Parliamo delle
gemelle Cappa.
Dal mio video
YouTube
https://www.youtube.com/watch?v=SvxmER3c7-s
Buonasera e dico buonasera perché sto registrando nel
pomeriggio tardo di mercoledì 27 agosto 2025. Avendo diciamo concluso, si fa
per dire, l’iter, almeno quello burocratico, da poche ore, che mi ha permesso
di ottenere i due estratti di nascita delle Gemelle e cosa che mi permette, a
sua volta, di dare un mio parere, da un punto di vista astrologico, circa il
loro eventuale coinvolgimento – che io escludo assolutamente – nella vicenda di
Garlasco e nell’uccisione della povera Chiara Poggi che era loro cugina.
Lasciate innanzitutto che io ringrazi mia moglie Daniela per
l’aiuto enorme che mi ha dato non solo nella richiesta di questi documenti, ma
poi nella gestione delle comunicazioni tra me e l’anagrafe di Milano che ancora
una volta voglio lodare per la grande efficienza e ringraziare davvero per
questo servizio eccezionale che ha e per il quale si possono richiedere gli
estratti di nascita anche on-line. Devo dire, che quando venni qui a vivere a
Milano, nove anni fa, li ottenevo anche in poche ore. Adesso si supera
abbondantemente il mese. Però voglio sottolineare che è già un qualcosa se poi
detti certificati si ottengono.
Qui ci sono
stati dei fraintesi e anche dei problemi per cui da un mese siamo passati a due
e poi io, i primi giorni di agosto, ho ricevuto questi due documenti che a mio
parere sono errati nella loro formulazione di documenti, nella loro redazione
scritta.
I funzionari
dell’Anagrafe di Milano non sono d’accordo, ma, lo ripeto, io, pur ringraziando
moltissimo l’Anagrafe di Milano che ritengo un’eccellenza, al pari di tante
altre realtà meneghine, devo segnalare la cosa. Non a caso ho scelto Milano
come città dove desidero vivere l’ultima parte della mia vita e sono grato a loro
e li ringrazio. Quello che sto per spiegare non vuole essere una critica nei
loro confronti, ma, tuttavia, secondo me i due documenti sono sbagliati.
Anche se, a
tutti gli effetti, si capisce dove sia l’errore, si vorrebbe anche capire,
però, perché non l’abbiano scritto in un altro modo.
Passiamo ai
fatti pratici e qui dovrò chiarire molti aspetti e dovrò aprire molte
parentesi. Quindi raccomando alle persone frettolose e che hanno moltissime
cose da fare e che sono impegnate soprattutto a scrivere la Storia, di cambiare
immediatamente canale, così potranno guardarsi degli altri video in 20-25
secondi e passare subito a realizzare realtà ben più importanti per loro e per
l’Umanità.
Leggiamo i due
estratti che voi potete vedere a video. Ho cercato di mettere tutto in una sola
schermata, però mi rendo conto che bisogna avere uno schermo grande, tipo il
mio di lavoro, per poter distinguere il tutto in una sola occhiata. E per poter
distinguere anche quello che c’è scritto sopra, ma non avevo altro strumento a disposizione.
Allora dico subito che qui apparirebbe come primo elemento che le gemelle Stefania e Paola Cappa non sono nate lo stesso giorno. E questo è un primo punto importante per coloro che desideravano ascoltare in rete o su questo canale YouTube, sui social, e altrove questo mio studio e che affermavano si sapesse già tutto delle sorelle Cappa: “Si sa tutto! Sono nate il 28 ottobre”, ma non è vero.
Una delle due risulta nata il 28 ottobre e l’altra il 27 ottobre del 1984. Anche se, invece, io credo che siano nate entrambe il 28 ottobre. Cercherò di chiarire meglio. Allora, partiamo dal dato certo che è quello di Stefania. Stefania Cappa risulta nata a Milano il 28 ottobre 1984 alle ore 00 e cinque minuti: notate, per favore, prendete un appunto, che i secondi non ci sono e non è previsto che ci siano. Io ebbi una litigata quando nacque mia figlia Luna perché conoscevo anche i secondi e volevo che fossero trascritti, ma l’anagrafe di Napoli mi rispose che non era possibile.
Quindi, diciamo
i minuti sì, i secondi no e risulta nata cinque minuti dopo la mezzanotte che
c’è tra il giorno 27 e il giorno 28 ottobre del 1984. Paola, invece, risulta
nata il 27 ottobre 1984, alle ore 00:00. Dunque voi, leggendo questi due
documenti, che cosa traete come fatto sostanziale, fattuale? Che le due gemelle
sarebbero nate, secondo questi documenti, a 24 ore e cinque minuti di distanza,
l’una rispetto all’altra. Invece, secondo me, si tratta di un errore formale di
scrittura perché, a mio avviso, sono nate a cinque minuti di distanza, quindi
una alle ore 0 del 28 e non alle ore 0 del 27, e l’altra alle ore 0 e cinque
minuti, sempre del 28. Per tale motivo, dopo che ricevetti detti documenti, scrissi
loro di nuovo ed in forma ufficiale: voi capite cosa vuol dire “ufficiale”; non
significa come quando si manda una cartolina o un messaggio su Facebook, no, “in
forma ufficiale”.
Scrissi, nuovamente, all’anagrafe di Milano e feci presente
questa discrepanza e chiesi anche, per favore, aiutatemi a capire se, come
sospetto, c’è stato un errore. Però, evidentemente un po’ perché in
quell’ufficio sono oberati di lavoro e un po’ perché eravamo ad agosto e tanti
dipendenti erano in ferie, io non ricevetti risposta e, allora, Daniela, molto
affettuosamente, prese un primo appuntamento con una funzionaria dell’ufficio
di stato civile del Comune di Milano e si recò lì una decina di giorni fa e
fece presente tutto ciò. Anzi no, parliamo di quando ancora non avevo ricevuto
gli estratti di nascita: erano i primi di agosto e continuavano a non darmi i
documenti richiesti. Daniela si recò lì, di persona, e portando tutta la
documentazione che io avevo allegato alla mia richiesta, trovò una funzionaria
gentile che ascoltò tutto e poi si mise davanti al computer e in pochi minuti
redasse i due documenti. Anche lei si era accorta che c’era qualcosa che non
quadrava. Infatti continuava a guardare il terminale, però poi, alla fine,
digitò i documenti che state guardando.
Quando oggi, su mia richiesta, Daniela è tornata nel loro ufficio, ha parlato con tre o quattro funzionari, tra cui, se ho capito bene, anche con il funzionario capo. Il quale funzionario capo ha spiegato a Daniela che questa è la forma per scrivere da un punto di vista, diciamo legale, la nascita di Paola Cappa e che non ci sono errori da parte loro.
A mio avviso, invece, avrebbero dovuto scrivere le ore 0 del giorno 28. Scrivendo le ore zero del 27, in tutta evidenza, significherebbe che le due bambine sarebbero nate a 24 ore + 5 minuti di distanza tra loro. Ciò è stato ribadito, da mia moglie, anche al funzionario capo che però ha ripetuto che secondo il regolamento, fino a che non scocca il primo minuto del nuovo giorno, bisogna scrivere le ore zero. Ma le ore zero del giorno precedente, secondo me, è una cosa illogica, del tutto, perché ho fatto questo esempio a Daniela (ma non potevo polemizzare con lei che è stata così gentile né potevo chiederle di tornare per riformulare questa obiezione): mettiamo che Paola Cappa sia nata alle 23:59 minuti del giorno 27 ottobre, loro avrebbero segnato “ore 23:59 del 27”. Ora, se noi aggiungiamo un minuto alle 23:59 del giorno 27 ottobre, che cosa abbiamo come risultato? Abbiamo tutt’al più le 24 del giorno 27 oppure, per non essere presi per stupidi, abbiamo le ore zero del giorno 28. Dato che il giorno, già dalla riforma di Giulio Cesare e poi da quella gregoriana e poi con le leggi attuali, è sempre stato di 24 ore e non di 23 ore e 59 minuti. Con la spiegazione che danno loro il giorno si accorcia e diventa di 23 ore e 59 minuti.
Ho fatto una breve ricerca in
rete e, al riguardo, ho trovato solo questo D.P.R. 396/2000 – Regolamento
sull’ordinamento dello Stato Civile, Capitolo V – Nascita, §5.2.1
Parto gemellare:
“Quando dunque il parto plurimo avvenga in giorni diversi, tale
circostanza va comunque riportata in ciascun atto di nascita, indicando anche
l’ordine in cui le nascite sono seguite...”.
“L’unica anomalia… è che gli atti di nascita dei due gemelli potranno
non essere l’uno consecutivo all’altro.”
