro di azione della sua vita. Ora, se noi stessimo parlando di un’assassina, che cosa dovremmo trovare? Soprattutto nel suo cielo natale? Qualcosa che o direttamente o indirettamente, ma comunque con i punti esclamativi e a voce alta, con megafono, ci dovrebbe parlare di quell’episodio, forse il più importante della sua vita. Comunque lo si voglia leggere, o in positivo in negativo, nella sua ottica: dovrebbe essere protagonista in questo cielo e non lo troviamo perché in questo cielo invece si parla di valori enormi, Cancro, quindi di grande desiderio di vivere in un ambito, diciamo chiuso, in un utero, in una sorta di utero, al livello mentale, e qui ci sono molti miei scritti che potete leggere che vi rimandano all’archetipo della Grande Madre, che è l’archetipo che governa gli italiani, per cui sono tutti alla ricerca della mamma e dell’utero materno (il posto fisso di Zalone) e io ho fatto spesse volte l’esempio, per illustrarlo, di quel meraviglioso film, “La leggenda del pianista sull’oceano” (dal romanzo di Alessandro Baricco). Il libro e il film ci parlano di un bambino che nasce su di un piroscafo, abbandonato dai genitori e adottato da tutto l’equipaggio della nave.

Lui non vuole mai scendere a terra, quando la nave, che fa la spola tra l’Europa e gli Stati Uniti, attracca da una parte o dall’altra dell’Oceano e tutti scendono a terra. Lui desidera restare a bordo perché considera quel guscio come un utero protettivo, in questo caso di ferro, di metallo, che lo protegge dal mondo e quando poi alla fine gli dicono “Adesso devi scendere perché dobbiamo far saltare la nave con la dinamite perché è diventata troppo vecchia”, il bambino, che nel frattempo è diventato un uomo, preferisce nascondersi nelle viscere di quella nave e morire insieme alla stessa, ma non uscire dall’utero. E anche quell’altro meraviglioso romanzo di Piero Chiara, che io ho amato e amo tantissimo, “La stanza del vescovo”, in cui il protagonista girava sulle acque del lago, Maggiore in questo caso, dove c’è la bellissima Luino, su di una barca, e usava la barca a vela come se fosse un’isola rovesciata, nel senso che lui stava al centro del lago, ma dentro la barca, e non voleva avvicinarsi alla costa che vedeva come le fauci spalancate di una belva che lo voleva divorare, quindi anche in lui era fortissimo l’archetipo, il mitologema, della Grande Madre. E quindi, sicuramente, sia Stefania che Paola, anche se con modalità differenti, vivono enormemente l’archetipo della Grande Madre che significa un bisogno di protezione, un bisogno di casa, di utero, anche di vita introspettiva e di, diciamo, di tutti quelli che sono i valori classici del Cancro. Poi c’è sicuramente anche una componente non minoritaria che potremmo definire autodistruttiva, di questi fortissimi valori Scorpione e, ancora, una quota forte di valori Leone che aspirano ad “apparire” e ad essere protagonisti. Si tratta di una quota più frivola di entrambe le sorelle, che, probabilmente, soprattutto a causa di ciò, commisero qualche leggerezza tipo il fotomontaggio per il quale numerose persone le vorrebbero all’ergastolo…

Sono state trascinate, si tenta di trascinarle, ma loro non c’entrano niente tant’è vero che cambiano le procure e loro non sono state mai indagate: se ci fosse stato solo uno straccio di indizio contro di loro, sarebbero state almeno indagate, ma i loro alibi funzionano perfettamente, quindi sono tutte balle e poi ci stanno quelli che in rete ricamano su tutto e c’è anche il tale personaggio pubblico che vive sugli scandali o quell’altro che dice, non so, che uno dei protagonisti della vicenda ha due peni e allora fa 150.000 visualizzazioni nei primi cinque minuti dopo che ha postato un video del genere… Vabbè, ma lo sappiamo già che non è con la cultura che si acquisiscono decine di migliaia di follower. Se si vogliono raggiungere cifre molto alte nell’audience, si fa come quella influencer di Napoli, adesso non ricordo il nome, ma famosissima perché riesce a trascinarsi dietro migliaia di persone a Roccaraso…

Lasciamo perdere questo lato pietoso della vicenda che poi è comune a tante altre vicende. Però, quello che io dicevo è che non ci sta da nessuna parte - oppure indicatemelo voi dove sia - l’elemento che ci fa vedere un assassino o una assassina in questi cieli natali: non voglio esagerare, un mezzo assassino, diciamo non a tempo pieno, ma uno che abbia una buona dose di volontà omicidiaria e poi la sua parte, invece, dottor Jekyll, gli fa fare l’avvocato o gli fa fare un altro tipo di lavoro come brava professionista e la fa vivere “normalmente” in società. In maniera sostanzialmente normale, tra virgolette, ognuno di noi può vivere la propria esistenza. Ma, insomma, qui non c’è proprio niente! Allora questo stellium esagerato nella quinta Casa che cosa può significare? Beh, può significare che magari hanno avuto molti amori, entrambe le sorelle, che alcuni di questi amori le hanno fatte soffrire tanto. Vedi il Marte, vedi il Nettuno e vedi l’Urano, tutti nella quinta Casa, che sono distruttori di storie, non produttori di storie come invece possono essere sia Venere che Giove e la Luna che sicuramente avranno dato loro anche tante gioie da questo punto di vista. Forse avranno collettato anche qualche aborto. Però tutto ciò non c’entra nulla con gli omicidi e con questo omicidio. Noi potremmo dire anche che non hanno voluto o saputo coltivare questa loro parte interiore che le avrebbe potuto far lavorare nel campo dello spettacolo. Ciò lo affermo senz’altro: si sarebbero potute occupare o si potrebbero occupare di spettacolo, di cinema, di televisione. Le vedrei parecchio indirizzate verso ciò, ma non vi è nulla di quanto tantissime persone vorrebbero scoprire in loro, niente di quello che noi troviamo, solitamente, quando individuiamo un assassino. Allora, a titolo di esempio, vi invito a sfogliare i due libri di quella che spero sarà una trilogia in futuro di “Delitti&Delitti”: sia in “Delitti&Delitti” che in “Delitti&Delitti II”, troverete le storie più cruente degli ultimi cento anni del versante crime della storia italiana, quindi leggerete delle cronache orribili del marchese Casati Stampa che uccise la moglie, l’amante di lei e poi si sparò e ci troverete anche la saponificatrice di Correggio che invitava le vicine di casa e poi le faceva diventare saponette o biscottini, biscottini al cioccolato da offrire alle altre amiche. Troverete di tutto e di più, però lì ci sono dei segnali, degli elementi da un punto di vista astrologico. E questi segnali sono universali, non sono necessariamente della mia scuola. La mia scuola la potete riconoscere soprattutto nella direzione dei “propositi attivi” per contrastare determinate influenze degli astri alla nascita e in “corso d’opera”. Ma non è che il sottoscritto vi possa cambiare l’origine, il mitologema, la simbologia di un Marte nella settima Casa. Perché Marte nella settima Casa è chiaro che può avere due direzioni e soltanto due: o di qualcuno che vuole fare del male agli altri o di qualcuno che ha una tendenza a subire la violenza degli altri. Ma c’è la settima di mezzo o l’undicesima, ma quando la settima è vuota, l’undicesima è vuota, non c’è, per dire, un aspetto di quelli “micidiali”, del tipo di un Marte che colpisce Venere… No, niente di tutto ciò e, quindi, voglio dire, già al livello di tema natale, io da parte mia, con la mia esperienza, con il mio sapere, vi posso assicurare che qui non c’è un’omicida in questo cielo. E quando dico “in questo cielo”, ciò riguarda sia Stefania che Paola. Se poi ci allarghiamo all’esame dinamico che prevede la visione specifica di quell’anno e di quel mese, incrociando le tre cose, quindi i simboli del Cielo Natale con i simboli della Rivoluzione Solare con i simboli della Rivoluzione Lunare, dove arriviamo? Da nessuna parte, perché indubbiamente la Rivoluzione Solare era molto pesante. 

Ovviamente, per entrambe, nell’anno dell’omicidio che, vi ricordo, ci fu il 13 agosto del 2007 che è anche il giorno del compleanno dell’avvocato Massimo Lovati, difensore del povero Andrea Sempio che per forza vogliono tirare in mezzo e lui non c’entra nulla. Allora noi troviamo una Rivoluzione Solare orribile, veramente orribile, con cinque astri tra la 12ª e la prima Casa: Sole, Venere e Marte in 12ª, poi troviamo Mercurio e Giove in prima, ma è come se fossero tutti e cinque o in 12º o in prima, perché divisi tra 12ª e prima valgono uguale. L’Ascendente è in quarta casa e c’è un Saturno strettissimo al Medio Cielo. Allora anche qui, osserviamo che questa non è la Rivoluzione Solare di qualcuno che uccide un’altra persona: è la Rivoluzione Solare di qualcuno a cui cambia la vita, in peggio, sotto molti aspetti, e che non c’entra nulla con un omicidio. Perché dico che cambia la vita in peggio? Perché non ci dimentichiamo che dal momento dell’omicidio, ora più ora meno, dai giorni successivi, qualcuno tra tantissime persone che frequentano il Bar Sport ha cominciato a indicare loro, ha detto quella lì non mi piace come guarda in televisione: ha abbassato lo sguardo oppure guarda un po’ verso destra e verso il basso. Non mi piace, ecco! La sua mimica facciale… ‘Secondo me, ha qualcosa da nascondere…’ e allora da lì è iniziata una persecuzione. E praticamente dura tutt’oggi, perché tutti vorrebbero far rientrare in quella stupidaggine che fecero e che, come ho detto poco fa, è dovuta ai fortissimi valori Leone, di voler apparire, e che produsse quell’innocente foto-montaggio, anche un po’ ingenuo, stupidino, ma le due sorelle non sono stupide, tutt’altro, sono molto intelligenti col Mercurio in Scorpione diretto dal severo Saturno. Da quel momento iniziò una persecuzione nei loro confronti che dura tutt’oggi e tutti quanti, poi, attingendo ad una mitologia parecchio produttiva che genera sogni a go-go e film a go-go nella mente malata di molte persone continuano a dire di loro di tutto e di più.  Però, poi, alla fine, le due sorelle non c’entrano nulla con l’omicidio.

Da quel maledetto giorno vengono perseguitate in continuazione, non possono neanche andare per la strada, devono stare attente anche a essere riconosciute perché la gente le indica alle altre persone per strada: è una persecuzione, né più né meno. E sicuramente la loro vita è peggiorata a seguito di quel brutale omicidio, certo non è migliorata. Se poi andiamo a vedere la loro Rivoluzione Lunare eretta per il 26 luglio del 2007 e che comprende ovviamente la data del 13 agosto, anche qui troviamo un cielo pesante perché ci sono tre astri in prima Casa. Come sapete già questa è una violazione grave delle 34 regole, violazione che significa un mese pessimo. Poi, addirittura, ci troviamo un Marte nella sesta Casa che è un’altra violazione severa delle stesse regole che ci indica un mese davvero bruttissimo, terribile. Troviamo anche un Sole in ottava che, è chiaro, descrive, insieme al Giove abbastanza vicino all’Ascendente, una popolarità che loro non cercavano e che giunge da un lutto, da un delitto. Ma cosa c’entrano dette posizioni con l’omicidio di cui dovremmo accusarle? Qualcuno dirà: già, ma quel Marte è congiunto al Discendente! Di cosa parliamo? In questo caso l’orario è esattissimo e, allora, non confondiamo la zona Gauquelin con le cuspidi! Se qualcuno confonde la zona Gauquelin con la cuspide, allora siamo proprio ai fondamentali e occorre che inizino a studiare l’ABC dell’astrologia per capire la differenza che c’è tra le zone Gauquelin e le cuspidi: sono due argomenti completamente diversi e quel Marte con la settima Casa non c’entra alcunché perché sta ben oltre i 2,5 gradi, a quasi 5 gradi di distanza dal Discendente! Tutto l’insieme è davvero cattivo (e come potrebbe essere diversamente? Provate a immaginare se vi giungesse la notizia che una vostra cugina stretta e giovane è appena stata massacrata), però non c’è niente, assolutamente niente, che possa far pensare ad un’azione da parte del soggetto - il soggetto lo ripeto, può essere sia Paola che Stefania - contro terze persone.

  

Nota: E, volutamente, non ho introdotto un altro campo larghissimo, quello dei rapporti psicologici tra i due gemelli, soprattutto nei primi anni di crescita, in cui una dinamica “fratello dominante/fratello più fragile” tende, poi, negli anni, a indirizzare fortemente i due verso posizioni anche apparentemente polari tra loro.


















Aggiornamento del 29/8/2025


Un “epico” viaggio a Nouméa, Nuova Caledonia.

Di A.P. un “vecchio” (ma ancora giovane) astrologo di questa scuola.

Consigliatissimo a Tutti, ma soprattutto a coloro che mi chiedono, non potendosi spostare fino a Helsinki, se possono scegliere l’opzione Abbiategrasso.





Giovedì 21 Agosto 2025:

Questo è il diciassettesimo racconto relativo alla prossima rivoluzione solare mirata e consecutiva, con destinazione Nouméa, in Nuova Caledonia. Il primo volo che prenderò decollerà dall'aeroporto di Bologna per Dubai, esattamente alle tre e mezzo del pomeriggio. Il trolley è pronto dalla sera prima, la documentazione è tutta a posto e ho tanto tempo a disposizione, quindi posso alzarmi con calma alle otto del mattino per arrivare all'aeroporto felsineo. Dopo aver fatto colazione con calma e ricontrollato tutto quanto, sono le nove e cinquanta del mattino, quando esco di casa per raggiungere la fermata dell’autobus 27, utile per raggiungere alla stazione centrale il numero 81, che mi porterà successivamente vicino all’aeroporto. Con questo metodo, risparmierò un bel po’ di soldi, evitando il Marconi Express, poco economico, oppure i taxi, che però delle volte possono disimpegnare di più del trenino. Alle dieci in punto arriva il mio autobus ed in venti minuti mi trovo alla stazione centrale. Siccome anche il numero 91 passa vicino all’aeroporto ed essendo arrivato prima del numero 81, opto per la prima soluzione, dato che partirò prima. Dopo meno di mezzora raggiungo la fermata Birra e da lì, in dieci minuti di cammino, agevolato dal fatto che oggi la giornata è fresca, raggiungo l’aeroporto. Siamo in tanti che scendiamo, per andare verso l’aeroporto, alla fine non sono soltanto io quello che la vede giusta, non si possono regalare tutti quei soldi per il Marconi Express, specialmente se si ha una famiglia a carico. Ultimamente anche le corse per gli autobus sono aumentate, una semplice costa 2,30 euro se acquisti il biglietto cartaceo, nel bus sono 2,5 euro. Bologna del resto sta diventando una città molto cara, i lavori per il tram la stanno sviscerando e dilaniando e ci si chiede se sia così fondamentale questo cantiere. So solo che quando arrivai qui nel 2008, la corsa di un bus costava soltanto un euro e questo prezzo è durato così fino a poco tempo fa, gli affitti, pur onerosi, non erano scandalosi come oggi e la viabilità adesso è andata a farsi benedire, con tutti questi cantieri. Sempre parlando di riduzione di spese inutili, tra l’altro mi ero preparato un panino con mortadella e pomodori del mio orto per il pranzo, insieme ad una bottiglietta di Cola, così cerco un posto tranquillo dove poter pranzare in santa pace, per mezzogiorno, evitando di farmi dissanguare in aeroporto, dove i costi sono a dir poco proibitivi. L’accettazione la faccio verso mezzogiorno e mezzo, ritiro dunque il biglietto che da Bologna, con la compagnia aerea Emirates, mi porterà a Dubai, ricevendo anche i biglietti per Brisbane e Nouméa, così non perderò ulteriore tempo. Ho anche il trolley come bagaglio a mano e ciò semplificherà ancor di più il mio tragitto, senza attese di bagagli. Per raggiungere il mio gate 17, faccio i soliti controlli di rito, notando che da quest’anno hanno cambiato un pochino le cose. Per prima cosa il trolley non viene aperto, come sempre devo depositare nella vaschetta tutto ciò che è metallico, passando poi per il metal detector, ma hanno cambiato proprio gli allestimenti e sembra di essere in una catena di montaggio. Inoltre il controllo del passaporto è più fluido, si fa tutto più velocemente e ciò devo dire che è positivo, constatando quindi che l’aeroporto di Bologna continua a modernizzarsi e diventa sempre più un riferimento essenziale per tantissime tratte internazionali. Le uniche pecche continuano ad essere quelle relative alle postazioni di attesa nei gates e alla penuria di prese elettriche per collegarsi con il computer, ma riesco come sempre a cavarmela anche in questo frangente, collegandomi con il mio computer alla rete internet aeroportuale e ad una presa di corrente trovata dopo tanta ricerca, per passare tranquillamente un po’ di tempo, prima dell’imbarco. Mi aspetterà un viaggio della durata di quasi sei ore, fino a Dubai, una delle maggiori città degli Emirati Arabi Uniti, con la compagnia locale degli Emirates, la quale primeggia per efficienza e non è la prima volta che la utilizzo, in quanto in precedenza feci questa stessa rotta, per andare poi ad Adelaide. Puntualmente ci imbarchiamo sull’aereo, un Airbus 350-900, mi accomodo al posto giusto ed attendo il decollo, previsto alle tre e mezzo circa. Purtroppo a Bologna comincia un vero e proprio diluvio, che non accenna a smettere, per cui, come mi immaginavo, dobbiamo attendere il termine della perturbazione, mentre nel frattempo ci offrono un succo d’arancia, per scusarsi. Tra una cosa e l’altra sono le cinque del pomeriggio, quando finalmente decolliamo verso Dubai. Fortunatamente nella mia fila non c’è nessuno, per cui posso accomodarmi come meglio credo e sfruttare anche i cuscini delle postazioni sgombre, per stare il più comodo possibile. Tutto procede al meglio, la quota si definisce in concomitanza con il sorvolo della Bosnia, quando voliamo stabili a 12.503 metri di altezza, con 958 km orari di velocità e una temperatura esterna di -56°. In tutto dobbiamo percorrere fino agli Emirati Arabi Uniti, ben 4812 km totali, mica poco, che corrispondono a quasi sei ore di volo. Durante il tragitto ho modo di ascoltare tanta musica, in special modo dischi completi dei Beatles, dei Doors e dei RHCP, senza contare che mi diverto anche con qualche gioco, come per esempio l’impiccato, la dama, uno sparatutto e guardo pure in versione inglese alcune puntate della serie tv di Sheldon, molto divertente. Arriva finalmente il momento della cena e scelgo dal menu un antipasto di pasta con peperoni arrosto, carote scottate e provolone. Come secondo mangio un ragù di manzo con fagioli al burro e spinaci, con polenta al vapore e taccole scottate. Finisco con una delizia al cioccolato con salsa al caramello ed un cioccolatino. Da bere prendo una lattina di Heineken e dell’acqua naturale. Onestamente il viaggio è perfetto, l’unico inconveniente è quello relativo alla temperatura un po’ troppo fresca, ma con una coperta in dotazione, si rimedia tranquillamente.

 

Venerdì 22 Agosto 2025:

Prima di atterrare, ci offrono un caffè caldo e da bere prendo un succo all’arancia, tanto per rinfrescarmi, infine arriva pure una coppetta con del gelato alla vaniglia. Finalmente, dopo quasi sei ore di volo, si atterra a Dubai, esattamente all’una meno dieci di notte, con l’ora che è avanti di due, rispetto all’orario italiano. Una volta scesi, la temperatura locale è veramente bollente, è come se ti sparassero addosso un phon, senza mai allontanarsi da te. Prendiamo il bus che ci porta sia all’uscita dell’aeroporto, piuttosto che all’ingresso verso altri gates. Dopo i soliti controlli di rito, finalmente raggiungo il mio gate, nel quale attenderò il volo di domani mattina per Brisbane, in Australia, che decollerà verso le dieci e mezzo del mattino. Devo assolutamente cercare un sito in cui poter accendere il mio computer, per passarci un po’ di tempo, considerando che la notte sarà lunga, dato che la passerò qui. La cosa positiva è che i posti a sedere sono comodi, rispetto a tanti aeroporti che ho visitato finora, per cui non mi preoccupo riguardo la comodità. Certamente mi viene da riflettere sul fatto che questa città, vista dall’aereo, sia veramente immensa, con un orizzonte di luci infinito, qualcosa di incredibile. Fortuna loro, hanno capito come investire per bene gli iniziali miliardi di dollari guadagnati dalla vendita del petrolio, dato che adesso questo emirato in particolare (sono in tutto sette gli emirati che compongono gli EAU) vive dal turismo e dal commercio. Per diventare questo luogo futuristico, hanno richiamato i migliori architetti e ingegneri di tutto il mondo occidentale, i quali sicuramente si sono sbizzarriti e divertiti per creare ciò che è adesso Dubai, ossia una meta immensa, ricca di grattacieli, divertimenti, movida, ricchissime persone che investono e che continuano a fare un mucchio di soldi. Non oso pensare in tutti questi cantieri, nel corso degli anni, quanti poveracci siano morti, nell’indifferenza più totale. Queste nazioni, fino pochi decenni fa, erano prive di tutta questa modernità, il territorio era deserto, gli abitanti erano nomadi e giravano con i cammelli; diciamo che se non fosse stato per gli interessi occidentali, ma anche per l’intelligenza dei figli di questi sceicchi ed emiri, avrebbero continuato a vivere in quel modo. Dunque è proprio vero che, da qualche generazione, gli abitanti degli Emirati, Qatar, Kuwait, Arabia Saudita, Oman e Bahrein, vivono una vita profondamente inimmaginabile per noi e anche per i loro avi più vicini, che sono stati comunque pionieri di tutto ciò, constatando le ricchezze su cui camminavano sopra e facendosi aiutare dagli occidentali per sfruttarle al meglio. E meno male che fanno pure girare un po’ di soldi, nel resto del mondo, questo dobbiamo ammetterlo, visto che da noi i nababbi non investono quasi su nulla ormai, per cui a modo loro determinano, con i propri investimenti, del benessere pure dalle nostre parti. Detto questo, è giunto il momento di riposare un pochino, considerando che la nottata non sarà semplice, ma trovo un posto a sedere degno di questo nome e riesco a disimpegnarmi, in qualche maniera. Alle cinque del mattino mi sveglio definitivamente, in bagno mi cambio l’intimo ed indosso una maglietta pulita, dovrò affrontare al meglio quasi quattordici ore di volo, fino a Brisbane, in Australia. Ho già con me il biglietto, attendo con pazienza che indichino il gate esatto, ossia il 14, per andare proprio lì ed attendere la chiamata per l’imbarco, visto che alle dieci e mezzo si decolla, sempre con un volo Emirates. Una volta confermato il gate, proseguo con i soliti canonici controlli delle autorità e mi preparo per l’imbarco. Questa volta il viaggio lo effettuerò a bordo di un 380-800 di due piani, in tutto percorreremo 11.991 chilometri fino a Brisbane. Fortunatamente, durante queste quattordici ore di volo, non ho nuovamente nessuno al mio fianco, per cui sfrutterò i due posti liberi per riposare, considerando anche che sono seduto alla finestra. Purtroppo la programmazione del decollo subisce un’interruzione di un’oretta circa, ma ne approfitto per scambiare due chiacchiere con una coppia di signori settantenni, originari di Terni, che vanno a trovare a Brisbane il figlio, il quale ormai vive da un ventennio in Australia, ha una compagna ed una figlia, svolgendo il mestiere di cuoco. Una volta decollati, dopo un po’ ci danno il documento governativo australiano da compilare ed il menu del viaggio. Siamo in cielo ad un’altezza di 11.887 metri, con una temperatura esterna di -50° e raggiungiamo la velocità massima di ben 1026 chilometri orari. Finalmente arriva il pranzo, mangio un’insalata con lattuga, peperoni, fagioli ed olio d’oliva, poi del pollo grigliato con polenta, broccoli e carote. Come dolce scelgo il mango con Milk cake e da bere una lattina di birra Heineken e dell’acqua naturale. Il cibo devo dire che è buono, siamo pur sempre a bordo di un aereo e disimpegna molto tutto ciò. Come sempre il tempo cerco di passarlo giocando, guardando qualche film e serie tv, proprio come durante il volo d’andata. Riposo anche in maniera soddisfacente, dato che posso sdraiarmi per bene, occupando i due posti di fianco al mio vuoti, senza che nessuno dell’equipaggio mi dica nulla. Ad un certo, punto, mentre sorvoliamo la parte meridionale dell’India, devo andare al bagno, perché non riesco più a trattenermi, proprio durante una tempesta che stiamo attraversando. Dato che in casi simili avevano detto che l’accesso ai servizi igienici non era consentito, insisto con uno steward, dicendogli che la seconda scelta sarebbe farla in un angolo dell’aereo e così mi apre il bagno, avvertendomi che se dovessi farmi del male, me ne assumo la responsabilità. Ma figuriamoci, non me lo lascio dire due volte ed entro velocemente, senza badare neppure all’avvertimento e facendo il mio servizio senza alcun problema. Durante i lunghi voli chiedo sempre qualcosa da mangiare extra e così c’è una hostess italiana che mi porta qualche cioccolatino o snack, da mangiare ogni tanto, la quale ha capito che sono goloso e dunque abbonda nel rifornimento, con mio sommo piacere. Richiedo pure del caffè o del thè, a seconda della voglia, anche perché mangiando il tempo scorre e faccio pure qualche camminata, per sgranchire meglio le gambe. Ci scappa pure qualche chiacchiera con la coppia ternana, in particolare con il signore, il quale mi racconta che conosce bene pure Tempio Pausania, la mia città di nascita, essendo andati a visitarla, durante un carnevale estivo di qualche anno fa.