Ma questo non
mi dice niente, perché ci porta di più nella filosofia e ci allontana alquanto
dall’aritmetica, non dalla matematica: non c’è bisogno di tirare in campo la matematica;
qui è questione di aritmetica. Dopo 23 ore e 59 minuti, viene 24 ore oppure
viene zero ore, ma del giorno successivo, non del giorno precedente: l’orologio
non può andare indietro nel tempo! Però vi sarete resi conto che stiamo
parlando di un parto gemellare, quasi sicuramente di due gemelle monozigote. E
stiamo parlando di un parto che è avvenuto in una grande città, quindi in un
ospedale importante, nel 1984 e non nel secolo diciannovesimo. Probabilmente
potrebbe essere avvenuto anche con taglio cesareo, questo non lo so, però in
queste situazioni, i bambini possono nascere anche a 15 secondi di distanza
oraria tra loro. Ma non succede quasi mai, invece, che i due bambini, i due
gemelli, nascano a 24 ore + 5 minuti di ritardo, l’uno rispetto all’altro, e
siccome sull’estratto di nascita, ripeto, quello di Stefania, c’è scritto che
l’avvocato Stefania Cappa è nata il 28 ottobre 1984, alle zero e cinque minuti,
la sorella non può essere nata 24 ore + 5 minuti prima.
Credo che siate tutti d’accordo su questo perché se non siamo d’accordo su ciò, non andiamo da nessuna parte. Allora, a valle di questa prima considerazione, ci sono tutta una serie di ragionamenti da elaborare, perché effettivamente qui entriamo nell’alveo di quel capitolo importante, anche se pochissimo studiato in ambito astrologico, che è quello dei gemelli e soprattutto dei gemelli monozigoti e dei gemelli monozigoti che nascono a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro che, come osservavo, potrebbero essere nati anche a 16 secondi di distanza uno rispetto all’altro.
Qui, invece,
abbiamo cinque minuti di differenza.
Personalmente
ho scritto diverse cose sull’argomento, mai un libro, però diversi capitoli dei
miei libri e ho sottolineato che la vera grande differenza che bisogna cercare,
tra due gemelli nati a pochi minuti di distanza, è il grado zodiacale
soprattutto dell’Ascendente. Ora sui gradi zodiacali non si sa niente, non sa
niente nessuno. Come ho ripetuto varie volte, credo che l’unico grande
astrologo che abbia dimostrato sul campo, non in teoria, di sapere moltissimo
sui gradi, sui singoli gradi dello zodiaco, fu il mio carissimo amico e anche
maestro, Peter Van Wood. Peter Van Wood, come ho testimoniato molte volte,
quando stavamo assieme, mi colpiva con episodi incredibili. Per esempio,
ricordo quella volta alle terme di Saturnia dove eravamo entrambi relatori ad
un congresso. Io e Peter passeggiavamo per quei suggestivi viali, un po’ in
disparte dagli altri, e si avvicinò una signora che, rivolta a Peter, disse: “Maestro,
permette una domanda?” e lui rispose: “Sì, ma prima mi dica se è nata il 20
marzo”. E la signora rimase fulminata e con la bocca aperta! Poi, una mezz’ora
dopo, riportando questa scena davanti allo stesso Peter, ai vari presenti tra
cui c’erano anche un cameraman e un tecnico audio che avevo portato con me da
Napoli, di Rai 3, per fare delle riprese ed il tecnico audio che non era molto,
diciamo colto e neanche molto intelligente, fece una battuta ironica a metà
strada verso l’offensivo alla quale Peter replicò: “Sì, perché vedi, tu essendo
nato il 6 settembre…”. L’altro rise e stigmatizzò: “No, io sono nato il 5
settembre, non il 6 settembre…” pensando di avere preso Van Wood con le mani
nella marmellata… Invece lui, in quel momento, dicendo ciò, aveva dimostrato tutta
la grandezza di Peter, il quale ovviamente non sapendo l’anno di nascita di
questo signore, aveva comunque individuato il grado in cui si trovava il suo Sole…
Peter conosceva i singoli gradi dello zodiaco e, purtroppo, non volle pubblicare, fino alla fine, un libro su ciò. Io feci di tutto per farglielo pubblicare, ma lui che sembrava essersi deciso, alla fine disse no. E forse fece bene visto come poi vanno a finire molti lavori di astrologi che vengono scopiazzati dai loro allievi, i quali, in seguito, vorrebbero anche convincere gli altri che sono loro gli autori di detti studi… Forse Peter Van Wood, sotto certi aspetti, agì bene e adesso aspetterete mille-duemila anni che venga un altro con la testa di Peter Van Wood a raccontarvi cosa significa, per esempio, il 15º grado dell’Ariete, il 16º, il 17° e via dicendo.
Quindi le informazioni importanti si dovrebbero cercare già lì. Però, attenzione, intanto voglio suggerirvi degli input in modo che capiate subito dove voglio arrivare. Questo lo sto dicendo, non per potervi dettagliare, da un punto di vista astrologico, sulle differenze che hanno caratterizzato, fin qui, le vite di queste due sorelle di cui sappiamo che una delle due, se non sbaglio Paola, ha sofferto anche di anoressia, che l’altra è un avvocato e via dicendo. No, non è su questo che desidero intrattenervi; non è questo il punto, perché poi alla fine, essendo nate a cinque minuti di distanza, hanno lo stesso identico oroscopo. Cambia solo di circa 1 grado la domificazione e, in quel grado, sicuramente, noi potremmo e dovremmo leggere le differenze tra loro. Ma aggiungendoci anche delle variabili che sto per citarvi. Tuttavia a me non interessa questo discorso, in questa sede, e interessa inserire uno dei due grafici che è come inserirli tutti e due all’interno della vicenda Garlasco, anche da un punto di vista cronologico, soprattutto da un punto di vista cronologico e anche dei cieli natali e delle Rivoluzioni Solari e delle Rivoluzioni Lunari della scena del crimine, per dimostrarvi che le due sorelle Cappa non c’entrano nulla con tutta la faccenda.
Allora, quali sono gli altri elementi che bisognerebbe considerare se si volesse affrontare uno studio astrologico serissimo, partendo, però, da basi importanti? Quali sono le basi importanti, innanzitutto? Come sempre, tenere acceso il cervello e, ancora prima, avere un cervello. Se si ha una scatoletta di plastica, non va bene: si deve avere un cervello. Poi bisogna tenerlo acceso. E poi occorre avere studiato molto, moltissimo, quindi possedere tantissima cultura, non solo astrologica, ma in tutti i settori, in quasi tutti i settori importanti dello scibile. E poi saper collegare i fili tra di loro. Ecco, sull’argomento, più di una volta, ho scritto in passato. Troverete anche raggruppati molti di questi argomenti in un mio libro credo importante che vuole essere un po’ l’eredità culturale che vi lascio, un libro di un paio di anni fa e che si intitola “L’uomo e le stelle”, di circa 840 pagine. Lì ho ripercorso tutto il mio tragitto culturale e di ricercatore in astrologia, lasciando da parte completamente la mia vita privata: non so se ce la farò a scrivere anche una biografia sul piano personale, che riguardi i fatti personali della mia vita; non lo so e non l’ho deciso ancora. Però quello di cui vi sto parlando, invece, il libro “L’uomo e le stelle”, è la mia eredità culturale. In questo testo, proprio a proposito dei gemelli, io ritorno sull’argomento e rammento che il professore Luigi Gedda, che a Roma fu direttore dell’ “Istituto di Gemellologia” e che visse oltre 100 anni, morto da non molti anni, scrisse un libro meraviglioso per le Edizioni Scientifiche e Tecniche Mondadori, dal titolo “Cronogenetica”, libro che divorai quando avevo meno di trent’anni, con grande interesse (nel 1974, NdR).
Nello stesso si legge qualcosa di interessantissimo, qualcosa di molto importante che caratterizza i gemelli mono-cellulari o monozigoti, come volete dire, e cioè che accade spesso che questi gemelli hanno la stessa età fenomenica e poi hanno una diversa età relativa all’inizio delle patologie. Per esempio, lui osservava due sorelle, tante coppie di sorelle gemelle, che avevano il menarca contemporaneamente, quindi la prima mestruazione contemporaneamente, fatto assai interessante. Quindi, parliamo di gemelli che hanno praticamente lo stesso patrimonio genetico e che, però, poi, lui si poneva la domanda: “Come mai queste due gemelle monozigote hanno la stessa età fenomenica, per esempio, appunto hanno il menarca lo stesso giorno e hanno tutta una serie di altre manifestazioni uguali e poi una delle due sviluppa un tumore al polmone a 56 anni e l’altra lo sviluppa a sessant’anni? A cosa si deve ciò? Vedete, è una domanda fantastica da un punto di vista scientifico, da un punto di vista della conoscenza, da un punto di vista di come noi dovremmo approcciare la realtà, vale a dire con una curiosità che ci divori dal primo minuto che abbiamo gli occhi aperti fino all’ultimo minuto della giornata, ogni giorno. E lui, come spiegava questo? Lui lo spiegava con la diversa ossigenazione ricevuta all’interno del grembo materno, che fa sì che i due gemelli non avranno lo stesso destino dal punto di vista patologico. Quindi, in poche parole, uno dei due, per la posizione che occupa nel grembo materno, riceve più ossigeno e un altro meno ossigeno. E questa variabile incide poi nel timing di comparsa della stessa patologia grave che potrebbe essere, come nel caso in oggetto, un tumore polmonare.