 

Sabato 23 Agosto 2025:

Non so dopo quante ore, ma arriva da mangiare anche un panino con del pollo ed una salsa fatta di prezzemolo ed aglio, forte, ma buona. Sicuramente sabato è già cominciato, del resto il volo dura da parecchie ore ormai e con tutti questi fusi orari, ci si confonde. Delle volte mi sembra di essere un’infante in un asilo nido, perché con tanti altri passeggeri, compreso il signore ternano che ho contagiato, non facciamo altro che mangiare, bere, andare in bagno e dormire, oltre che giocare e chiacchierare, ma alternative non ce ne sono per ammazzare il tempo e questa tattica mi sembra la migliore in assoluto. Il tempo passa, un paio di ore prima dell’agognato atterraggio, arriva pure la colazione. Anche in questo caso è abbondante, nel menu c’è il pollo con spinaci, una salsa di pomodoro piccante, uova al tegamino e della frutta fresca di vario genere, tagliata a spicchi. Inoltre c’è dello yogurt con granella di frutta secca varia, un tocco di salsa di fragola, dell’acqua, un succo di arancio ed un caffè che prendo macchiato. Dopo quattordici ore di volo, mai fatte prima d’ora, finalmente alle sette del mattino si atterra a Brisbane, in Australia. Devo dire che il pilota ha recuperato una mezzoretta di tempo, considerando la partenza in ritardo, per cui meglio così. La cosa impressionante, durante l’ultima fase del volo, è stata avere visto una marea di laghi, terre coltivate, catene montuose ricche di boschi, oppure deserti, immensi territori che in Australia sfruttano davvero al meglio. Sceso a terra, nell’aeroporto di Brisbane, devo come sempre cercarmi il gate per il terzo ed ultimo volo dell’andata, che mi porterà in Nuova Caledonia. Nel frattempo ho molto tempo a disposizione, visto che partirò a mezzogiorno e mezzo, così mi soffermo nei punti in cui ci sono le prese elettriche, a cui collegare il computer. Purtroppo i miei due riduttori non vanno bene per l’Australia, a casa ho lasciato proprio quello che pensavo non servisse, ma non sarà un problema questo, in quanto in Nuova Caledonia le prese sono come quelle europee, per cui navigherò più tardi. In aeroporto ci sono un sacco di posti a sedere comodi, dove potersi sdraiare, così passo del tempo a riposare, cosa che non fa mai male. Verso mezzogiorno, nel gate 73 A, mi metto in fila per l’accettazione. Voleremo con la compagnia aerea Qantas Airways, la partenza è prevista per mezzogiorno e mezzo. Ho già con me il biglietto sin dalla partenza di Bologna, il viaggio va benissimo, mi trovo nelle postazioni centrali dell’aereo, dove si sta più larghi. Come sempre le hostess spiegano cosa fare in caso di emergenza e chiaramente, dove sono seduto io, ci sono le porte di salvataggio da aprire. La mia vicina di posto, prende troppo alla lettera la cosa e chiede di essere spostata, lasciandomi veramente divertito, perché non è mai successa una cosa del genere da quando viaggio. Detto questo, durante le due ore di volo, ci danno del riso con piselli, manzo e una salsa piccante, acqua, della birra e anche un kit-kat. Compilo anche la carta verde, necessaria ai governativi della Nuova Caledonia e finalmente si atterra. Il tempo è avanti di un’ora rispetto all’Australia e così sincronizzo il cellulare, siamo all’aeroporto di La Tontouta, il clima è gradevolissimo e, dopo i soliti controlli ed avere consegnato ai preposti la carta verde, raggiungo fuori dall’aeroporto la navetta, con cui avevo concordato dall’Italia il passaggio per Nouméa, capitale della Nuova Caledonia. Avendo acquistato anche il ritorno, mi metto in accordo con l’accettazione, per sapere a che ora verranno a prendermi nella casa in cui soggiornerò. Mi dicono che saranno da me per le otto e mezzo, saluto e salgo a bordo della navetta. Il viaggio dura circa tre quarti d’ora, di prima impressione la Nuova Caledonia è proprio un bel posto, tutto verde lussureggiante, la strada per Nouméa prosegue verso sud ed è trafficata il giusto, la manutenzione è ottima, ne approfitto pure per schiacciare un pisolino. Siamo in tutto sei i passeggeri ed il primo che deve scendere sono proprio io. Saluto tutti, vado davanti al cancello della villa, recupero il codice che mi ero scritto per aprire lo stesso e poi mi dirigo verso l’appartamento. Con un altro codice apro il portone della palazzina e raggiungo finalmente il primo piano, dove suono il campanello. Vengono ad aprirmi Bernard e la moglie, mi danno il mazzo delle chiavi dei vari portoni ed il telecomando del cancello, poi la moglie si ritira in camera e rimango con lui. Mi racconta che vivono qui da una ventina di anni, hanno origini francesi, della zona di Lourdes, sono qui perché si erano stancati della Francia e vivono letteralmente in un vero e proprio paradiso, lui è in pensione e dalle foto vedo che hanno due figli giovani. Anche se siamo in inverno, abbiamo una ventina di gradi, la vita è tranquilla ed hanno fatto veramente bene, a mio modesto giudizio, nello scegliere questo posto come luogo in cui vivere. Abitano circondati da altre villette, in una zona residenziale e collinare, con tanto verde lussureggiante, dalla terrazza si vede un panorama davvero bello, hanno fatto una scelta veramente ottimale. Mi mostra poi il resto dell’appartamento, tenuto bene ed ordinato, gli chiedo qualche dritta per girare in città e mi scrive degli appunti in un foglietto, rendendosi disponibile per altre richieste. L’unica vera e propria cosa che voglio fare ora, è collegarmi al computer, fare una bella doccia ed infine riposare, visto che con tutte queste ore di volo che ho addosso, sono abbastanza stremato, ma pensavo peggio. Così Bernard si congeda educatamente, lo saluto anche io cordialmente, per poi mettermi al computer ed infine fare una bella e rilassante doccia, cosa che ci voleva davvero. Domattina avrò tutto il tempo necessario per organizzarmi al meglio, ora è tempo di riposare in un letto comodo e devo considerare che è domenica e quindi non so se potrò cambiare i soldi che mi sono portato qui, essendo le banche chiuse, così come non ho idea se potrò acquistare i francobolli e le cartoline, per poi spedirle, mentre per il souvenir penso non ci siano problemi. Domani penserò a tutto ciò, ora sono le otto di sera e mi metto a letto, ne ho veramente bisogno.

 

Domenica 24 Agosto 2025:

Poco prima delle sei del mattino sono già in piedi, ho riposato discretamente e piano piano il sole si sta levando, illuminando tutto. Tutto è calmo, si sentono gli uccelli cinguettare ed il clima è perfetto. Oggi è domenica, dovrò organizzare al meglio la giornata, in quanto le banche sono chiuse e non posso cambiare i miei soldi, per cui questa operazione, insieme all’acquisto di francobolli, cartoline e spedizioni delle stesse, le rinvio a domani, che è lunedì. Con estrema calma e tranquillità passo del tempo al computer, facendo delle ricerche in rete sulla Nuova Caledonia, per capire meglio dove sono arrivato. Mi sembra giusto dunque fare una presentazione relativa a questo territorio d’oltremare, governato dai francesi. Le prime popolazioni che approdarono in questa terra, erano gli Austronesiani, i quali arrivarono circa 3.300 anni orsono. Si sviluppò una civiltà specifica e gli eredi di tutto ciò sono gli attuali Kanak. James Cook avvistò l’isola nel 1774, la chiamò così perché le sue verdi colline gli ricordavano la Scozia, anticamente chiamata Caledonia dai romani. Dunque inizialmente questo territorio è abitato da missionari britannici, ma nel 1853 diventa possedimento francese, grazie a degli accordi con i locali, per contrastare l’egemonia nell’oceano Pacifico dei britannici. Dal 1864 al 1897, la Nuova Caledonia divenne una colonia penale francese, destinazione per circa 22.000 prigionieri, inclusi criminali comuni, ma anche prigionieri politici come i comunardi della Comune di Parigi del 1871. Questa fase è tristemente nota per le condizioni disumane e per la significativa riduzione della popolazione Kanak, a causa delle malattie importate e delle espropriazioni di terre che alimentarono tensioni e rivolte. La più famosa fu la Rivolta Kanak del 1878, guidata dal gran capo Atai, dove i locali ebbero chiaramente la peggio. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Nuova Caledonia giocò un ruolo strategico per gli Alleati, in particolare per gli Stati Uniti, che la utilizzarono come base per le operazioni nel Pacifico, contro i nipponici ed il loro espansionismo. Nel dopoguerra, l'arcipelago divenne un Territorio d'Oltremare francese e, con l'abolizione del lavoro forzato, i Kanak acquisirono maggiori diritti, pur rimanendo una minoranza nella loro stessa terra a causa dell'immigrazione francese, arginando così le velleità indipendentiste locali. Negli anni ottanta, le tensioni tra i Kanak indipendentisti (sostenuti dal Fronte di Liberazione Nazionale Kanak e Socialista - FLNKS) e i lealisti francesi sfociarono in violenti scontri, culminati nella tragica presa d'ostaggi di Ouvéa del 1988. Questo portò agli Accordi di Matignon del 1988, che istituirono una transizione di 10 anni e garantirono lo sviluppo economico e sociale. Successivamente, l'accordo di Nouméa del 1998 ha segnato un passo decisivo, riconoscendo l'identità Kanak e stabilendo un piano per il trasferimento graduale di competenze dalla Francia al governo locale, con un massimo di tre referendum per l'indipendenza. I referendum del 2018, 2020 e 2021 hanno visto la vittoria del "no" all'indipendenza, mantenendo la Nuova Caledonia come parte della Francia, ma il dibattito sulla sua futura autodeterminazione rimane aperto. I francesi chiaramente hanno giocato sporco, grazie alla grossa popolazione di origine europea, che si autotutela i propri interessi economici. Lo scorso anno ci sono stati un insieme di disordini e proteste avvenute a partire dal 13 maggio 2024.  La causa principale è stata l'opposizione a una riforma costituzionale francese che ridefiniva le leggi elettorali locali, considerata svantaggiosa per il popolo Kanak.  A seguito delle proteste, il governo francese ha dichiarato lo stato di emergenza, imposto il coprifuoco e inviato forze armate. I disordini hanno causato 236 feriti tra i manifestanti, 64 tra le forze dell'ordine e la morte di 9 persone (2 gendarmi e 7 civili), oltre a più di 240 arresti. Attualmente sembra che la situazione sia più tranquilla, ma lo stesso Bernard mi ha avvisato del fatto che uscire durante la notte potrebbe essere problematico, giustamente non si sa mai nella vita, sono pur sempre un turista straniero. Dal punto di vista geografico invece, Grande Terre è l'isola principale della Nuova Caledonia, situata nel Mar dei Coralli. Ha una superficie di 16.372 km² ed è la 53ª isola più grande del mondo, praticamente la Sicilia è più grande del 40%, per capirsi. È attraversata da una catena montuosa, con il Mont Panié che raggiunge i 1.628 metri e l'isola ospita circa 268.000 residenti, buona parte di essi abita nel capoluogo qui a Nouméa. L’isola in linea d’aria è lunga circa 400 km e larga in media 50/60 km, attraversata da una lunga catena montuosa interna, inoltre la barriera corallina è molto sviluppata, si tratta della seconda più grande al mondo, dopo quella australiana. I principali gruppi etnici sono due: quello melanesiano e quello europeo, i cosiddetti caldoche. Bernard mi ha detto che potrebbero essere fino a cinquecento gli abitanti di origine italiana. Esistono altre minoranze tra cui quella polinesiana e quella indonesiana. La lingua ufficiale è il francese, le tradizioni della Nuova Caledonia si basano sulla cultura del popolo indigeno Kanak, con influenze francesi. In Nuova Caledonia esistono circa 28 lingue Kanak indigene e la vita sociale è centrata sui clan e sulla capanna principale (la grande case). Le cerimonie (le coutume) prevedono lo scambio di doni come l'igname, un tubero con un profondo significato culturale. L'artigianato è noto per le sculture in legno e le flèches faîtières, elementi decorativi per i tetti delle capanne. Il nichel è il pilastro dell'economia neocaledoniana e chiaramente la Francia non rinuncia all’isola, proprio per questa cosa. Tutto il processo produttivo del nichel costituisce il 90% dei ricavi da esportazione del territorio e rappresentano circa il 20% del suo PIL. Le entrate del nichel sono vitali per sostenere un tenore di vita elevato, comparabile a quello della Francia metropolitana, ma questo la rende molto vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi globali del nichel. Giustamente Parigi partecipa all’economia locale, con una parte significativa del bilancio del territorio, pari a oltre il 15% del PIL. Il turismo incide ancora in modo limitato, generando circa il 3% del PIL. L'isola attira visitatori con le sue spiagge, lagune e biodiversità, che arrivano soprattutto da Australia e Nuova Zelanda, ma ci si trova troppo isolati per avere degli standard ali. Agricoltura e pesca rendono poco riguardo il PIL, ma sono importanti per l'occupazione e la sussistenza della popolazione rurale. I principali prodotti caledoniani sono gamberi, tonno, igname, taro, caffè e vaniglia. Infine, la cucina della Nuova Caledonia è una fusione tra la tradizione melanesiana e la cucina francese.  Il piatto nazionale è il bougna, uno stufato a base di carne o pesce con tuberi (igname, taro), cotti con latte di cocco e avvolti in foglie di banano in un forno scavato nella terra. Oltre al bougna, l'alimentazione è ricca di pesce fresco e frutti di mare (come il granchio del cocco e gamberi) e vi sono i classici frutti tropicali.  Essendo una cucina influenzata dai francesi, chiaramente è radicata la presenza di baguette, formaggi, vino e pasticceria, che coesistono con i sapori esotici della cucina locale. Penso di essere stato molto esaustivo su questo paese, che continuerò ad approfondire in maniera più incisiva, durante questo soggiorno, anche perché è arrivato il momento di fare colazione. Manca poco alle otto del mattino, ieri Bernard mi parlava del bollitore e mi aveva fatto vedere dove trovare il caffè solubile, oppure il thè, dicendomi anche dove avrei trovato la ciotola. Organizzo tutto per il meglio, anche perché non è da tutti i giorni fare colazione in un terrazzo che si affaccia ad un panorama così bello. Metto subito dell’acqua nel bollitore e poi prendo la soluzione di caffè e cioccolato solubile, che utilizzerò. Trovo anche una confezione già avviata di muesli e quindi, una volta preparata la mia gran colazione di caffè e cioccolato bollente, ne metto un bel pochino dentro e mi avvio al terrazzo, dove mi godo colazione e panorama, contemplando questa stupenda vista. All’orizzonte si erge pure il Mont Paniè, tutto avvolto da un verde rigogliosissimo, una stupenda visione devo dire. Quando ho finito, intravedo la moglie di Bernard, la quale mi augura il buongiorno in italiano, per poi andare in bagno. Successivamente sto un po’ al computer e poi desidero affacciarmi in veranda, per godermi il sole, trovando Bernard che fa colazione. Ci facciamo una bella chiacchierata, mi racconta che lui è stato nell’esercito francese per ventisette anni a Tolone, con la moglie è venuto a vivere qui nel 2004 ed ha fatto l’insegnante di matematica, prima di andare in pensione. La moglie ancora insegna e lui ogni tanto fa lezioni private. Il costo della vita qui è abbastanza alto, ma riescono a cavarsela bene, la figlia maggiore lavora a Marsiglia e l’altra studia all’università di Tolone, la quale era qui fino a qualche settimana fa. Lo scorso anno sono stati a Roma per vedere il concerto dei Coldplay ed in generale ha una buona conoscenza dell’Italia, inoltre si vede che è una persona istruita. Peccato che non riesca a rispolverare il francese, lingua che mi piaceva molto, alla fine i nostri dialoghi sono in inglese, che lui parla correttamente. Tra l’altro parliamo un pochino di storia e gli spiego la differenza tra l’irredentismo di matrice corsa e quello sardo, secondo le mie conoscenze e ciò avviene perché aveva questa curiosità da tempo, trovandolo completamente d’accordo sul mio pensiero, ossia che di base, sia la Sardegna che la Corsica meritano di essere nazioni indipendenti, in quanto tali, ma chiaramente non vogliono rinunciare al possesso italiani e francesi, per ragioni sostanzialmente identiche. Essendo domenica, con la moglie vuole andare a mangiare in ristorante, ma si offre di accompagnarmi al mare oggi volentieri e francamente l’iniziativa parte da lui, perché non avevo ancora deciso come passare la giornata. Accetto volentieri e non potendo cambiare i miei soldi, essendo chiuse le banche, chiedo come potrei fare per i soldi da spendere, ma ci penserà lui a provvedere, cambiandomi cinquanta euro, così potrò comprarmi le cartoline, i francobolli, pranzare e pagarmi il taxi per tornare qui. Infine mi dice che usciremo alle dieci, giusto il tempo di cambiarsi e prepararsi all’uscita, per cui anche io mi preparo, mettendoci chiaramente molto di meno, per poi attendere serenamente. Devo dire che è stata un’offerta molto gentile, ci speravo in fondo che facendo conoscenza potessi avere un loro supporto e così è stato. Si parte un pochino più tardi, ma tanto non è un problema per me, non avendo fretta. Raggiungiamo sotto casa la macchina e cominciamo il viaggio, tranquillamente. La giornata è bella, ci saranno 23/24° ed il sole ogni tanto fa capolino. Durante il viaggio, Bernard continua a raccontarmi un po’ della sua carriera militare, dicendomi che è stato in Oceania, con la marina militare francese, in tutti i territori francesi presenti in questa zona del mondo, in particolare nella Polinesia francese, Wallis e Futuna, mentre in Europa è stato in vari posti, tra cui anche Napoli. Il turismo che arriva in Nuova Caledonia è prettamente australiano e neozelandese, per via della profonda lontananza con l’Europa, mentre riguardo i cinesi, ancora non sono arrivati economicamente e a livello di emigrazione, ma per lui la cosa non durerà in eterno e vede ciò come un problema. Si parla anche della politica attuale francese, di Macron si limita a dire che è un uomo delle banche, per cui ho già capito il suo pensiero, essendo anche un ex militare. Difatti, quando si parla del Front National e della famiglia Le Pen, mi fa un sorriso sardonico. E mi chiede lumi riguardo la politica attuale dell’Italia, in particolar modo della Meloni. Rispondo tranquillamente che ha fatto agli italiani promesse da marinaio e che personalmente, non avendola votata, non ho nulla da recriminare a tal proposito. Anche in questo caso mi fa un altro sorriso sardonico, è chiaramente in accordo con me. Il viaggio in auto finisce e facciamo una bella passeggiata, una volta arrivati vicino alla spiaggia chiamata Anse Vata, una delle più famose della città, cerchiamo un posto in cui acquistare almeno le cartoline, ma tutto è chiuso, essendo domenica, troviamo soltanto i ristoranti ed i bar aperti. Francamente non è un problema, se ne parlerà domattina, tanto più o meno la posta e la banca le ho viste passandoci davanti con la macchina, sarà facile fare tutto. Prima di andare via con la moglie per i fatti propri, Bernard mi cambia un po’ di soldi, così gli lascio cinquanta euro e mi ritrovo con seimila franchi CFP, ossia la moneta locale. Si raccomanda di dare al massimo mille franchi al tassista che mi accompagnerà a casa e mi dice di andare via così, visto che a piedi sono circa 9 km e la zona è collinare, dunque un po’ pesante da percorrere in questo modo. Di bus non ce ne sono, la domenica a quanto pare non si muovono, ma non soltanto loro. Ci si saluta quindi e la prima cosa che faccio è farmi il bagno al mare, lindo e pulito come quello sardo. Come abbigliamento ho già i box addosso, si sta benissimo in ciabatte, con il bel clima che c’è. Comunque l’acqua devo dire che è davvero fredda, tira un venticello che non mi è per nulla simpatico ed alla fine ci metto parecchio a buttarmi come si deve in acqua. Esco poco dopo, arrivando all’ombelico, perché non ce la faccio a resistere, del resto non prendo il premio se rimango con l’acqua fino al collo, la temperatura è abbastanza gelida e speravo che invece fosse più calda, ma pazienza, il bagno in parte me lo sono fatto lo stesso. In riva faccio due chiacchiere con una coppia, la quale ha con sé due bimbi piccoli. Lui è originario della Nuova Caledonia, lei invece proviene dalla Polinesia. Purtroppo lei non parla in inglese per nulla, lui lo capisce appena e quindi devo rispolverare il mio francese, fermo a circa venticinque anni fa. Eppure era una lingua che mi piaceva pure tanto, più dell’inglese, ma senza pratica, si perde la dimestichezza. Devo dire che riesco a farmi capire bene e soprattutto a comprendere le risposte della signora, visto che chiedo continuamente informazioni sulla sua terra, essendo molto incuriosito dal loro paese. Lei gentilmente mi spiega che in Polinesia francese non esiste l’inverno, è sempre estate, possono esserci cicloni ogni tanto, ma non sono così pericolosi e loro sono abituati a ciò. La vita è semplice e sono sempre sorridenti, positivi ed ottimisti, tempo fa è stata in Francia e non le è piaciuto nulla. L’ha trovata una nazione con gente sempre arrabbiata, che non saluta, tutto molto confuso politicamente e socialmente, se ne sta meglio nella sua terra natale; sembrava la descrizione dell’Italia, non c’è altro da aggiungere. La loro religione è cattolica, ma ci sono anche diversi testimoni di Geova tra i nativi, grazie a tanti missionari arrivati dalla Francia e dagli USA, però agiscono discretamente, non generano alcun problema. Le culture polinesiane e melanesiane sono derivate dalle antiche migrazioni dei popoli di lingua austronesiana, sebbene si siano evolute in strutture sociali e culturali differenti, ma tra loro hanno tante affinità e similitudini. In Polinesia mi spiega che ci sono tanti lavoratori specializzati francesi, come dottori, infermieri e militari, che fanno famiglia in loco con le donne del posto, mettendo su una mescolanza etnica che invece non si riscontra in Australia o Nuova Zelanda. Secondo lei questo è avvenuto perché i francesi sono sempre stati di manica larga, riguardo la mescolanza etnica, a differenza degli inglesi che invece ci tenevano ad una differenziazione pratica, considerando gli indigeni inferiori. C’è anche da dire che i Maori della Nuova Zelanda, molto bellicosi, non hanno mai voluto una comunanza etnica con gli occidentali, anzi, hanno fatto di tutto per cercare invano di mandarli via dalla loro terra. Durante la chiacchierata la signora mi offre pure un arancio ed un passato di frutta alla pera, molto buono e ringrazio con tutto il dovuto rispetto. Chiedo anche, a tal proposito, come sono organizzati per il cibo e mi spiega che tutto quello che non riescono a coltivare, arriva via mare dall’Australia o dalla Nuova Zelanda, raramente dalla Francia, ma allo stesso tempo hanno prezzi bassi e modici, non come in Nuova Caledonia, dove il costo della vita è legato all’estrazione del nichel. A tal proposito Bernard mi diceva che ora la situazione è un po’ critica, dato che nel mondo acquistano di più quello estratto in Indonesia e Filippine, dove chiaramente tutto ha costi inferiori. Tornando alla signora, mi congedo gentilmente, dato che devono cominciare a pranzare e non accetto di rimanere, perché è stata fin troppo gentile finora. Ci salutiamo e, prima di lasciarli, mi faccio scattare qualche foto in spiaggia, dato che c’ero. A questo punto ho voglia di prendere un caffè ed intorno può disimpegnarmi soltanto il Burger King. Francamente era meglio se avessi evitato, perché probabilmente è il peggior caffè che io abbia mai bevuto negli ultimi anni, un qualcosa di cattivo gusto, pessimo sotto ogni punto di vista. Con questo amaro in bocca, devo in qualche maniera dimenticare il tutto e così, decido di andare a visitare l’acquario cittadino. Non è grandissimo, sia chiaro, ma rappresenta per bene tutto ciò che si trova in Nuova Caledonia, a livello marino. A parte la moltitudine di pesci di ogni genere, vi sono poi un sacco di tipi di molluschi, invertebrati di ogni genere, inoltre nella vasca più grande ci sono anche dei piccoli squali ed un paio di tartarughe marine, ci sono anche pesci davvero buffi e di ogni colorazione possibile. Penso che in mezzora sia riuscito a vedere tutto, è stato un piacere farlo e non potevo evitare questa occasione, ne valeva la pena. Sulla via del ritorno, a questo punto, comincio ad avere fame, così trovo il locale che più stuzzica la mia curiosità e mi accomodo. C’è il piano bar, sono le due e mezzo, c’è una deejay e devo dire che ai tavoli sono presenti tante persone, anche con molti figli al seguito, dunque non solo comitive di giovani. Ecco, pure in Nuova Caledonia, come per esempio in Canada, vedo tante famiglie con bambini in giro. Secondo me questo non avviene perché oggi è domenica, ma hanno sicuramente una situazione migliore di quella nostra, considerando che fanno parte della Francia, dove la natalità è ben supportata dallo stato. Francamente, nascerei anche qui se potessi scegliere, perché ti accorgi di quanto invece l’Italia sia un paese inospitale per le coppie che generano figli e tutto ciò è una vergogna internazionale. Per pranzo prendo un bell’hamburger con pollo e patatine fritte, in mezzo c’è anche della cipolla e mi danno un sacco di salse di vario tipo. Da bere non prendo nulla, semplicemente perché mi portano una caraffa di acqua da un litro e mi basta e avanza. Se la prendono con comodo nel servirmi, ma ero già preparato a questa evenienza, in quanto avevo letto che in questo paese nella ristorazione hanno i loro tempi, fanno le cose con calma e senza fretta. Onestamente con tutto il tempo che ci hanno messo, ne valeva la pena attendere, in quanto l’hamburger era decisamente buono ed inoltre la deejay ha messo tanta musica interessante, mixando diversi successi rock in maniera direi egregia. Ora è tempo di tornare a casa, decido di incamminarmi e se necessario prenderò un taxi, altrimenti farò il percorso a piedi, la distanza non mi spaventa affatto, forse le salite mi daranno del filo da torcere, ma non ho alcuna fretta nel tornare a casa. Durante la prima parte del tragitto, piove abbastanza, ma poi ritorna per fortuna il sereno e quindi posso muovermi più agevolmente. Dopo aver ricevuto un paio di indicazioni, da parte di due coppie, per avere la certezza di percorrere la strada giusta, mi informo pure su quanti chilometri mi mancano per arrivare a casa e l’ultima ragazza che mi aiuta, dice che sono quattro circa, mica male. Secondo lei, essendo tutto in salita, sarebbe meglio cercare un taxi, ma le spiego che non ci sono problemi per me ed inoltre non ho cellulare per chiamarlo. Insiste e mi dice di aspettare, perché chiamerà un taxi per me e pagherà pure la corsa. Sono abbastanza stupito e lusingato per queste attenzioni, dunque non posso non rifiutare e ringrazio la ragazza. Lei è appartenente all’etnia locale, ossia ai Kanak, fisicamente abbastanza robusta e quindi non del mio genere, però apprezzo la sua gentilezza e non immaginavo arrivasse a tanto. Forse le ho fatto pena, indosso una maglietta, un costume da bagno e delle ciabatte, non ho un cellulare con internet e mi sono rimasti pochi soldi. Dopo un quarto d’ora arriva un tizio con i capelli rasta ed una signora al suo fianco, entrambi autoctoni. Deduco che sono tassisti imboscati, la ragazza gli paga la corsa, indicandogli per bene la via da raggiungere e così comincia la strada per il ritorno. Fanno un giro abbastanza strano, dalla mappa dovevano svoltare subito a sinistra e percorrere le colline, invece il tizio fa una strada praticamente opposta, percorrendo un’altra zona pianeggiante e solo dopo diverso tempo, raggiungiamo la strada giusta. Tra l’altro inizialmente mi porta in un’altra casa, purtroppo non parlano inglese e quindi ho difficoltà nel dirgli che doveva lasciarmi poco prima. La signora, che in teoria al suo fianco doveva fare da navigatrice, non ci capisce nulla, eppure l’indirizzo indicato era corretto e c’era poco da sbagliare. Quindi chiediamo aiuto ad un signore che stava lavando la macchina, il quale si trova vicino alla mia meta finale. Con lui grazie a Dio posso spiegarmi meglio ed alla fine chiaramente avevo ragione io, in quanto il tassista era andato troppo avanti, lasciandosi a destra la mia destinazione. Poco male, non mi arrabbio affatto e anzi, ci facciamo due risate, non è proprio il caso di litigare. Arrivo quindi al cancello, che trovo già aperto, li saluto con profonda educazione e rientro dunque a casa. Appena apro, percorrendo il corridoio al buio, capisco che si è un pochino allagato e difatti arriva acqua dal bagno. Bernard, che si sta facendo la doccia, non mi sente, ma sua moglie Veronique, che era in camera, sente il mio bussare alla porta e la informo della situazione. Mi ringrazia e successivamente con Bernard asciugano tutto il pantano che si era creato purtroppo. Io nel frattempo rientro in camera e, prima di andare a fare la doccia, mi assicuro che abbiano sistemato tutto e nel caso avessero bisogno, mi offrirò per dargli una mano. Alle sette e mezzo di sera vado in bagno, ho proprio bisogno di ristorarmi sotto il gettito dell’acqua della doccia, la giornata è stata interessante e come approccio iniziale con questa città, direi che non ci sono stati affatto problemi, anzi. Bernard e Veronique sono stati molto gentili e disponibili, inoltre mi ha colpito positivamente la gentilezza della ragazza che ha voluto pagarmi il taxi, senza contare che le persone sono molto cordiali, disponibili e pronte a dare indicazioni, non si tirano indietro per nulla, anzi. Sono le nove della sera, quando decido mangiare qualcosa, ma lo faccio perché chiaramente non va bene saltare i pasti, pur avendo pranzato abbastanza tardi. Mi faccio nuovamente una tazza con della cioccolata e caffè, insieme al muesli, proprio come stamattina, ma aggiungo un pacchetto di Oreo, trovato in dispensa. Onestamente non so se ho il permesso per prenderlo, non abbiamo parlato esplicitamente di cosa posso prendere in generale, mi ha detto solo del caffè solubile, ma francamente glielo dirò domattina, adesso non è ora di rompergli le palle, dato che sono in camera da letto a guardare la tv in santa pace.