Allora vorrei ricordare che non sono solo gli astri a determinare il destino di un essere umano. Le variabili sono numerose e partono sicuramente dall’acido desossiribonucleico, dal DNA, che ci caratterizza al 100% e sul quale si possono dire cose importantissime ed esattissime. Ma non c’è solo quello, ci sta anche l’ambiente in cui viviamo, perché è dimostrato che due gemelli che alla nascita vengono separati e uno resta, non lo so, in una zona colta di una metropoli come Roma e frequenta l’università e le persone colte, persone che hanno uno stile di vita molto particolare e l’altro, invece, non lo so, per uno strano fatto del destino, finisce a Cuba durante la rivoluzione cubana e frequenta un altro tipo di persone, imbraccia il mitra e fa il contadino, ha un’alimentazione diversa… Cambia, cambiano parecchie cose.
Quindi il destino di una persona dipende certamente anche dalle condizioni politiche, geografiche, storiche, economiche, del luogo e degli anni in cui ella nasce e vive. Ma poi c’è la variabile astrale, importantissima, come abbiamo già detto, e ce ne sarebbe anche un’altra fondamentale come sosteneva un mio ex collega, il professore Edoardo Boncinelli, che è morto da poco e a cui rivolgo un pensiero affettuoso perché assieme, nel 1969, lavoravamo al CNR di Napoli. Vorrei ricordare che l’Istituto Motori era (ed è) confinante, contiguo, all’IIGB, l’Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica. Che era di fronte alla Rai, come pure l’Istituto Motori. E io e lui facevamo parte del direttivo CGIL scuola/università/ricerca. Eravamo tutti e due su posizioni “cinesi”, diciamo a sinistra di Trotskij. E io mi definivo, addirittura, seguace di Amadeo Bordiga, che era, sicuramente, a sinistra di Trotskij che, a sua volta, era a sinistra di Lenin: va bene, per farla breve, coltivavamo anche interessi comuni come la psicologia, la psicanalisi e lui, per molti anni, operò anche in questo campo. Fu un uomo di grande cultura. Lo incontrai nuovamente alcuni anni fa per un premio che egli ebbe a Vico Equense, presso la Fondazione Discepolo, quella creata da mio padre, il Premio Capo d’Orlando. Scambiammo due chiacchiere, ricordammo i tempi che furono e via dicendo. Perché vi sto citando Edoardo Boncinelli? Perché lui, che è stato anche nel comitato bio-etico italiano, disse una cosa parecchio interessante nel corso di una trasmissione Rai di cui ho scritto più in dettaglio nel libro citato. Il professore Boncinelli mise in campo una “nuova” variabile che secondo lui incide molto nel destino umano, oltre, naturalmente, alla variabile dell’anima che, per una parte importante della popolazione, è determinante. Lui aggiunse: esiste ancora un’altra variabile da considerare ed è la sinapsi che si crea al livello di cellule cerebrali al momento della nascita biologica e quindi non del parto. In quella trasmissione televisiva, egli la chiamò la “connessione casuale” dei neuroni al momento in cui una vita ha origine. Quindi, voi capite che già questa variabile di per sé spiazza completamente il campo di tutto quanto era conosciuto in passato e lo apre a tutta una serie di possibilità che noi neanche immaginiamo1. Ecco, allora, premesso tutto ciò per i pochissimi (3 o 4 di voi che saranno rimasti ad ascoltare) possiamo affrontare l’argomento da un punto di vista astrologico, però ripeto, ciò non per andare a marcare le differenze caratteriali o macro-caratteriali tra Stefania e Paola Cappa, ma per vedere il loro cielo, che per semplificare vedremo come un unico cielo, perché le differenze sono impercettibili ad occhio, all’interno della vicenda Garlasco.
Quindi io osservo uno dei due cieli, non interessa se sia quello di Paola o di Stefania, perché graficamente parlando l’immagine che ho davanti a me è la stessa, identica, e partendo dal cielo di nascita, vediamo se questo è il cielo di nascita di un assassino che, subito dopo aver ucciso la propria cugina, prende la bicicletta e corre a razzo a casa della nonna per gettare la famosa borsa con l’intero armamentario di piccone, scalpello, forbici, attizzatoio del camino… nel piccolissimo corso d’acqua adiacente alla casa della nonna.
Allora, Stefania, ma anche Paola, è una Scorpione e ciò lo avevate già capito, con fortissimi valori Scorpione, e adesso spiegheremo perché, con fortissimi valori Cancro e adesso spiegheremo perché, e con fortissimi valori Leone, e adesso spiegheremo perché.
Moltissimo Cancro
perché ha ben sei astri nella quarta Casa, considerando anche le cuspidi: ha il
Sole e Plutone che sono cuspide terza-quarta Casa, poi ha anche Mercurio e
Saturno e poi anche Venere e Urano. Quindi è moltissimo Cancro. Poi è fortemente
anche Leone perché ha altri sei astri nella quinta Casa che corrisponde al
segno del Leone, quindi è caratterizzata tantissimo dal Leone perché ha Venere e
Urano in cuspide quarta-quinta Casa, poi ha in quinta anche la Luna e Nettuno,
Giove e Marte; Marte è cuspide quinta-sesta Casa. Quindi è fortissimamente Leone
e lo è ancora di più, perché ha l’Ascendente in Leone. E poi è fortissimamente
Scorpione perché non solo ha quattro astri nel segno dello Scorpione, ma,
addirittura, ha Plutone (signore dello Scorpione) dominante, come il Sole, e
quindi è davvero un mix, direi quasi al 33%, di Scorpione, di Leone e di Cancro.
E questo il teatro di azione della sua vita. Ora, se noi stessimo parlando di
un’assassina, che cosa dovremmo trovare? Soprattutto nel suo cielo natale? Qualcosa
che o direttamente o indirettamente, ma comunque con i punti esclamativi e a
voce alta, con megafono, ci dovrebbe parlare di quell’episodio, forse il più
importante della sua vita. Comunque lo si voglia leggere, o in positivo in
negativo, nella sua ottica: dovrebbe essere protagonista in questo cielo e non
lo troviamo perché in questo cielo invece si parla di valori enormi, Cancro,
quindi di grande desiderio di vivere in un ambito, diciamo chiuso, in un utero,
in una sorta di utero, al livello mentale, e qui ci sono molti miei scritti che
potete leggere che vi rimandano all’archetipo della Grande Madre, che è
l’archetipo che governa gli italiani, per cui sono tutti alla ricerca della
mamma e dell’utero materno (il posto fisso di Zalone) e io ho fatto spesse
volte l’esempio, per illustrarlo, di quel meraviglioso film, “La leggenda del
pianista sull’oceano” (dal romanzo di Alessandro Baricco). Il libro e il film
ci parlano di un bambino che nasce su di un piroscafo, abbandonato dai genitori
e adottato da tutto l’equipaggio della nave.