 

Lunedì 25 Agosto 2025:

Stanotte è piovuto per diverse ore, ma quando mi sono alzato al mattino, verso le sei, per fortuna era tutto già finito. Le previsioni meteo sono positive, il vento dovrebbe calmarsi nelle prime ore della giornata, visto che ancora sbuffa moderatamente. Non ho voglia al momento di fare colazione, ci penserò più tardi, non ho fame e sono rilassatissimo. Oggi starò tutta la giornata fuori, voglio farmi un bel giro nella zona principale del paese ed inoltre ho qualche commissione da svolgere. Verso le sette e mezzo vado in cucina per prepararmi la colazione, anche perché Veronique e Bernard si sono svegliati e voglio raccontargli com’è andata ieri. Sono molto contenti che quella ragazza mi abbia dato una mano per tornare a casa e sono pure stupiti, Bernard poi ci tiene a dirmi che ieri, nella camminata fatta con loro, avevamo percorso quattro chilometri e per loro è stato abbastanza. Io gli rispondo che non ci ho neppure badato, in Italia siamo abituati a camminare tanto e difatti i turisti statunitensi fanno sempre dei video in rete, lamentandosi del fatto che bisogna percorrere tanti chilometri per girare nelle nostre città. A tal proposito mi raccontano pure che, lo scorso anno, dopo il concerto all’Olimpico dei Coldplay, per tornare in hotel hanno fatto otto chilometri di camminata, perché non c’erano mezzi pubblici e nel mentre gli italiani gli dicevano che tutto ciò era normale. Normale perché si è abituati ad una carenza di servizi pubblici a Roma, ma anche perché camminare è la quotidianità, a differenza appunto di tanti stranieri, soprattutto statunitensi, che per fare mezzo chilometro prendono la macchina. Durante la colazione, in cui mi bevo una bella tazza di caffè e cioccolato, dico a Bernard che ieri sera avevo preso una confezione di Oreo, per correttezza. Mi dice che ho fatto benissimo, quello che trovo è a mia disposizione e non devo farmi scrupoli. Veronique mi informa che deve uscire alle otto e mezzo con la macchina e dunque, se voglio un passaggio per andare in banca e alla posta, lei è disponibile. Chiaramente accetto volentieri e così ci si aggiorna, in quanto entrambi andiamo a prepararci per uscire. Puntuale come un orologio svizzero Veronique mi chiama e io non mi sono fatto trovare impreparato affatto, così partiamo subito. Durante il viaggio mi racconta che lei è nata nella Lorena, il padre era gendarme e per questo hanno viaggiato in lungo e in largo, andando a vivere a Guadalupe, in Togo e Tahiti, viaggiando dunque come Bernard. Arriviamo vicino alla banca e mi deve lasciare, perché deve andare dal dentista e poi in palestra, così ci salutiamo e ci diamo appuntamento per stasera. La giornata è migliorata, il vento si sta calmando ed il sole sta prevalendo sulle nuvole per fortuna. La prima cosa che faccio è cambiare i miei soldi in banca, dove l’operatrice, molto gentile e cortese, fa in fretta e furia. Chiedo indicazioni per raggiungere le poste ad una signora che gentilmente mi indica la strada. Una volta entrato nell’edificio, domando ad una ragazza se hanno i francobolli, ma mi dice che troverò tutto nel negozietto vicino, comprese le cartoline. Così mi servo dal signore del negozio e ne approfitto pure per acquistare il souvenir, ossia una tazzina con la mappa della Nuova Caledonia, dato che le classiche palline non ce l’aveva. Ho tutto con me, non mi resta che rientrare alle poste, dove compilo le cartoline con gli indirizzi, l’addetta vi applica il francobollo ed infine mi dice di non preoccuparmi, che ci penserà lei alla spedizione. Devo dire che la gente del posto è davvero cordiale e gentile, nel comunicare sto cercando di farlo in francese e piano piano riesco a spiegarmi bene, ci vuole solo un po’ di pratica, considerando che l’inglese non è alla portata di tutti. Le cose principali che mi premevano le ho portate a termine dunque, così non mi resta che farmi una bella girata mattutina nel centro cittadino. Chiaramente non ci sono palazzi storici o quanto altro, ma essendo tutto in pianura, è divertente girare. Faccio un giro nel porto turistico, dove sono attraccate tutte le imbarcazioni, considerando che siamo in inverno ancora e dunque la gente logicamente non va in mare, anche se non c’è affatto freddo. Mi faccio un giretto successivamente nella zona dello shopping, dove ci sono tanti negozietti che vendono di tutto, dall’abbigliamento all’elettronica, ai souvenir, senza mancare tutti i locali dove si può mangiare la qualunque. Raggiungo anche una chiesa protestante anglicana, abbastanza vecchia, ma purtroppo è chiusa e dunque non posso visitarla. C’è anche un bel parco, con del verde, panchine, statue e una fontana abbastanza imponente, nel centro del parco. In zona non posso fare a meno di notare tanti barboni, tutti dell’etnia Kanak sicuramente, dato che sono loro gli autoctoni dell’isola e negri. Sono innocui, stanno per la maggiore all’ombra, sotto agli alberi, oppure in panchina, mi danno il buongiorno e sorridono poveracci. In generale c’è l’abitudine a salutare da queste parti, anche se non ci si conosce. Così, mentre cammino, capita spesso che ricevo il buongiorno dalla gente, una cosa che effettivamente fa molto piacere. Riprende a piovere, non come stanotte, così entro in un bar ed attendo che si calmi la situazione, prendendomi un caffè. Non è schifoso come quello di ieri, ma francamente se la giocano, però lo mando giù lo stesso. Proseguo il mio cammino ed arrivo al quartiere cinese, dove hanno messo al suo ingresso, la classica pagoda con la scritta. Faccio due chiacchiere con tre signore testimoni di Geova, che proprio lì stanno provando a divulgare il loro credo. Mi confermano che in zona c’è stato qualche cinese e vietnamita, ma non è propriamente un quartiere cinese, però quella pagoda ha il suo effetto simpatico. Una delle signore ha il nonno originario di Torino, un’altra ancora ha la madre di origini meridionali, lei proviene da Marsiglia, l’altra signora è invece autoctona, Kanak dunque. Molto spesso i francesi del sud hanno parenti prossimi italiani, che soprattutto dal nord Italia si trasferirono in massa, per cercare fortuna, senza dimenticare che Nizza era savoiarda e dunque italiana, prima dell’unità. Mi soffermo sul parlare di religione e quanto altro, la loro comunità ha quasi tremila persone, non è affatto poco. Rimango ancora a parlare con loro una decina di minuti buoni ed alla fine mi congedo, salutandole cordialmente. Il mio cammino prosegue e raggiungo così la Cattedrale di San Giuseppe, che purtroppo come l’altra chiesa è chiusa. Non mi arrendo e vado a chiedere in un edificio vicino, legato alla curia, indicazioni. Mi riceve il sacrestano, che volentieri mi apre la Cattedrale, passando dal retro, per farmela visitare. Molto bella devo dire, lo stile è neogotico, l’arcata interna è grande, l’altare è semplice e carino, ci sono diverse statue dei santi e mobilia in legno, in vecchio stile direi. Sin da ieri ricordo che in strada avevo visto una chiesa e chiedo indicazioni per raggiungerla. Il sacrestano mi fa un disegnino in un foglio e me lo consegna, augurandomi una buona giornata. Saluto cordialmente e seguendo le istruzioni, intanto raggiungo il monumento ai caduti della prima e seconda guerra mondiale, situato di fronte alla scuola militare ed alla fine, dopo una decina di minuti di camminata, sono di fronte alla chiesa, dedicata a San Giovanni Battista. Anche questa è chiusa, ma non fa nulla, non si può avere sempre tutto nella vita. Non mancano pure qui i barboni, sdraiati sotto agli alberi, oppure di fianco alle auto parcheggiate, come una signora che quasi mi spaventa, visto che me la trovo sotto ai piedi, mentre cammino, perché infrattata di fianco ad una macchina. A momenti le cammino sopra poverina, mi scuso e lei mi sorride, ha capito che non volevo farle male, ma sarebbe meglio giacere da qualche altra parte secondo me. Torno indietro ora, si è fatto mezzogiorno e tutto questo camminare mi ha fatto venire l’appetito. Nel cosiddetto quartiere cinese trovo un localino carino, dove poter mangiare tranquillamente. Mi accomodo, ordino una coscia di pollo con verdure e patatine fritte, mi viene servita una brocca d’acqua da un litro e al posto del pane che è finito, ricevo del riso scondito in una ciotola. Francamente mi faccio una bella mangiata soddisfacente, il piatto è grande ed il cibo tanto, faccio pure fatica a finirmi tutto, la porzione è grandissima. Ma non pago, prendo pure un cornetto alla vaniglia, per finire in bellezza. Scambio due chiacchiere con il proprietario del locale, il quale mi dice di avere origini Bretoni e di vivere qui da una trentina di anni. Facciamo dunque due chiacchiere sulle sue origini etniche e si stupisce del fatto che conosca bene la storia della sua regione. I bretoni non sono altro che i discendenti dei britanni che scapparono lì dall’Inghilterra, quando arrivarono alla fine dell’impero romano, angli, sassoni e juti. Etnicamente sono legati ai gallesi, agli abitanti della Cornovaglia, agli irlandesi e ai Cantabri della Spagna. Pago il conto e mi fa pure uno sconto, dicendomi che è perché sono stato bravo in storia, lo saluto cordialmente, ringraziandolo, proseguendo il mio cammino, pieno come un otre, ma ne valeva la pena. Il tempo fugge, sono quasi le due e per digerire mi faccio una bella camminata. Credo che manchino almeno quattro chilometri per tornare a casa, il caldo è aumentato e sinceramente la strada sarà tutta in salita, per cui cerco un taxi per rientrare. Chiedendo indicazioni su dove trovarlo, incontro una ragazza locale, alla quale le chiedo dove poter trovare i taxi. Non solo lo chiama con il suo cellulare, ma decide di volermelo pagare. Io non ne capisco il motivo, lei risponde che non ci sono problemi e dunque ancora una volta, non mi resta che accettare. Andiamo a prelevare in un bancomat i soldi necessari e nel frattempo le racconto del mio viaggio e dell’Italia. Mi dice che suo nonno materno ha origini corse, il cognome è Tortu, incredibile! Le rispondo che è un cognome molto diffuso nella mia zona, il nord della Sardegna, che è stato letteralmente colonizzato dai Corsi secoli fa e dunque anche io ho sangue sardo-corso. Mi racconta che lui arrivò qui dopo la seconda guerra mondiale, faceva il camionista e, come tutti i Corsi, aveva un carattere forte e duro, ma gli volevano bene. A proposito di ciò, anche Bernard mi ha confermato il solito carattere bellicoso dei Corsi, raccontandomi l’altro giorno che sono persone tignose e poco inclini al sorriso, cosa ben risaputa dunque presso i francesi, che li conoscono molto bene. La ragazza mi mostra la foto di lui con la nonna, che era originaria del posto proprio come lei. Gli chiedo come sta e mi dice che è morto lo scorso anno, le faccio le condoglianze ed alla fine arriva il taxi. Le dico di non pagare, ma non se ne parla e consegna al tassista cinquemila franchi locali, che sono pure una somma superiore al costo della corsa. Il tassista li prende, nonostante lo invitassi a non farlo e dunque mi arrendo, salutandola calorosamente e rimanendo basito per questo suo gesto, che a questo punto comincia a non essere insolito qua in Nuova Caledonia, visto il precedente di ieri. Il ritorno in auto dura una decina di minuti, la corsa è costata mille franchi e quindi mi prendo tutto il resto, meglio così francamente a questo punto, ci ho pure guadagnato. A casa arrivo per le tre del pomeriggio, la giornata è andata proprio come speravo, anzi, c’è stato questo ultimo episodio davvero singolare, inaspettato e positivo. Appena apro la porta trovo Veronique, scambio con lei due parole formali ed entro in camera, dove mi rilasserò un po’ al computer finalmente. Dopo mi faccio un pisolino e mi alzo intorno alle sei e mezzo del pomeriggio. Sono ancora super sazio per il pranzo di stamattina e non ho affatto voglia di mangiare. Mi faccio una rilassante doccia, come si deve, per poi rimettermi al computer e navigare in rete, anche se la connessione vacilla un pochetto purtroppo. Vado a cercare Bernard, ma bussando alla porta della camera non risponde nessuno, per cui presumo siano usciti. Poco male, attendo tranquillamente, ma è solo questione di qualche minuto, in quanto rincasano. Attendo cinque minuti, per non essere troppo indiscreto, per poi avvisarli e Bernard resetta il modem, così la connessione torna tranquillamente. Sono ormai passate le otto di sera, di mangiare non se ne parla neppure, mi limito ad andare in cucina per prendermi un bel bicchiere di acqua fresca. Alla fine, tra una cosa e l’altra, sono le dieci di sera quando decido di mettermi a letto. Domani sarà il giorno del mio compleanno, ho già intenzione di fare un salto al museo della seconda guerra mondiale e al museo de la Ville, i quali si trovano vicino al principale parco cittadino, già visitato stamattina. Inoltre, essendo il mio compleanno, voglio andare a mangiare in qualche ristorante vicino alla spiaggia dell’altro giorno, per mangiare il piatto nazionale, ossia il bougna. Ci sarebbe infine da considerare se andare o meno al centro culturale Jean Marie Tjibadu, progettato dall’italiano Renzo Piano e mi mancano ancora un paio di chiese importanti della città. Vedremo, perché guardando la mappa, è abbastanza lontano dal centro cittadino. Sono le undici di sera, quando vado a letto, domani mi attende una giornata interessante e spero di riuscire a finalizzare