Lui non vuole mai scendere a terra, quando la nave, che fa la spola tra l’Europa e gli Stati Uniti, attracca da una parte o dall’altra dell’Oceano e tutti scendono a terra. Lui desidera restare a bordo perché considera quel guscio come un utero protettivo, in questo caso di ferro, di metallo, che lo protegge dal mondo e quando poi alla fine gli dicono “Adesso devi scendere perché dobbiamo far saltare la nave con la dinamite perché è diventata troppo vecchia”, il bambino, che nel frattempo è diventato un uomo, preferisce nascondersi nelle viscere di quella nave e morire insieme alla stessa, ma non uscire dall’utero. E anche quell’altro meraviglioso romanzo di Piero Chiara, che io ho amato e amo tantissimo, “La stanza del vescovo”, in cui il protagonista girava sulle acque del lago, Maggiore in questo caso, dove c’è la bellissima Luino, su di una barca, e usava la barca a vela come se fosse un’isola rovesciata, nel senso che lui stava al centro del lago, ma dentro la barca, e non voleva avvicinarsi alla costa che vedeva come le fauci spalancate di una belva che lo voleva divorare, quindi anche in lui era fortissimo l’archetipo, il mitologema, della Grande Madre. E quindi, sicuramente, sia Stefania che Paola, anche se con modalità differenti, vivono enormemente l’archetipo della Grande Madre che significa un bisogno di protezione, un bisogno di casa, di utero, anche di vita introspettiva e di, diciamo, di tutti quelli che sono i valori classici del Cancro. Poi c’è sicuramente anche una componente non minoritaria che potremmo definire autodistruttiva, di questi fortissimi valori Scorpione e, ancora, una quota forte di valori Leone che aspirano ad “apparire” e ad essere protagonisti. Si tratta di una quota più frivola di entrambe le sorelle, che, probabilmente, soprattutto a causa di ciò, commisero qualche leggerezza tipo il fotomontaggio per il quale numerose persone le vorrebbero all’ergastolo…
Sono state trascinate, si tenta di trascinarle, ma loro non c’entrano niente tant’è vero che cambiano le procure e loro non sono state mai indagate: se ci fosse stato solo uno straccio di indizio contro di loro, sarebbero state almeno indagate, ma i loro alibi funzionano perfettamente, quindi sono tutte balle e poi ci stanno quelli che in rete ricamano su tutto e c’è anche il tale personaggio pubblico che vive sugli scandali o quell’altro che dice, non so, che uno dei protagonisti della vicenda ha due peni e allora fa 150.000 visualizzazioni nei primi cinque minuti dopo che ha postato un video del genere… Vabbè, ma lo sappiamo già che non è con la cultura che si acquisiscono decine di migliaia di follower. Se si vogliono raggiungere cifre molto alte nell’audience, si fa come quella influencer di Napoli, adesso non ricordo il nome, ma famosissima perché riesce a trascinarsi dietro migliaia di persone a Roccaraso…
Lasciamo perdere questo lato pietoso della vicenda che poi è comune a tante altre vicende. Però, quello che io dicevo è che non ci sta da nessuna parte - oppure indicatemelo voi dove sia - l’elemento che ci fa vedere un assassino o una assassina in questi cieli natali: non voglio esagerare, un mezzo assassino, diciamo non a tempo pieno, ma uno che abbia una buona dose di volontà omicidiaria e poi la sua parte, invece, dottor Jekyll, gli fa fare l’avvocato o gli fa fare un altro tipo di lavoro come brava professionista e la fa vivere “normalmente” in società. In maniera sostanzialmente normale, tra virgolette, ognuno di noi può vivere la propria esistenza. Ma, insomma, qui non c’è proprio niente! Allora questo stellium esagerato nella quinta Casa che cosa può significare? Beh, può significare che magari hanno avuto molti amori, entrambe le sorelle, che alcuni di questi amori le hanno fatte soffrire tanto. Vedi il Marte, vedi il Nettuno e vedi l’Urano, tutti nella quinta Casa, che sono distruttori di storie, non produttori di storie come invece possono essere sia Venere che Giove e la Luna che sicuramente avranno dato loro anche tante gioie da questo punto di vista. Forse avranno collettato anche qualche aborto. Però tutto ciò non c’entra nulla con gli omicidi e con questo omicidio. Noi potremmo dire anche che non hanno voluto o saputo coltivare questa loro parte interiore che le avrebbe potuto far lavorare nel campo dello spettacolo. Ciò lo affermo senz’altro: si sarebbero potute occupare o si potrebbero occupare di spettacolo, di cinema, di televisione. Le vedrei parecchio indirizzate verso ciò, ma non vi è nulla di quanto tantissime persone vorrebbero scoprire in loro, niente di quello che noi troviamo, solitamente, quando individuiamo un assassino. Allora, a titolo di esempio, vi invito a sfogliare i due libri di quella che spero sarà una trilogia in futuro di “Delitti&Delitti”: sia in “Delitti&Delitti” che in “Delitti&Delitti II”, troverete le storie più cruente degli ultimi cento anni del versante crime della storia italiana, quindi leggerete delle cronache orribili del marchese Casati Stampa che uccise la moglie, l’amante di lei e poi si sparò e ci troverete anche la saponificatrice di Correggio che invitava le vicine di casa e poi le faceva diventare saponette o biscottini, biscottini al cioccolato da offrire alle altre amiche. Troverete di tutto e di più, però lì ci sono dei segnali, degli elementi da un punto di vista astrologico. E questi segnali sono universali, non sono necessariamente della mia scuola. La mia scuola la potete riconoscere soprattutto nella direzione dei “propositi attivi” per contrastare determinate influenze degli astri alla nascita e in “corso d’opera”. Ma non è che il sottoscritto vi possa cambiare l’origine, il mitologema, la simbologia di un Marte nella settima Casa. Perché Marte nella settima Casa è chiaro che può avere due direzioni e soltanto due: o di qualcuno che vuole fare del male agli altri o di qualcuno che ha una tendenza a subire la violenza degli altri. Ma c’è la settima di mezzo o l’undicesima, ma quando la settima è vuota, l’undicesima è vuota, non c’è, per dire, un aspetto di quelli “micidiali”, del tipo di un Marte che colpisce Venere… No, niente di tutto ciò e, quindi, voglio dire, già al livello di tema natale, io da parte mia, con la mia esperienza, con il mio sapere, vi posso assicurare che qui non c’è un’omicida in questo cielo. E quando dico “in questo cielo”, ciò riguarda sia Stefania che Paola. Se poi ci allarghiamo all’esame dinamico che prevede la visione specifica di quell’anno e di quel mese, incrociando le tre cose, quindi i simboli del Cielo Natale con i simboli della Rivoluzione Solare con i simboli della Rivoluzione Lunare, dove arriviamo? Da nessuna parte, perché indubbiamente la Rivoluzione Solare era molto pesante.
Ovviamente, per entrambe, nell’anno dell’omicidio che, vi ricordo, ci fu il 13 agosto del 2007 che è anche il giorno del compleanno dell’avvocato Massimo Lovati, difensore del povero Andrea Sempio che per forza vogliono tirare in mezzo e lui non c’entra nulla. Allora noi troviamo una Rivoluzione Solare orribile, veramente orribile, con cinque astri tra la 12ª e la prima Casa: Sole, Venere e Marte in 12ª, poi troviamo Mercurio e Giove in prima, ma è come se fossero tutti e cinque o in 12º o in prima, perché divisi tra 12ª e prima valgono uguale. L’Ascendente è in quarta casa e c’è un Saturno strettissimo al Medio Cielo. Allora anche qui, osserviamo che questa non è la Rivoluzione Solare di qualcuno che uccide un’altra persona: è la Rivoluzione Solare di qualcuno a cui cambia la vita, in peggio, sotto molti aspetti, e che non c’entra nulla con un omicidio. Perché dico che cambia la vita in peggio? Perché non ci dimentichiamo che dal momento dell’omicidio, ora più ora meno, dai giorni successivi, qualcuno tra tantissime persone che frequentano il Bar Sport ha cominciato a indicare loro, ha detto quella lì non mi piace come guarda in televisione: ha abbassato lo sguardo oppure guarda un po’ verso destra e verso il basso. Non mi piace, ecco! La sua mimica facciale… ‘Secondo me, ha qualcosa da nascondere…’ e allora da lì è iniziata una persecuzione. E praticamente dura tutt’oggi, perché tutti vorrebbero far rientrare in quella stupidaggine che fecero e che, come ho detto poco fa, è dovuta ai fortissimi valori Leone, di voler apparire, e che produsse quell’innocente foto-montaggio, anche un po’ ingenuo, stupidino, ma le due sorelle non sono stupide, tutt’altro, sono molto intelligenti col Mercurio in Scorpione diretto dal severo Saturno. Da quel momento iniziò una persecuzione nei loro confronti che dura tutt’oggi e tutti quanti, poi, attingendo ad una mitologia parecchio produttiva che genera sogni a go-go e film a go-go nella mente malata di molte persone continuano a dire di loro di tutto e di più. Però, poi, alla fine, le due sorelle non c’entrano nulla con l’omicidio.
Da quel maledetto giorno vengono perseguitate in continuazione, non possono neanche andare per la strada, devono stare attente anche a essere riconosciute perché la gente le indica alle altre persone per strada: è una persecuzione, né più né meno. E sicuramente la loro vita è peggiorata a seguito di quel brutale omicidio, certo non è migliorata. Se poi andiamo a vedere la loro Rivoluzione Lunare eretta per il 26 luglio del 2007 e che comprende ovviamente la data del 13 agosto, anche qui troviamo un cielo pesante perché ci sono tre astri in prima Casa. Come sapete già questa è una violazione grave delle 34 regole, violazione che significa un mese pessimo. Poi, addirittura, ci troviamo un Marte nella sesta Casa che è un’altra violazione severa delle stesse regole che ci indica un mese davvero bruttissimo, terribile. Troviamo anche un Sole in ottava che, è chiaro, descrive, insieme al Giove abbastanza vicino all’Ascendente, una popolarità che loro non cercavano e che giunge da un lutto, da un delitto. Ma cosa c’entrano dette posizioni con l’omicidio di cui dovremmo accusarle? Qualcuno dirà: già, ma quel Marte è congiunto al Discendente! Di cosa parliamo? In questo caso l’orario è esattissimo e, allora, non confondiamo la zona Gauquelin con le cuspidi! Se qualcuno confonde la zona Gauquelin con la cuspide, allora siamo proprio ai fondamentali e occorre che inizino a studiare l’ABC dell’astrologia per capire la differenza che c’è tra le zone Gauquelin e le cuspidi: sono due argomenti completamente diversi e quel Marte con la settima Casa non c’entra alcunché perché sta ben oltre i 2,5 gradi, a quasi 5 gradi di distanza dal Discendente! Tutto l’insieme è davvero cattivo (e come potrebbe essere diversamente? Provate a immaginare se vi giungesse la notizia che una vostra cugina stretta e giovane è appena stata massacrata), però non c’è niente, assolutamente niente, che possa far pensare ad un’azione da parte del soggetto - il soggetto lo ripeto, può essere sia Paola che Stefania - contro terze persone.
Nota: E,
volutamente, non ho introdotto un altro campo larghissimo, quello dei rapporti
psicologici tra i due gemelli, soprattutto nei primi anni di crescita, in cui
una dinamica “fratello dominante/fratello più fragile” tende, poi, negli anni,
a indirizzare fortemente i due verso posizioni anche apparentemente polari tra
loro.
Aggiornamento del 29/8/2025
Un
“epico” viaggio a Nouméa, Nuova Caledonia.
Di
A.P. un “vecchio” (ma ancora giovane) astrologo di questa scuola.