 

Martedì 26 Agosto 2025:

Alle sei e mezzo del mattino sono già in piedi, il sole brilla ed è tornato il vento, che spero si plachi quanto prima, visto che mi infastidisce abbastanza. Per la colazione, attendo il risveglio di Bernard e Veronique, così chiederò loro consigli sul mio piano di visite odierno. Li anticipo un pochino, prendendo il caffè e cioccolato con dei biscotti al cioccolato. Gli racconto com’è andato il giro di ieri e poi chiedo loro cosa pensano riguardo il giro che sto organizzando. Mi dicono che va bene, è un ottimo piano, l’unica cosa che forse non riuscirò a fare, è mangiare il bougna in ristorante, perché richiede una preparazione lunga e solitamente si può mangiare nelle zone rurali, su ordinazione, essendo un piatto tipico locale e non tanto da ristorazione, però tentar non nuoce, magari in qualche ristorante sulla spiaggia ce l’hanno già pronto. Bernard non può accompagnarmi in centro, in quanto attende a casa l’idraulico, che deve riparare il problema dell’altro giorno, mentre invece Veronique va a lavorare. Mi consigliano quindi di prendere il bus, sanno solo dov’è la fermata, ma gli orari non li conoscono e non sanno se posso acquistare a bordo del mezzo il biglietto. Sono circa le otto del mattino quando comincio a prepararmi per uscire, speriamo di raggiungere tutti i propositi della giornata, che mi sono annotato in un foglio. Appena uscito di casa, vado alla fermata del bus che mi era stata indicata, ma francamente non ho tanta voglia di attendere e poi non sono affatto sicuro che passi. Chiedo ad un passante informazioni e difatti mi dice che, per andare al centro cittadino, devo andare più avanti in un’altra fermata. Proseguo dunque e ad un certo punto vedo una macchina con una ragazza, una signora ed un signore seduti dietro. Gli chiedo se sto percorrendo la strada giusta per raggiungere la prima fermata utile del bus verso la città, la signora mi dice che è un’istruttrice di scuola guida e la ragazza sta facendo la guida, mentre il signore dietro riceve un passaggio. E così mi dice che tanto stanno andando anche loro in città e mi invita a salire. In questa situazione cerco di parlare soltanto in francese e me la cavo bene, a detta della signora. Mi racconta che vive qui da oltre un ventennio, è originaria di un paesino vicino al Monte Bianco e fa appunto l’istruttrice di scuola guida. La ragazza devo dire che guida molto bene, in un quarto d’ora siamo vicino al museo che avevo loro indicato, ci si saluta e dunque mi avvio allo stesso. Aspetto fuori che arrivino le nove del mattino, orario in cui una ragazza mi apre la porta e mi fa accomodare. La visita dura una mezzoretta abbondante, vi sono cimeli dei soldati della seconda guerra mondiale, durante la quale, la Nuova Caledonia, che era anche allora sotto il controllo francese, decide di non accettare la decisione di Pétain, ossia arrendersi ai tedeschi, ma si unisce all’esercito francese libero, guidato da Charles De Gaulle. Difatti subito sbarcano in loco migliaia di soldati neozelandesi, australiani ed infine statunitensi, per evitare che l’impero nipponico attacchi pure questo territorio, come già aveva fatto nel resto del pacifico. La cosa brutta è che in questo contesto, i nativi non avevano neppure diritto di voto ed i cittadini di origine giapponese, arrivati per lavorare nelle miniere di nichel, dal 1892, vengono deportati in massa nei campi di concentramento allestiti in Australia. Si organizza pure una chiamata alle armi e si spediscono molti neo caledoniani al fronte europeo e africano, al fianco di inglesi e statunitensi. Il bilancio totale sarà di 72 caduti, a fronte di ben 381 caduti durante la prima guerra mondiale. Devo dire che il museo è ben organizzato, si usa anche la lingua inglese, ma cercando di prendere dimestichezza anche con il francese, non ho difficoltà a capire tutto quello che è accaduto in questa terra, durante quegli anni così difficili. Una volta finito il giro, proseguo la mia strada e questa volta vado al museo de la Ville, dove si mostrano cimeli della prima guerra mondiale e in generale del periodo coloniale francese. L’edificio è fatto in stile tardo ottocentesco, vi sono anche tanti mobili ed elettrodomestici dell’epoca, senza contare un sacco di foto e varie spiegazioni. Fuori c’è anche un giardino botanico interessante e in tutto ci metto anche qui una mezzoretta, per terminare il giro. Adesso la mia prossima meta è Notre Dame du Pacifique, che si trova in collina, a quasi tre chilometri di distanza da dove mi trovo adesso. Chiedo indicazioni ad un ragazzo, il quale mi chiede se sono italiano. Alla mia risposta affermativa, mi si rivolge parlandomi in italiano e mi spiega che conosce la mia lingua, in quanto è sposato con una donna umbra e qui ha vissuto per circa un anno. Fantastico dico, perché così il problema della comunicazione è totalmente azzerato. Mi racconta di essere nato in Australia, il padre è francese, di Cannes, convertitosi all’islam, la madre è australiana, con antenati francesi. In tutto sono otto figli, lui è l’ultimo, ha trentaquattro anni ed è nato qui, a differenza degli altri, che sono nati a Goa, in India. Da qui dunque la famiglia si è spostata a Sidney, dove è nato, finendo poi in Nuova Caledonia. Si è conosciuto con la ragazza italiana, in quanto il padre umbro e la madre statunitense, erano soliti frequentare pure loro Goa. Dunque, dopo un anno vissuto in Italia, con la moglie arrivano qui, hanno in totale tre figli ed oggi la piccina compie tre anni, per cui i regalini della busta li ha acquistati per il suo compleanno. Decide di offrirmi una birra e mi racconta che qui ha provato ad aprire un’attività, ossia un ristorante, facendo arrivare pure un cuoco dalla Sicilia, conosciuto appunto in Italia. Da noi si è trovato male, le paghe sono basse e giustamente non aveva motivo per continuare a rimanere, nonostante l’Italia sia un paese dove si mangia molto bene. Ma anche qui gli affari non sono andati per il meglio, soprattutto dallo scorso anno, quando sono scoppiate le rivolte antifrancesi e quindi ha perso tanta clientela. Adesso ha chiuso da poco tempo, campa producendo barattoli di cibo che consegna a domicilio, la moglie è a casa e mi dice che sta meglio così, in quanto da imprenditore stava vivendo male e non se la sentiva di proseguire. Mi racconta che qui la vita è molto cara, le miniere di nichel le stanno chiudendo e sono molto inquinanti, tanti negozi e ristoranti hanno fatto la sua fine ed infine mi racconta che i nativi sono veramente dei disgraziati. Questo perché gli chiedo come mai tanti di loro fossero in giro a vagabondare e lui mi spiega in sintesi che arrivano tutti dalle zone rurali, hanno anche tante proprietà terriere, potrebbero vivere da nababbi nei loro villaggi, anche perché ricevono sussidi statali, ma arrivano in città per tentare l’impossibile, essendo anche senza alcuna specializzazione, per cui finiscono in strada. Nei loro villaggi vivrebbero con ottimo cibo e serenamente, prendendo soldi senza fare nulla, inoltre mi dice che bevono tanto e lì poi fa una battuta, perché pure lui si autodefinisce un alcolizzato. Gli chiedo come mai, come me, a fronte di un costo della vita alto, non si sia fatto un orto, per minimizzare il costo della vita, dato che mi racconta che il pomodoro arriva a nove euro al chilo al supermercato. Mi risponde che ci ha provato, ma da queste parti, pur essendoci un clima gradevole, certe piante si ammalano facilmente e non è affatto facile coltivarle e curarle, come faceva per esempio in Umbria, dove aveva un orto a disposizione. Mi è molto simpatico, ha una padronanza dell’italiano davvero interessante, ha molte cose da raccontare, mi spiega che lui non è musulmano e neppure circonciso, è una questione personale solo del padre, la madre difatti inizialmente si era convertita, ma poi ha lasciato perdere. Si offre poi per accompagnarmi a Notre Dame du Pacifique e così ci mettiamo in auto. Nel mentre mi fa morire dal ridere, perché risponde alla moglie che lo assilla, ma anche ad un amico che protesta in quanto non si è presentato ancora all’appuntamento, ma questi era alle undici e ancora sono le dieci e mezzo del mattino, per cui non può farci nulla se questo qui si è presentato anzitempo. Mi fa morire dalle risate, gli dico che dovrebbe scrivere un libro sulla sua vita, è troppo simpatico. Purtroppo non individua bene il posto e, siccome il tempo passa, mi lascia nei pressi di un parcheggio, con accesso allo zoo. Ci salutiamo calorosamente, lo ringrazio tanto e lì trovo un signore, a cui chiedo informazioni sulla chiesa. Mi dice che si trova a due minuti di auto e si offre per accompagnarmi, così accetto ed arriviamo praticamente subito. Alla fine non si tratta di una chiesa, è un santuario molto carino, che domina la collina, dove ci sono tutte le stazioni della passione di Gesù ed un bel giardino intorno alla struttura, rigorosamente chiusa. Il signore di prima è fermo in un’altra macchina con una ragazza, che presumo sia la fidanzata. Gli chiedo quanto tempo ci vorrà per raggiungere la chiesa del cuore immacolato di Maria, altra tappa odierna. Mi dice che in macchina ci vorranno dieci minuti, di autobus non ce ne sono e così si offre di nuovo per accompagnarmi lì. Erano a bordo dell’auto della ragazza e mi invitano a salire in quella di lui, come all’andata. Sono in pausa pranzo, lavorano nello zoo e non si fanno scrupoli per aiutarmi, sono molto simpatici e giochiamo al solito discorso sui luoghi comuni italiani, ossia pizza, spaghetti, mandolino, Napoli e via discorrendo. Ci sto al gioco, che mi frega, non c’è da offendersi e lui è simpatico. Arrivati alla chiesa ci si congeda e li ringrazio calorosamente, perché mi hanno fatto risparmiare una bella camminata, sotto al sole e con un vento veramente antipatico. La chiesa è aperta, è una struttura di fine ottocento, ben mantenuta e carina. Anche qui il panorama è veramente interessante, ma non come dal santuario. Mentre stavamo arrivando, avevo notato un edificio bianco sulla cima della collina più alta della zona. Mi dicono che si tratta della moschea, non pensavo avessero tanti musulmani pure qui, difatti mi dicono che sono pochi, però hanno tirato su questo edificio, essendo che hanno tanto denaro, ricavato probabilmente da offerte saudite o qatarine, nazioni che si divertono a finanziare in tutto il mondo comunità musulmane. Se avessi avuto modo, francamente, sarei pure andato, ma in questo frangente non mi sembra il caso, la distanza è proibitiva ed alla fine l’interesse è relativo. Dopo questa visita, procedo verso giù, in direzione del lungomare, in una zona in cui non ero mai stato prima. Il vento spira in maniera fastidiosa, non è neppure pensabile farsi un bagno in queste condizioni, la cosa positiva è che camminando non si suda affatto. Cammin facendo sono arrivato di nuovo al quartiere cinese, dove trovo a questo giro i soliti testimoni di Geova, ma sono diversi da quelli di ieri. Contando sul loro buonsenso, chiedo dove posso trovare un ristorante in cui mangiare questo famoso cibo locale, ossia il bougna. Anche loro mi confermano che è più facile trovarlo nelle zone rurali rispetto alla città, perché è un qualcosa che va preparato dal giorno prima. Mi consigliano un ristorante che dista da qui una ventina di minuti a piedi, non tanto francamente. Li saluto e gli auguro una buona giornata, così proseguo il mio cammino, avendo avuto l’indicazione, facile francamente. Per avere certezza del mio cammino, chiedo conferma ad un signore che incontro nel marciapiede, ma questi non solo conferma la mia direzione, ma si offre di accompagnarmi in macchina proprio fino al ristorante. Accetto volentieri, alla fine mi risparmio una bella camminata, perché la meta finale era più in là di quanto pensassi. Saluto questo signore gentilmente e scendo dalla macchina, pronto per entrare nel ristorante tanto agognato. Ormai è l’una, ho una fame da lupi, chiedo al cameriere un piatto unico, ma che possa saziarmi per bene, visto che ho voglia di mangiare bene. Mi consiglia di prendere il Chaomen, anche perché il Bougna non lo fanno, essendo oggi martedì. Accetto il suo consiglio e mi accomodo, ricevendo con cortesia