Consigliatissimo
a Tutti, ma soprattutto a coloro che mi chiedono, non potendosi spostare fino a
Helsinki, se possono scegliere l’opzione Abbiategrasso.
Giovedì
21 Agosto 2025:
Questo è il diciassettesimo racconto relativo alla
prossima rivoluzione solare mirata e consecutiva, con destinazione Nouméa, in Nuova Caledonia. Il primo volo che prenderò
decollerà dall'aeroporto di Bologna per Dubai, esattamente alle tre e mezzo del
pomeriggio. Il trolley è pronto dalla sera prima, la documentazione è tutta a
posto e ho tanto tempo a disposizione, quindi posso alzarmi con calma alle otto
del mattino per arrivare all'aeroporto felsineo. Dopo aver fatto colazione con
calma e ricontrollato tutto quanto, sono le nove e cinquanta del mattino,
quando esco di casa per raggiungere la fermata dell’autobus 27, utile per
raggiungere alla stazione centrale il numero 81, che mi porterà successivamente
vicino all’aeroporto. Con questo metodo, risparmierò un bel po’ di soldi,
evitando il Marconi Express, poco economico, oppure i taxi, che però delle
volte possono disimpegnare di più del trenino. Alle dieci in punto arriva il
mio autobus ed in venti minuti mi trovo alla stazione centrale. Siccome anche
il numero 91 passa vicino all’aeroporto ed essendo arrivato prima del numero
81, opto per la prima soluzione, dato che partirò prima. Dopo meno di mezzora
raggiungo la fermata Birra e da lì, in dieci minuti di cammino, agevolato dal fatto
che oggi la giornata è fresca, raggiungo l’aeroporto. Siamo in tanti che
scendiamo, per andare verso l’aeroporto, alla fine non sono soltanto io quello
che la vede giusta, non si possono regalare tutti quei soldi per il Marconi
Express, specialmente se si ha una famiglia a carico. Ultimamente anche le
corse per gli autobus sono aumentate, una semplice costa 2,30 euro se acquisti
il biglietto cartaceo, nel bus sono 2,5 euro. Bologna del resto sta diventando
una città molto cara, i lavori per il tram la stanno sviscerando e dilaniando e
ci si chiede se sia così fondamentale questo cantiere. So solo che quando
arrivai qui nel 2008, la corsa di un bus costava soltanto un euro e questo
prezzo è durato così fino a poco tempo fa, gli affitti, pur onerosi, non erano
scandalosi come oggi e la viabilità adesso è andata a farsi benedire, con tutti
questi cantieri. Sempre parlando di riduzione di spese inutili, tra l’altro mi
ero preparato un panino con mortadella e pomodori del mio orto per il pranzo,
insieme ad una bottiglietta di Cola, così cerco un posto tranquillo dove poter
pranzare in santa pace, per mezzogiorno, evitando di farmi dissanguare in
aeroporto, dove i costi sono a dir poco proibitivi. L’accettazione la faccio
verso mezzogiorno e mezzo, ritiro dunque il biglietto che da Bologna, con la
compagnia aerea Emirates, mi porterà a Dubai, ricevendo anche i biglietti per
Brisbane e Nouméa, così non perderò ulteriore tempo. Ho anche il trolley come
bagaglio a mano e ciò semplificherà ancor di più il mio tragitto, senza attese
di bagagli. Per raggiungere il mio gate 17, faccio i soliti controlli di rito,
notando che da quest’anno hanno cambiato un pochino le cose. Per prima cosa il
trolley non viene aperto, come sempre devo depositare nella vaschetta tutto ciò
che è metallico, passando poi per il metal detector, ma hanno cambiato proprio
gli allestimenti e sembra di essere in una catena di montaggio. Inoltre il
controllo del passaporto è più fluido, si fa tutto più velocemente e ciò devo
dire che è positivo, constatando quindi che l’aeroporto di Bologna continua a
modernizzarsi e diventa sempre più un riferimento essenziale per tantissime
tratte internazionali. Le uniche pecche continuano ad essere quelle relative
alle postazioni di attesa nei gates e alla penuria di prese elettriche per
collegarsi con il computer, ma riesco come sempre a cavarmela anche in questo
frangente, collegandomi con il mio computer alla rete internet aeroportuale e ad
una presa di corrente trovata dopo tanta ricerca, per passare tranquillamente
un po’ di tempo, prima dell’imbarco. Mi aspetterà un viaggio della durata di quasi
sei ore, fino a Dubai, una delle maggiori città degli Emirati Arabi Uniti, con
la compagnia locale degli Emirates, la quale primeggia per efficienza e non è
la prima volta che la utilizzo, in quanto in precedenza feci questa stessa
rotta, per andare poi ad Adelaide. Puntualmente ci imbarchiamo sull’aereo, un
Airbus 350-900, mi accomodo al posto giusto ed attendo il decollo, previsto
alle tre e mezzo circa. Purtroppo a Bologna comincia un vero e proprio diluvio,
che non accenna a smettere, per cui, come mi immaginavo, dobbiamo attendere il
termine della perturbazione, mentre nel frattempo ci offrono un succo
d’arancia, per scusarsi. Tra una cosa e l’altra sono le cinque del pomeriggio,
quando finalmente decolliamo verso Dubai. Fortunatamente nella mia fila non c’è
nessuno, per cui posso accomodarmi come meglio credo e sfruttare anche i
cuscini delle postazioni sgombre, per stare il più comodo possibile. Tutto
procede al meglio, la quota si definisce in concomitanza con il sorvolo della
Bosnia, quando voliamo stabili a 12.503 metri di altezza, con 958 km orari di
velocità e una temperatura esterna di -56°. In tutto dobbiamo percorrere fino
agli Emirati Arabi Uniti, ben 4812 km totali, mica poco, che corrispondono a
quasi sei ore di volo. Durante il tragitto ho modo di ascoltare tanta musica,
in special modo dischi completi dei Beatles, dei Doors e dei RHCP, senza
contare che mi diverto anche con qualche gioco, come per esempio l’impiccato,
la dama, uno sparatutto e guardo pure in versione inglese alcune puntate della
serie tv di Sheldon, molto divertente. Arriva finalmente il momento della cena
e scelgo dal menu un antipasto di pasta con peperoni arrosto, carote scottate e
provolone. Come secondo mangio un ragù di manzo con fagioli al burro e spinaci,
con polenta al vapore e taccole scottate. Finisco con una delizia al cioccolato
con salsa al caramello ed un cioccolatino. Da bere prendo una lattina di Heineken
e dell’acqua naturale. Onestamente il viaggio è perfetto, l’unico inconveniente
è quello relativo alla temperatura un po’ troppo fresca, ma con una coperta in
dotazione, si rimedia tranquillamente.
Venerdì 22 Agosto 2025:
Prima di atterrare, ci offrono un caffè caldo e da
bere prendo un succo all’arancia, tanto per rinfrescarmi, infine arriva pure
una coppetta con del gelato alla vaniglia. Finalmente, dopo quasi sei ore di
volo, si atterra a Dubai, esattamente all’una meno dieci di notte, con l’ora
che è avanti di due, rispetto all’orario italiano. Una volta scesi, la
temperatura locale è veramente bollente, è come se ti sparassero addosso un
phon, senza mai allontanarsi da te. Prendiamo il bus che ci porta sia
all’uscita dell’aeroporto, piuttosto che all’ingresso verso altri gates. Dopo i
soliti controlli di rito, finalmente raggiungo il mio gate, nel quale attenderò
il volo di domani mattina per Brisbane, in Australia, che decollerà verso le
dieci e mezzo del mattino. Devo assolutamente cercare un sito in cui poter
accendere il mio computer, per passarci un po’ di tempo, considerando che la
notte sarà lunga, dato che la passerò qui. La cosa positiva è che i posti a
sedere sono comodi, rispetto a tanti aeroporti che ho visitato finora, per cui
non mi preoccupo riguardo la comodità. Certamente mi viene da riflettere sul
fatto che questa città, vista dall’aereo, sia veramente immensa, con un
orizzonte di luci infinito, qualcosa di incredibile. Fortuna loro, hanno capito
come investire per bene gli iniziali miliardi di dollari guadagnati dalla
vendita del petrolio, dato che adesso questo emirato in particolare (sono in
tutto sette gli emirati che compongono gli EAU) vive dal turismo e dal
commercio. Per diventare questo luogo futuristico, hanno richiamato i migliori
architetti e ingegneri di tutto il mondo occidentale, i quali sicuramente si
sono sbizzarriti e divertiti per creare ciò che è adesso Dubai, ossia una meta
immensa, ricca di grattacieli, divertimenti, movida, ricchissime persone che
investono e che continuano a fare un mucchio di soldi. Non oso pensare in tutti
questi cantieri, nel corso degli anni, quanti poveracci siano morti,
nell’indifferenza più totale. Queste nazioni, fino pochi decenni fa, erano
prive di tutta questa modernità, il territorio era deserto, gli abitanti erano
nomadi e giravano con i cammelli; diciamo che se non fosse stato per gli
interessi occidentali, ma anche per l’intelligenza dei figli di questi sceicchi
ed emiri, avrebbero continuato a vivere in quel modo. Dunque è proprio vero che,
da qualche generazione, gli abitanti degli Emirati, Qatar, Kuwait, Arabia
Saudita, Oman e Bahrein, vivono una vita profondamente inimmaginabile per noi e
anche per i loro avi più vicini, che sono stati comunque pionieri di tutto ciò,
constatando le ricchezze su cui camminavano sopra e facendosi aiutare dagli
occidentali per sfruttarle al meglio. E meno male che fanno pure girare un po’
di soldi, nel resto del mondo, questo dobbiamo ammetterlo, visto che da noi i
nababbi non investono quasi su nulla ormai, per cui a modo loro determinano,
con i propri investimenti, del benessere pure dalle nostre parti. Detto questo,
è giunto il momento di riposare un pochino, considerando che la nottata non
sarà semplice, ma trovo un posto a sedere degno di questo nome e riesco a
disimpegnarmi, in qualche maniera. Alle cinque del mattino mi sveglio
definitivamente, in bagno mi cambio l’intimo ed indosso una maglietta pulita,
dovrò affrontare al meglio quasi quattordici ore di volo, fino a Brisbane, in
Australia. Ho già con me il biglietto, attendo con pazienza che indichino il
gate esatto, ossia il 14, per andare proprio lì ed attendere la chiamata per
l’imbarco, visto che alle dieci e mezzo si decolla, sempre con un volo
Emirates. Una volta confermato il gate, proseguo con i soliti canonici
controlli delle autorità e mi preparo per l’imbarco. Questa volta il viaggio lo
effettuerò a bordo di un 380-800 di due piani, in tutto percorreremo 11.991
chilometri fino a Brisbane. Fortunatamente, durante queste quattordici ore di
volo, non ho nuovamente nessuno al mio fianco, per cui sfrutterò i due posti
liberi per riposare, considerando anche che sono seduto alla finestra.