una bottiglia di acqua fresca. Il piatto che mi porta è gigantesco, penso pure che forse non riuscirò a finirlo tutto, perché sarà una vera e propria fatica. Ci sono gamberetti, cozze, spaghetti di grano saltati in padella, tonno, calamari, carote, cavolo verde e bianco, insomma c’è da leccarsi i baffi, senza contare la salsa a base di soia ed un altro paio a parte, come il pane, in cui inzuppare il cibo. Mangio di buona lena e piano piano me lo finisco tutto, ma non è stata un’impresa facile, anzi. Per finire, dopo una ventina di minuti, mi prendo un caffè lungo, che chiaramente fa abbastanza pietà, ma non si può pretendere di meglio qui. Faccio due chiacchiere con il cameriere, Nicolas, il quale mi racconta che studia medicina e allo stesso tempo lavora, la madre è vietnamita, scappata da giovane durante la guerra e mai più tornata, mentre il padre è francese. Gli dico che ho intenzione di chiudere la mia ultima giornata a Nouméa, andando a visitare il centro culturale Jean Marie Tjibadu, progettato come detto prima da Renzo Piano. Mi chiede se ho fretta, perché si offrirebbe di accompagnarmi con la sua macchina e manca una mezzora per finire il lavoro. Gli dico che attendo volentieri, così finito il turno, ci dirigiamo alla sua macchina, assieme ad una collega, partendo dunque verso il centro culturale. Prima accompagniamo la ragazza a casa sua, poi parlando, essendoci fuori dal ristorante delle persone con le bandiere della Nuova Caledonia, gli chiedo cosa pensasse di tutto ciò. Mi racconta che di base questa gente ha ragione da vendere, perché i francesi li trattano come se fossimo ancora nel periodo colonialista e le origini delle proteste arrivano dal fatto che Macron voleva dare il diritto di voto ai cittadini residenti da soli dieci anni, a cui non interessa nulla del destino dell’isola, ma tutto ciò serve per mantenere politicamente lo status quo parigino. Chiaro che il problema principale di questo partito indipendentista e la mancanza di preparazione politica, perché sono poco organizzati, dunque probabilmente la Francia continuerà il suo controllo, pur dando ancora ampia autonomia ai locali. Anche lui, come il ragazzo incontrato stamattina, mi conferma che i nativi vengono in città per finire in strada, non capendo che vivere invece nelle zone rurali sarebbe molto migliore. Inoltre si ha ancora bisogno di lavoratori specializzati che provengono dalla Francia, per cui tutta la situazione è ingarbugliata. Lui stesso vuole andare in Francia per specializzarsi, ma tornare poi qui giustamente, visto che in Europa sa come si vive male e non è il caso, avendo anche una ragazza in loco, ossia la figlia della proprietaria del ristorante in cui attualmente lavoro. Sono le tre del pomeriggio quando arriviamo al centro culturale, ci riceve una donna molto gentile, a cui chiediamo se può darmi una mano nel chiamare il taxi, alla fine della visita. Anche lei si offre di accompagnarmi, dicendomi che finirà il turno alle quattro e di farmi trovare qui, appena avrò finito il giro. Ringrazio Nicolas calorosamente, è stato davvero buono e rimango in accordo con la signora per rivederci dopo. Il Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou è un'opera architettonica di fama mondiale, progettata dal celebre architetto italiano Renzo Piano. Nato nel 1998, il centro è stato costruito per onorare la memoria di Jean-Marie Tjibaou, il leader politico Kanak assassinato nel 1989. Il progetto ha rappresentato un simbolo di pace e di riconciliazione tra gli abitanti della Nuova Caledonia, dopo anni di tensioni. Il design della struttura è la sua caratteristica più distintiva e significativa. Piano ha creato una serie di dieci "capanne" in legno di iroko, che richiamano le forme delle capanne tradizionali Kanak. La loro struttura simboleggia un ponte tra il passato e il futuro, ossia tra le tradizioni locali e l'innovazione tecnologica occidentale. L'intera opera è pensata per integrarsi perfettamente con l'ambiente naturale, celebrando il legame profondo tra il popolo Kanak e la terra. Lo scopo del centro è quello di preservare, promuovere e valorizzare la cultura, le arti e le tradizioni del popolo Kanak, fungendo da luogo vivo di esposizione, educazione e scambio culturale per tutta la comunità e per i visitatori internazionali. Vi sono state erette dieci grandi strutture a guscio, realizzate in legno di iroko, a forma di capanne, simili a quelle Kanak. Le pareti sono rivestite con pannelli di alluminio e vetro, creando un contrasto tra il calore del legno e la modernità dei materiali, e permettendo alla luce naturale di filtrare all'interno. Le capanne sono progettate per sfruttare la ventilazione naturale, in quanto l'aria calda sale e viene espulsa attraverso le aperture in cima, mentre l'aria più fresca proveniente dal lato della laguna viene convogliata verso l'interno, creando un sistema di ventilazione passiva che rinfresca gli spazi senza bisogno di aria condizionata. Le capanne sono collegate tra loro da un lungo percorso coperto, che si snoda tra giardini e sentieri, vi sono all’interno esposte delle sculture ispirate dalla tradizione dei nativi, dei totem, la biblioteca e l'auditorium. Renzo Piano, per realizzare questa opera ha studiato attentamente la tradizione delle popolazioni locali. Il Centro culturale è diviso in tre sezioni: la prima, quella espositiva, è dedicata alla cultura e alla storia locale, con opere di artisti maori, papuani e Kanak. La seconda parte ospita gli uffici, l'auditorium e la biblioteca; infine la terza sezione ospita le attività ricreative del centro, come corsi di danza e musica, pittura e scultura, oltre ad una scuola dell'infanzia. Proprio mentre sto visitando il centro, alle 15:21 scatta la mia rivoluzione solare mirata, che mi auguro possa darmi tante cose buone e positive. Alla fine sono le quattro del pomeriggio, quando finisco la visita e comincia a piovere. Mi incontro con la signora di prima, la quale mi dice di salire a bordo della macchina del marito, venuto a prenderla. Per prima cosa mi chiede se ho altri impegni, visto che devono andare in città a prendere la nipote che esce da scuola. Rispondo che sono liberissimo, per cui non ci sono problemi. Ci mettiamo una mezzoretta, per via del traffico, a raggiungere la scuola, così nel mentre facciamo un sacco di chiacchiere. Luisa, questo è il suo nome, lavora nel centro da una ventina di anni abbondanti, ha origini Kanak e ogni due settimane torna nel suo villaggio natale, mentre il marito dell’isola di Lifou. Tra l’altro il nonno del marito ha origini corse, tanto per cambiare. A riguardo Luisa mi dice che si tratta di un popolo molto duro e bellicoso, il marito conferma la cosa, dicendo che il nonno era un tipo abbastanza particolare, ridendo. Tornado al discorso precedente, Luisa mi dice che, appena andrà in pensione, tornerà lì a vivere, dove ancora c’è la mamma ottantasettenne ed il resto della famiglia. Arriviamo alla scuola, prendiamo la ragazza, presumo appena tredicenne, per poi andare via. Luisa mi chiede se ho mai bevuto la Kava, una bevanda tradizionale, non alcolica, molto importante nella cultura del Pacifico, inclusa la Nuova Caledonia, originaria di Tahiti. Si ottiene dalla radice polverizzata di una pianta della famiglia del pepe, che viene mescolata con acqua. Rispondo che non so cosa sia, così mi chiede ancora se ho voglia di andare con loro in un nakamal, ossia un bar tradizionale locale, dove si ritrovano la sera per socializzare tutti insieme. Accetto volentieri, sono molto incuriosito e gratificato da questo invito. Nel mentre si continua a chiacchierare, mi racconta delle rivendicazioni politiche della popolazione locale, la mancanza di dirigenza capace di poterli guidare verso l’indipendenza, il costo alto della vita, tutto strumentalizzato per non disturbare il governo francese e mi dice pure che, quando c’era Giovanni Paolo II, visitò il Vaticano. Sanno pure delle tensioni che viviamo in Europa, parlando di emigrazione, costo alto della vita e quanto altro, dicendomi che mai andrebbe via dal suo paese natale e non posso che biasimarla. Prima di raggiungere il nakamal, passiamo davanti a casa sua, non lontana dal mio alloggio. Una casetta carina a vederla da fuori, ma non entriamo, era solo per mostrarmela. Arrivati al bar locale, in una zona di campagna, troviamo un paio di loro amici e così cominciano le bevute. Questo prodotto mi viene offerto in un guscio di cocco, lo devo bere tutto d’un fiato e francamente la cosa non mi disturba affatto Ha un effetto rilassante e calmante, non è affatto male, non sento nulla di alcolico, ma soltanto calma e tranquillità. Luisa mi spiega che per loro ha un profondo significato sociale e cerimoniale, Luisa mi spiega che viene consumato durante determinati rituali, incontri tra capi tribù e come segno di benvenuto per gli ospiti. Tutto ciò mi lusinga e mi fa enormemente piacere, non capita davvero tutti i giorni di incontrare così tanta benevolenza e oggi ho fatto veramente il pieno. Il tempo passa, la nipote di Luisa mi fa vedere le foto della loro famiglia, il villaggio da cui provengono e mi sembra che tutto sia carino, armonioso e sono felice per come vivono. Sono consapevoli di avere una bella situazione famigliare e gli auguro con tutto il cuore che proseguano sempre su questo cammino. Anche con lei parliamo di politica chiaramente e mi dice che si auspica una situazione migliore per il suo paese, in quanto per lei si può diventare indipendenti, ma con una classe politica degna di questo nome, cosa che attualmente non c’è. Mi racconta che per esempio un fattore di comunanza è la lingua francese, in quanto loro hanno ben ventotto lingue, non dialetti, sia chiaro, per cui la cosa non è così semplice come si possa pensare, si potrebbe litigare pure riguardo il tipo di linguaggio ufficiale da utilizzare. Poi c’è incognita cinese, che penetra economicamente e non sanno se porterà svantaggi o meno, a livello economico, dato che qui non si produce quasi nulla, a parte il caffè e qualche altro bene primario indispensabile. Il tempo scorre per davvero, ormai da un po’ è tutto buio, alla fine sono quattro i giri di Kava che facciamo, lei è felicemente stupita del fatto che sia andato tutto per il verso giusto, temeva che non mi piacesse. Lasciamo alla fine questo locale e mi accompagnano a casa. Sono le sette quando arrivo a destinazione, li saluto calorosamente e li ringrazio per l’ospitalità che mi hanno riservato, dicendogli che è un qualcosa che non potrò mai dimenticare. Arrivato a casa, trovo Bernard, gli racconto entusiasta di come è andata la mia giornata, anche lui è felice del fatto che sia riuscito a fare tutto quello che mi ero prefissato. Gli chiedo dell’idraulico e mi spiega che è arrivato per capire bene il problema, ma non ha finalizzato il lavoro e dunque dovrà tornare. In tutto gli chiederà un salasso di trecento euro, i prezzi sono questi e non si può fare altro che pagare, perché non saprebbe dove mettere le mani, dato che la perdita arriva dal pavimento e si dovrà sfondare un po’ tutto. Mi congedo e gli dico che ci ritroveremo domani mattina per la colazione, alle otto e mezzo verrà la navetta a prendermi ed il volo da Nouméa, verso Sidney, decollerà poco prima di mezzogiorno. Mi metto al computer e poi, verso le nove di sera, faccio una bella doccia, di cenare non se ne parla affatto, il pranzo è stato più che sufficiente e devo dire che si è trattata di una vera e propria rivelazione, in quanto non pensavo che potesse essere così buono. Alle undici vado a letto, merito un riposo degno di questo nome, dopo aver vissuto una giornata così intensa e bella. Per finire, oggi è stata una giornata davvero emozionante ed intensa, ho toccato con mano la gentilezza di persone sconosciute, ma sincere, le quali sono venute in mio soccorso, quasi come se fossero angeli mandati da Dio, per aiutarmi. Sarà una giornata che non dimenticherò mai, questo posso garantirlo, non mi sarei mai aspettato tutte queste dinamiche e francamente non ci avrei mai messo la firma, sono cose che fanno bene all’anima e ti fanno pensare che al mondo le persone buone, che offrono aiuto incondizionato, ci sono e ci saranno sempre.