Purtroppo la programmazione del decollo subisce un’interruzione di un’oretta
circa, ma ne approfitto per scambiare due chiacchiere con una coppia di signori
settantenni, originari di Terni, che vanno a trovare a Brisbane il figlio, il
quale ormai vive da un ventennio in Australia, ha una compagna ed una figlia,
svolgendo il mestiere di cuoco. Una volta decollati, dopo un po’ ci danno il
documento governativo australiano da compilare ed il menu del viaggio. Siamo in
cielo ad un’altezza di 11.887 metri, con una temperatura esterna di -50° e
raggiungiamo la velocità massima di ben 1026 chilometri orari. Finalmente
arriva il pranzo, mangio un’insalata con lattuga, peperoni, fagioli ed olio
d’oliva, poi del pollo grigliato con polenta, broccoli e carote. Come dolce
scelgo il mango con Milk cake e da bere una lattina di birra Heineken e
dell’acqua naturale. Il cibo devo dire che è buono, siamo pur sempre a bordo di
un aereo e disimpegna molto tutto ciò. Come sempre il tempo cerco di passarlo
giocando, guardando qualche film e serie tv, proprio come durante il volo
d’andata. Riposo anche in maniera soddisfacente, dato che posso sdraiarmi per
bene, occupando i due posti di fianco al mio vuoti, senza che nessuno
dell’equipaggio mi dica nulla. Ad un certo, punto, mentre sorvoliamo la parte
meridionale dell’India, devo andare al bagno, perché non riesco più a trattenermi,
proprio durante una tempesta che stiamo attraversando. Dato che in casi simili
avevano detto che l’accesso ai servizi igienici non era consentito, insisto con
uno steward, dicendogli che la seconda scelta sarebbe farla in un angolo
dell’aereo e così mi apre il bagno, avvertendomi che se dovessi farmi del male,
me ne assumo la responsabilità. Ma figuriamoci, non me lo lascio dire due volte
ed entro velocemente, senza badare neppure all’avvertimento e facendo il mio
servizio senza alcun problema. Durante i lunghi voli chiedo sempre qualcosa da
mangiare extra e così c’è una hostess italiana che mi porta qualche
cioccolatino o snack, da mangiare ogni tanto, la quale ha capito che sono
goloso e dunque abbonda nel rifornimento, con mio sommo piacere. Richiedo pure
del caffè o del thè, a seconda della voglia, anche perché mangiando il tempo
scorre e faccio pure qualche camminata, per sgranchire meglio le gambe. Ci
scappa pure qualche chiacchiera con la coppia ternana, in particolare con il
signore, il quale mi racconta che conosce bene pure Tempio Pausania, la mia
città di nascita, essendo andati a visitarla, durante un carnevale estivo di
qualche anno fa.
Sabato 23 Agosto 2025:
Non so dopo quante ore, ma arriva da mangiare anche un
panino con del pollo ed una salsa fatta di prezzemolo ed aglio, forte, ma buona.
Sicuramente sabato è già cominciato, del resto il volo dura da parecchie ore
ormai e con tutti questi fusi orari, ci si confonde. Delle volte mi sembra di
essere un’infante in un asilo nido, perché con tanti altri passeggeri, compreso
il signore ternano che ho contagiato, non facciamo altro che mangiare, bere,
andare in bagno e dormire, oltre che giocare e chiacchierare, ma alternative
non ce ne sono per ammazzare il tempo e questa tattica mi sembra la migliore in
assoluto. Il tempo passa, un paio di ore prima dell’agognato atterraggio,
arriva pure la colazione. Anche in questo caso è abbondante, nel menu c’è il
pollo con spinaci, una salsa di pomodoro piccante, uova al tegamino e della
frutta fresca di vario genere, tagliata a spicchi. Inoltre c’è dello yogurt con
granella di frutta secca varia, un tocco di salsa di fragola, dell’acqua, un
succo di arancio ed un caffè che prendo macchiato. Dopo quattordici ore di
volo, mai fatte prima d’ora, finalmente alle sette del mattino si atterra a
Brisbane, in Australia. Devo dire che il pilota ha recuperato una mezzoretta di
tempo, considerando la partenza in ritardo, per cui meglio così. La cosa
impressionante, durante l’ultima fase del volo, è stata avere visto una marea
di laghi, terre coltivate, catene montuose ricche di boschi, oppure deserti,
immensi territori che in Australia sfruttano davvero al meglio. Sceso a terra,
nell’aeroporto di Brisbane, devo come sempre cercarmi il gate per il terzo ed ultimo
volo dell’andata, che mi porterà in Nuova Caledonia. Nel frattempo ho molto
tempo a disposizione, visto che partirò a mezzogiorno e mezzo, così mi soffermo
nei punti in cui ci sono le prese elettriche, a cui collegare il computer.
Purtroppo i miei due riduttori non vanno bene per l’Australia, a casa ho
lasciato proprio quello che pensavo non servisse, ma non sarà un problema
questo, in quanto in Nuova Caledonia le prese sono come quelle europee, per cui
navigherò più tardi. In aeroporto ci sono un sacco di posti a sedere comodi,
dove potersi sdraiare, così passo del tempo a riposare, cosa che non fa mai
male. Verso mezzogiorno, nel gate 73 A, mi metto in fila per l’accettazione.
Voleremo con la compagnia aerea Qantas Airways, la partenza è prevista per mezzogiorno
e mezzo. Ho già con me il biglietto sin dalla partenza di Bologna, il viaggio
va benissimo, mi trovo nelle postazioni centrali dell’aereo, dove si sta più
larghi. Come sempre le hostess spiegano cosa fare in caso di emergenza e
chiaramente, dove sono seduto io, ci sono le porte di salvataggio da aprire. La
mia vicina di posto, prende troppo alla lettera la cosa e chiede di essere
spostata, lasciandomi veramente divertito, perché non è mai successa una cosa
del genere da quando viaggio. Detto questo, durante le due ore di volo, ci
danno del riso con piselli, manzo e una salsa piccante, acqua, della birra e
anche un kit-kat. Compilo anche la carta verde, necessaria ai governativi della
Nuova Caledonia e finalmente si atterra. Il tempo è avanti di un’ora rispetto
all’Australia e così sincronizzo il cellulare, siamo all’aeroporto di La
Tontouta, il clima è gradevolissimo e, dopo i soliti controlli ed avere
consegnato ai preposti la carta verde, raggiungo fuori dall’aeroporto la
navetta, con cui avevo concordato dall’Italia il passaggio per Nouméa, capitale
della Nuova Caledonia. Avendo acquistato anche il ritorno, mi metto in accordo
con l’accettazione, per sapere a che ora verranno a prendermi nella casa in cui
soggiornerò. Mi dicono che saranno da me per le otto e mezzo, saluto e salgo a
bordo della navetta. Il viaggio dura circa tre quarti d’ora, di prima
impressione la Nuova Caledonia è proprio un bel posto, tutto verde
lussureggiante, la strada per Nouméa prosegue verso sud ed è trafficata il
giusto, la manutenzione è ottima, ne approfitto pure per schiacciare un
pisolino. Siamo in tutto sei i passeggeri ed il primo che deve scendere sono
proprio io. Saluto tutti, vado davanti al cancello della villa, recupero il
codice che mi ero scritto per aprire lo stesso e poi mi dirigo verso
l’appartamento. Con un altro codice apro il portone della palazzina e raggiungo
finalmente il primo piano, dove suono il campanello. Vengono ad aprirmi Bernard
e la moglie, mi danno il mazzo delle chiavi dei vari portoni ed il telecomando
del cancello, poi la moglie si ritira in camera e rimango con lui. Mi racconta
che vivono qui da una ventina di anni, hanno origini francesi, della zona di
Lourdes, sono qui perché si erano stancati della Francia e vivono letteralmente
in un vero e proprio paradiso, lui è in pensione e dalle foto vedo che hanno
due figli giovani. Anche se siamo in inverno, abbiamo una ventina di gradi, la
vita è tranquilla ed hanno fatto veramente bene, a mio modesto giudizio, nello
scegliere questo posto come luogo in cui vivere. Abitano circondati da altre
villette, in una zona residenziale e collinare, con tanto verde lussureggiante,
dalla terrazza si vede un panorama davvero bello, hanno fatto una scelta
veramente ottimale. Mi mostra poi il resto dell’appartamento, tenuto bene ed
ordinato, gli chiedo qualche dritta per girare in città e mi scrive degli
appunti in un foglietto, rendendosi disponibile per altre richieste. L’unica
vera e propria cosa che voglio fare ora, è collegarmi al computer, fare una
bella doccia ed infine riposare, visto che con tutte queste ore di volo che ho
addosso, sono abbastanza stremato, ma pensavo peggio. Così Bernard si congeda
educatamente, lo saluto anche io cordialmente, per poi mettermi al computer ed
infine fare una bella e rilassante doccia, cosa che ci voleva davvero.
Domattina avrò tutto il tempo necessario per organizzarmi al meglio, ora è
tempo di riposare in un letto comodo e devo considerare che è domenica e quindi
non so se potrò cambiare i soldi che mi sono portato qui, essendo le banche
chiuse, così come non ho idea se potrò acquistare i francobolli e le cartoline,
per poi spedirle, mentre per il souvenir penso non ci siano problemi. Domani
penserò a tutto ciò, ora sono le otto di sera e mi metto a letto, ne ho
veramente bisogno.
Domenica 24 Agosto 2025:
Poco prima delle sei del mattino sono già in piedi, ho
riposato discretamente e piano piano il sole si sta levando, illuminando tutto.
Tutto è calmo, si sentono gli uccelli cinguettare ed il clima è perfetto. Oggi
è domenica, dovrò organizzare al meglio la giornata, in quanto le banche sono
chiuse e non posso cambiare i miei soldi, per cui questa operazione, insieme
all’acquisto di francobolli, cartoline e spedizioni delle stesse, le rinvio a
domani, che è lunedì. Con estrema calma e tranquillità passo del tempo al
computer, facendo delle ricerche in rete sulla Nuova Caledonia, per capire
meglio dove sono arrivato. Mi sembra giusto dunque fare una presentazione
relativa a questo territorio d’oltremare, governato dai francesi. Le prime
popolazioni che approdarono in questa terra, erano gli Austronesiani, i quali arrivarono
circa 3.300 anni orsono. Si sviluppò una civiltà specifica e gli eredi di tutto
ciò sono gli attuali Kanak. James Cook avvistò l’isola nel 1774, la chiamò così
perché le sue verdi colline gli ricordavano la Scozia, anticamente chiamata
Caledonia dai romani. Dunque inizialmente questo territorio è abitato da
missionari britannici, ma nel 1853 diventa possedimento francese, grazie a
degli accordi con i locali, per contrastare l’egemonia nell’oceano Pacifico dei
britannici. Dal 1864 al 1897, la Nuova Caledonia divenne una colonia penale
francese, destinazione per circa 22.000 prigionieri, inclusi criminali comuni,
ma anche prigionieri politici come i comunardi della Comune di Parigi del 1871.
Questa fase è tristemente nota per le condizioni disumane e per la
significativa riduzione della popolazione Kanak, a causa delle malattie
importate e delle espropriazioni di terre che alimentarono tensioni e rivolte.
La più famosa fu la Rivolta Kanak del 1878, guidata dal gran capo Atai, dove i
locali ebbero chiaramente la peggio. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la
Nuova Caledonia giocò un ruolo strategico per gli Alleati, in particolare per
gli Stati Uniti, che la utilizzarono come base per le operazioni nel Pacifico,
contro i nipponici ed il loro espansionismo. Nel dopoguerra, l'arcipelago
divenne un Territorio d'Oltremare francese e, con l'abolizione del lavoro
forzato, i Kanak acquisirono maggiori diritti, pur rimanendo una minoranza
nella loro stessa terra a causa dell'immigrazione francese, arginando così le
velleità indipendentiste locali. Negli anni ottanta, le tensioni tra i Kanak
indipendentisti (sostenuti dal Fronte di Liberazione Nazionale Kanak e
Socialista - FLNKS) e i lealisti francesi sfociarono in violenti scontri,
culminati nella tragica presa d'ostaggi di Ouvéa del 1988. Questo portò agli
Accordi di Matignon del 1988, che istituirono una transizione di 10 anni e
garantirono lo sviluppo economico e sociale. Successivamente, l'accordo di Nouméa
del 1998 ha segnato un passo decisivo, riconoscendo l'identità Kanak e
stabilendo un piano per il trasferimento graduale di competenze dalla Francia
al governo locale, con un massimo di tre referendum per l'indipendenza. I
referendum del 2018, 2020 e 2021 hanno visto la vittoria del "no"
all'indipendenza, mantenendo la Nuova Caledonia come parte della Francia, ma il
dibattito sulla sua futura autodeterminazione rimane aperto. I francesi
chiaramente hanno giocato sporco, grazie alla grossa popolazione di origine
europea, che si autotutela i propri interessi economici. Lo scorso anno ci sono
stati un insieme di disordini e proteste avvenute a partire dal 13 maggio
2024. La causa principale è stata
l'opposizione a una riforma costituzionale francese che ridefiniva le leggi
elettorali locali, considerata svantaggiosa per il popolo Kanak. A seguito delle proteste, il governo francese
ha dichiarato lo stato di emergenza, imposto il coprifuoco e inviato forze
armate. I disordini hanno causato 236 feriti tra i manifestanti, 64 tra le
forze dell'ordine e la morte di 9 persone (2 gendarmi e 7 civili), oltre a più
di 240 arresti. Attualmente sembra che la situazione sia più tranquilla, ma lo
stesso Bernard mi ha avvisato del fatto che uscire durante la notte potrebbe
essere problematico, giustamente non si sa mai nella vita, sono pur sempre un
turista straniero. Dal punto di vista geografico invece, Grande Terre è l'isola
principale della Nuova Caledonia, situata nel Mar dei Coralli. Ha una
superficie di 16.372 km² ed è la 53ª isola più grande del mondo, praticamente
la Sicilia è più grande del 40%, per capirsi. È attraversata da una catena
montuosa, con il Mont Panié che raggiunge i 1.628 metri e l'isola ospita circa
268.000 residenti, buona parte di essi abita nel capoluogo qui a Nouméa. L’isola
in linea d’aria è lunga circa 400 km e larga in media 50/60 km, attraversata da
una lunga catena montuosa interna, inoltre la barriera corallina è molto
sviluppata, si tratta della seconda più grande al mondo, dopo quella
australiana. I principali gruppi etnici sono due: quello melanesiano e quello
europeo, i cosiddetti caldoche. Bernard mi ha detto che potrebbero essere fino
a cinquecento gli abitanti di origine italiana. Esistono altre minoranze tra
cui quella polinesiana e quella indonesiana. La lingua ufficiale è il francese,
le tradizioni della Nuova Caledonia si basano sulla cultura del popolo indigeno
Kanak, con influenze francesi. In Nuova Caledonia esistono circa 28 lingue
Kanak indigene e la vita sociale è centrata sui clan e sulla capanna principale
(la grande case). Le cerimonie (le coutume) prevedono lo scambio di doni come
l'igname, un tubero con un profondo significato culturale. L'artigianato è noto
per le sculture in legno e le flèches faîtières, elementi decorativi per i
tetti delle capanne. Il nichel è il pilastro dell'economia neocaledoniana e
chiaramente la Francia non rinuncia all’isola, proprio per questa cosa. Tutto
il processo produttivo del nichel costituisce il 90% dei ricavi da esportazione
del territorio e rappresentano circa il 20% del suo PIL. Le entrate del nichel
sono vitali per sostenere un tenore di vita elevato, comparabile a quello della
Francia metropolitana, ma questo la rende molto vulnerabile alle fluttuazioni
dei prezzi globali del nichel. Giustamente Parigi partecipa all’economia
locale, con una parte significativa del bilancio del territorio, pari a oltre
il 15% del PIL. Il turismo incide ancora in modo limitato, generando circa il
3% del PIL. L'isola attira visitatori con le sue spiagge, lagune e
biodiversità, che arrivano soprattutto da Australia e Nuova Zelanda, ma ci si
trova troppo isolati per avere degli standard ali. Agricoltura e pesca rendono
poco riguardo il PIL, ma sono importanti per l'occupazione e la sussistenza
della popolazione rurale. I principali prodotti caledoniani sono gamberi,
tonno, igname, taro, caffè e vaniglia. Infine, la cucina della Nuova Caledonia
è una fusione tra la tradizione melanesiana e la cucina francese. Il piatto nazionale è il bougna, uno stufato
a base di carne o pesce con tuberi (igname, taro), cotti con latte di cocco e
avvolti in foglie di banano in un forno scavato nella terra. Oltre al bougna,
l'alimentazione è ricca di pesce fresco e frutti di mare (come il granchio del
cocco e gamberi) e vi sono i classici frutti tropicali. Essendo una cucina influenzata dai francesi,
chiaramente è radicata la presenza di baguette, formaggi, vino e pasticceria,
che coesistono con i sapori esotici della cucina locale. Penso di essere stato
molto esaustivo su questo paese, che continuerò ad approfondire in maniera più
incisiva, durante questo soggiorno, anche perché è arrivato il momento di fare
colazione. Manca poco alle otto del mattino, ieri Bernard mi parlava del
bollitore e mi aveva fatto vedere dove trovare il caffè solubile, oppure il
thè, dicendomi anche dove avrei trovato la ciotola. Organizzo tutto per il
meglio, anche perché non è da tutti i giorni fare colazione in un terrazzo che
si affaccia ad un panorama così bello. Metto subito dell’acqua nel bollitore e
poi prendo la soluzione di caffè e cioccolato solubile, che utilizzerò. Trovo
anche una confezione già avviata di muesli e quindi, una volta preparata la mia
gran colazione di caffè e cioccolato bollente, ne metto un bel pochino dentro e
mi avvio al terrazzo, dove mi godo colazione e panorama, contemplando questa
stupenda vista. All’orizzonte si erge pure il Mont Paniè, tutto avvolto da un
verde rigogliosissimo, una stupenda visione devo dire. Quando ho finito,
intravedo la moglie di Bernard, la quale mi augura il buongiorno in italiano,
per poi andare in bagno. Successivamente sto un po’ al computer e poi desidero
affacciarmi in veranda, per godermi il sole, trovando Bernard che fa colazione.