 

Mercoledì 27 Agosto 2025:

Alle sei e mezzo del mattino mi alzo serenamente, il cielo oggi è un po’ nuvoloso, il vento si è placato e dunque la giornata è serena. Devo dire che questa esperienza a Nouméa, seppur breve, è stata molto gratificante ed interessante. Ho avuto modo innanzitutto di apprezzare la cordialità della gente, non solo sempre disponibile nel darti indicazioni, ma praticissima nell’aiutarti senza nulla in cambio. Mi hanno fatto da tassista persone sconosciute e non so se in altre zone del mondo sarebbe potuto accadere tutto ciò, è un qualcosa di unico che finora è avvenuto nella mia vita. Passi per una volta, va bene per la seconda, ma qui gli episodi sono stati davvero tanti. Ringrazio Luisa che ha voluto darmi un segno distintivo del suo popolo e delle loro tradizioni di rispetto ed accoglienza verso lo straniero, è stato un gesto che mi porterò dietro per sempre. Anche Bernard e Veronique si sono rivelate due persone educate, cortesi e disponibili, ricorderò le piacevoli chiacchierate passate soprattutto con lui, su diversi argomenti. Una riflessione va fatta anche sulla Nuova Caledonia e su come si vive qui, ovviamente. Se devo essere sincero, qualora fossi una persona con molte disponibilità economiche, non escluderei di vivere qui, perché dal punto di vista del tenore della vita, del clima e della tranquillità, si sta proprio bene. Il fatto è che l’isola è cara, i costi sono molto alti e sicuramente con una semplice pensione, si finirebbe quasi al lastrico, vivendo in maniera disagiata. Certamente il governo francese ha strutturato tanti bisogni che in altri posti non trovi facilmente, come l’accesso molto semplice ad internet, una rete stradale efficiente e di qualità, una città servizievole dove non manca nulla, ma se fossi ricco, tornerei senz’altro a vivere in Sardegna, dove vivrei altrettanto bene e in maniera decisamente meno isolata di qui. Chiaramente adesso la situazione politica è opaca, non si capisce bene quale sarà il loro destino, ma senza costruire una classe politica degna di questo nome, non potranno andare da nessuna parte, pur meritando pienamente il riconoscimento dell’indipendenza dalla Francia, anche perché il periodo coloniale e la guerra fredda sono finiti, è ora di andare avanti. Forse sarà la Cina la prossima nazione che penetrerà economicamente qui, visto che ad oggi ha trovato barriere ed il suo impatto, rispetto alla stessa Francia, è assente? Chi lo sa, sta di fatto che qualche giornata in più me la sarei fatta ben volentieri, per girare ulteriormente, anche se la macchina è un mezzo essenziale per farlo, per via di tutte queste salite e discese, che ti fanno sembrare a San Francisco, in California. Aperta e chiusa questa parentesi obbligatoria sulla mia esperienza in Nuova Caledonia, torniamo ai fatti più concreti. Oggi la navetta verrà alle otto e mezzo per prendermi e portarmi in aeroporto, ho il volo intorno a mezzogiorno e quindi sarò in anticipo sui tempi di partenza fortunatamente. Attendo che Bernard e Veronique si alzino, per fare due chiacchiere l’ultima volta insieme, nel frattempo faccio colazione con caffè e muesli, contemplandomi dalla veranda lo stupendo panorama, poi navigo in rete al computer. In Italia sono le nove e mezzo di sera, ne approfitto per vedere com’è andata la giornata in generale, nel mio paese. La valigia è già pronta, ho messo tutto a posto ormai, mi sono cambiato e sono quasi pronto per andare via. Finalmente Bernard e Veronique vengono in sala, per la colazione, così facciamo le ultime chiacchiere. Li ringrazio vivamente per l’ospitalità e la libertà che mi hanno concesso in casa, sono stati per davvero gentili. Poi si parla del loro presente in Nuova Caledonia, che attualmente è tranquillo, ma c’è un po’ di timore riguardo il futuro, perché non sanno se ci saranno nuovamente insurrezioni dei locali, per richiedere l’indipendenza. Approfondendo su questo argomento, mi raccontano che purtroppo lo scorso anno ci sono stati incendi anche nelle case di gente originaria della Francia e loro stessi li hanno supportati, in quanto questi poveracci si sono trovati sotto assedio senza aver causato nulla, solo perché sono appunto discendenti di europei. Si ha paura di fare la fine di Vanuatu, che seppur indipendente, ha un costo della vita il doppio della Nuova Caledonia, c’è una cricca che si arricchisce ed il resto della popolazione fa la fame, addirittura è ritornata alla vita dei propri avi, molto più dignitosa di quella da povero sotto il capitalismo. Ed è questo il problema più grosso, di cui mi parla Bernard, perché sono consci del fatto che anche in occidente la situazione è a dir poco tragica, pure loro sostengono che il sistema economico attuale sia negativo e catastrofico, mi raccontano che qui la Cina attende pazientemente, di penetrare economicamente, finora la Francia lo ha impedito, ma con tutta questa incertezza, la cosa è dietro l’angolo e chissà come finirà. Gli consiglio di trasferirsi in Sardegna, qualora avessero problemi, perché il costo della vita è basso, la natura è stupenda e l’isolamento rispetto alla Nuova Caledonia non c’è, perché sarebbero ad un passo dalla Francia e dall’Italia, sempre nel bel mezzo del mediterraneo, piuttosto che nel Pacifico. Mi rispondono che come opzione è molto intelligente e non si farebbero scrupoli, qualora qui le cose andassero male, per seguire il mio consiglio spassionato. Ci salutiamo calorosamente, non prima di aver scattato con il suo cellulare qualche foto, che mi spedirà all’indirizzo email che gli ho lasciato. Bernard mi accompagna fuori, appena usciamo arriva un signore con la macchina e dice a Bernard che è diretto all’aeroporto. Io rimango titubante, perché attendevo la navetta, però saluto Bernard e mi accomodo in auto. Dopo qualche minuto questo tizio mi chiede dove fossi diretto e gli dico che dovrò prendere il volo per Sidney e che immagino mi stia portando all’aeroporto di La Tontouta. Mi dice che in realtà non è così ed allora gli rispondo che c’è stato un grosso equivoco con il mio amico e dunque mi deve riportare subitissimo nel punto in cui mi ha fatto salire. Mi chiede scusa, è desolato, per fortuna me ne sono accorto quasi subito e così scendo di nuovo davanti casa di Bernard, che non sa nulla, essendo rientrato. In auto esce Veronique, che va al lavoro e la saluto, senza dirle nulla, per non farla preoccupare. Dopo cinque minuti arriva la mia navetta, a bordo ci sono altre persone e così entro nel posto giusto e al momento giusto. Durante il tragitto carichiamo altre persone e verso le nove e mezzo del mattino, finalmente siamo arrivati all’aeroporto. Cambio subito i soldi che mi erano rimasti e mi dirigo all’accettazione, ritirando tutti e tre i biglietti che mi servono. Il volo per Sidney decollerà poco prima di mezzogiorno, compio i soliti riti di controllo ed arrivo al gate stabilito, attendendo con tranquillità il mio prossimo volo, che durerà circa tre ore, con Qantas Airways. Una volta raggiunta la mia postazione, sia davanti che dietro a me ho due ragazzi, tra loro amici, che chiacchierano di continuo, per cui scambio il posto con uno di loro, così siamo tutti contenti. Siederò di fianco ad una coppia di italiani, che avevo già intravisto in precedenza. Fino a quando non arriva il cibo, non scambio con loro alcuna parola, perché stanno giustamente a chiacchierare per i fatti loro, poi la ragazza, avendo sicuramente capito la mia nazionalità, mi augura un buon appetito e quindi da lì parte la conoscenza reciproca. Mi raccontano che sono originari di Torino, la prima tappa della loro vacanza è stata la costa orientale australiana, per poi fare un salto in Nuova Caledonia di quattro giorni, visitando prevalentemente le isole, in cui hanno fatto immersioni. Ora vanno a Sidney e rimarranno lì altri due giorni, prima di rincasare definitivamente. Lei è avvocatessa, lui francamente non ha avuto modo di dirmi di cosa si occupa, ma sicuramente non è un operaio, sarà partita IVA senza alcuna ombra di dubbio. Si parla di tutto, a partire dalla situazione di Torino, per poi passare a quella bolognese e chiaramente si tirano fuori le impressioni di ciascuno, riguardo la Nuova Caledonia. Anche loro hanno trovato gente gentile e premurosa, ma non il supporto umano che ho avuto io e per questo erano contenti. In Australia hanno girato per una ventina di giorni in tutto, setacciandola in lungo e in largo, rimanendo completamente soddisfatti del viaggio. Nel mentre finiamo le nostre pietanze, ossia della salsiccia di pollo con contorno di piselli e purè, da bere ho preso del vino rosso, una coca-cola ed infine un caffè. Il tempo è passato letteralmente in fretta, le tre ore di viaggio sono volate e tutti e tre non ce ne siamo quasi resi conto. Atterriamo finalmente alle tre del pomeriggio a Sidney, sincronizzo il mio cellulare con l’ora esatta e con la simpatica coppia taurina ci si saluta, augurandoci il meglio reciproco. Sono in pieno anticipo sul decollo del volo, raggiungo il gate 57 e cerco di passare il tempo sia riposando, che girando all’interno dell’aeroporto, oppure osservando la gente che va e viene. Finalmente arriva l’ora per imbarcarci, prenderò il volo diretto per Dubai con un A380-800 della Emirates di due piani, capace di contenere fino a 615 passeggeri in totale. Tutto è puntuale, alle nove e dieci di sera decolliamo ed affronteremo ben quattordici ore di volo ininterrotto, sorvolando tutta la Papua Nuova Guinea, la parte inferiore dell’Indocina e dell’India, Il Pakistan ed infine l’agognata meta. La mia collocazione è al centro dell’aereo, alla mia destra ho una coppia di anziani, mentre alla mia sinistra c’è un anglosassone, non so di quale nazionalità. Affrontiamo il percorso con una velocità massima di 990 chilometri orari, ad un’altezza massima di 12.192 metri, con -59° di temperatura esterna, per un totale di 12.184 chilometri da percorrere.

 

Mercoledì 27 Agosto 2025:

Il tempo lo passo come sempre in tutti i modi possibili, ne approfitto per guardare un film con Castellitto, dal titolo “Romeo è Giulietta”, molto carino. Poi gioco a dama, guardo qualche serie tv ed ascolto musica di tutti i generi. Il menù dei pasti è identico a quello dell’andata da Dubai a Brisbane, per cui mi viene riproposto il pollo con spinaci, una salsa di pomodoro piccante, uova al tegamino e della frutta fresca di vario genere, tagliata a spicchi. Poi mangio dello yogurt con granella di frutta secca varia, un tocco di salsa di fragola, prendo dell’acqua, un succo di arancio e due caffè, mangio tutto il cibo proposto di buona lena, apprezzandolo. Finalmente, come da prassi, atterriamo a Dubai quando sono quasi le sei del mattino. Ora mi aspetta il sesto ed ultimo volo, quello diretto a Bologna, che mi consentirà dunque di concludere il mio viaggio. Faccio gli ultimissimi controlli e raggiungo finalmente il gate che è stato assegnato al mio volo, ossia il B2. Partiremo alle nove e venti, prima del volo vado in bagno, mi cambio l’intimo e metto una maglietta pulita, per poi raggiungere la postazione in cui posso collegare il mio pc alla corrente elettrica e quindi serenamente attendo il mio voto, navigando in rete con estrema tranquillità. Arriva la chiamata per l’imbarco, poi saliamo su un bus che dopo un quarto d’ora ci porta al nostro aereo, nella pista, occupo la mia postazione fortunatamente nel corridoio e al mio fianco ci sono due donne di origini anglosassoni. Sono le nove e venti, siamo puntualissimi, ma ad un certo punto ci viene comunicato che ritarderemo il decollo per motivi tecnici. Alla fine decolliamo alle dieci in punto, finalmente. Siamo a bordo di un A350-900, durante il tragitto raggiungiamo i 944 chilometri orari, ad un’altezza massima di 12.193 metri, con -52° di temperatura esterna, percorrendo in totale ben 4812 chilometri. Il tempo lo passo come sempre, tra giochi, musica, video e mangiando, chiaramente. I pasti sono questi: per cominciare, un’insalata di orzo con peperoni e lattuga, poi del pollo arrosto alle erbe e verdure saltate. Poi come dolce c’è una brioche danese all’albicocca, che ho richiesto nuovamente, essendo molto buona. Infine, un’oretta prima di atterrare, abbiamo mangiato un toast all’uovo con cheddar e una torta di cioccolato al latte. Da bere ho preso di tutto, cominciando con il vino rosso, proseguendo con un succo d’arancia e dell’acqua, finendo con il caffè, di cui ho fatto il bis. Siamo atterrati a Bologna poco prima delle due del pomeriggio, dopo cinque ore di volo, c’è un gran caldo, l’orario rispetto a Dubai è di due ore indietro e francamente pensavo di essere molto più stanco, dopo tutte le ore passate in volo, quasi continuamente. Scesi dall’aereo, si fanno gli ultimi controlli finali e finalmente posso andare verso la fermata dell’autobus. Dopo aver camminato una decina di minuti, arrivo alla stessa, pensando che il tabacchino dirimpetto fosse aperto, per acquistare il biglietto. Non è così, per cui piano piano, sotto un sole cocente e con tutte quelle ore di volo addosso, raggiungo la via Emilia, prendendo il bus 91, ma prima avevo chiesto preventivamente se si facessero biglietti a bordo, altrimenti sarei andato più avanti, fino al primo tabacchino aperto, per acquistare il biglietto. Il viaggio dura fino alla stazione centrale di Bologna e da lì devo raggiungere a piedi, in circa cinque minuti buoni, la fermata dell’autobus 27. Finalmente arrivo a destinazione, dopo una decina di minuti arriva il mio bus e così finisco la mia corsa a pochi minuti da casa. Sono le quattro del pomeriggio quando apro il portone, finalmente sono qui, anche se tutta l’ultima fatica fatta, camminando sotto questo sole cocente bolognese, mi ha provato un bel po’. Un viaggio a tratti epico quello che ho fatto fino alla Nuova Caledonia, sono contento di avere vissuto questa esperienza e mi auguro adesso che i pianeti supportino il mio futuro nella maniera migliore possibile. Il mio l’ho fatto, andando fino all’oceano Pacifico, ora tocca pure a loro darmi una mano.

 

E noi, caro A.P., te lo auguriamo di cuore perché tu, acquistando questo costosissimo viaggio in un periodo in cui eri disoccupato, hai dimostrato, ancora una volta, cosa voglia dire operare secondo i princìpi dell’Astrologia Attiva.

c.d.

 

 


 

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For Everybody. It is not an important news, but I invite you to read it because it can explain, to someone, the why of a certain noise leading that disturbs, from a few years, the astrology:

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Ciro Discepolo

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