Ci facciamo una bella chiacchierata, mi racconta che lui è stato nell’esercito
francese per ventisette anni a Tolone, con la moglie è venuto a vivere qui nel
2004 ed ha fatto l’insegnante di matematica, prima di andare in pensione. La
moglie ancora insegna e lui ogni tanto fa lezioni private. Il costo della vita
qui è abbastanza alto, ma riescono a cavarsela bene, la figlia maggiore lavora
a Marsiglia e l’altra studia all’università di Tolone, la quale era qui fino a
qualche settimana fa. Lo scorso anno sono stati a Roma per vedere il concerto
dei Coldplay ed in generale ha una buona conoscenza dell’Italia, inoltre si
vede che è una persona istruita. Peccato che non riesca a rispolverare il
francese, lingua che mi piaceva molto, alla fine i nostri dialoghi sono in
inglese, che lui parla correttamente. Tra l’altro parliamo un pochino di storia
e gli spiego la differenza tra l’irredentismo di matrice corsa e quello sardo,
secondo le mie conoscenze e ciò avviene perché aveva questa curiosità da tempo,
trovandolo completamente d’accordo sul mio pensiero, ossia che di base, sia la
Sardegna che la Corsica meritano di essere nazioni indipendenti, in quanto
tali, ma chiaramente non vogliono rinunciare al possesso italiani e francesi,
per ragioni sostanzialmente identiche. Essendo domenica, con la moglie vuole
andare a mangiare in ristorante, ma si offre di accompagnarmi al mare oggi volentieri
e francamente l’iniziativa parte da lui, perché non avevo ancora deciso come
passare la giornata. Accetto volentieri e non potendo cambiare i miei soldi,
essendo chiuse le banche, chiedo come potrei fare per i soldi da spendere, ma ci
penserà lui a provvedere, cambiandomi cinquanta euro, così potrò comprarmi le
cartoline, i francobolli, pranzare e pagarmi il taxi per tornare qui. Infine mi
dice che usciremo alle dieci, giusto il tempo di cambiarsi e prepararsi
all’uscita, per cui anche io mi preparo, mettendoci chiaramente molto di meno,
per poi attendere serenamente. Devo dire che è stata un’offerta molto gentile,
ci speravo in fondo che facendo conoscenza potessi avere un loro supporto e
così è stato. Si parte un pochino più tardi, ma tanto non è un problema per me,
non avendo fretta. Raggiungiamo sotto casa la macchina e cominciamo il viaggio,
tranquillamente. La giornata è bella, ci saranno 23/24° ed il sole ogni tanto
fa capolino. Durante il viaggio, Bernard continua a raccontarmi un po’ della
sua carriera militare, dicendomi che è stato in Oceania, con la marina militare
francese, in tutti i territori francesi presenti in questa zona del mondo, in
particolare nella Polinesia francese, Wallis e Futuna, mentre in Europa è stato
in vari posti, tra cui anche Napoli. Il turismo che arriva in Nuova Caledonia è
prettamente australiano e neozelandese, per via della profonda lontananza con
l’Europa, mentre riguardo i cinesi, ancora non sono arrivati economicamente e a
livello di emigrazione, ma per lui la cosa non durerà in eterno e vede ciò come
un problema. Si parla anche della politica attuale francese, di Macron si
limita a dire che è un uomo delle banche, per cui ho già capito il suo
pensiero, essendo anche un ex militare. Difatti, quando si parla del Front
National e della famiglia Le Pen, mi fa un sorriso sardonico. E mi chiede lumi
riguardo la politica attuale dell’Italia, in particolar modo della Meloni.
Rispondo tranquillamente che ha fatto agli italiani promesse da marinaio e che
personalmente, non avendola votata, non ho nulla da recriminare a tal
proposito. Anche in questo caso mi fa un altro sorriso sardonico, è chiaramente
in accordo con me. Il viaggio in auto finisce e facciamo una bella passeggiata,
una volta arrivati vicino alla spiaggia chiamata Anse Vata, una delle più
famose della città, cerchiamo un posto in cui acquistare almeno le cartoline,
ma tutto è chiuso, essendo domenica, troviamo soltanto i ristoranti ed i bar
aperti. Francamente non è un problema, se ne parlerà domattina, tanto più o
meno la posta e la banca le ho viste passandoci davanti con la macchina, sarà
facile fare tutto. Prima di andare via con la moglie per i fatti propri,
Bernard mi cambia un po’ di soldi, così gli lascio cinquanta euro e mi ritrovo
con seimila franchi CFP, ossia la moneta locale. Si raccomanda di dare al
massimo mille franchi al tassista che mi accompagnerà a casa e mi dice di
andare via così, visto che a piedi sono circa 9 km e la zona è collinare,
dunque un po’ pesante da percorrere in questo modo. Di bus non ce ne sono, la
domenica a quanto pare non si muovono, ma non soltanto loro. Ci si saluta
quindi e la prima cosa che faccio è farmi il bagno al mare, lindo e pulito come
quello sardo. Come abbigliamento ho già i box addosso, si sta benissimo in
ciabatte, con il bel clima che c’è. Comunque l’acqua devo dire che è davvero
fredda, tira un venticello che non mi è per nulla simpatico ed alla fine ci
metto parecchio a buttarmi come si deve in acqua. Esco poco dopo, arrivando
all’ombelico, perché non ce la faccio a resistere, del resto non prendo il
premio se rimango con l’acqua fino al collo, la temperatura è abbastanza gelida
e speravo che invece fosse più calda, ma pazienza, il bagno in parte me lo sono
fatto lo stesso. In riva faccio due chiacchiere con una coppia, la quale ha con
sé due bimbi piccoli. Lui è originario della Nuova Caledonia, lei invece
proviene dalla Polinesia. Purtroppo lei non parla in inglese per nulla, lui lo
capisce appena e quindi devo rispolverare il mio francese, fermo a circa
venticinque anni fa. Eppure era una lingua che mi piaceva pure tanto, più
dell’inglese, ma senza pratica, si perde la dimestichezza. Devo dire che riesco
a farmi capire bene e soprattutto a comprendere le risposte della signora,
visto che chiedo continuamente informazioni sulla sua terra, essendo molto
incuriosito dal loro paese. Lei gentilmente mi spiega che in Polinesia francese
non esiste l’inverno, è sempre estate, possono esserci cicloni ogni tanto, ma
non sono così pericolosi e loro sono abituati a ciò. La vita è semplice e sono
sempre sorridenti, positivi ed ottimisti, tempo fa è stata in Francia e non le
è piaciuto nulla. L’ha trovata una nazione con gente sempre arrabbiata, che non
saluta, tutto molto confuso politicamente e socialmente, se ne sta meglio nella
sua terra natale; sembrava la descrizione dell’Italia, non c’è altro da
aggiungere. La loro religione è cattolica, ma ci sono anche diversi testimoni
di Geova tra i nativi, grazie a tanti missionari arrivati dalla Francia e dagli
USA, però agiscono discretamente, non generano alcun problema. Le culture
polinesiane e melanesiane sono derivate dalle antiche migrazioni dei popoli di
lingua austronesiana, sebbene si siano evolute in strutture sociali e culturali
differenti, ma tra loro hanno tante affinità e similitudini. In Polinesia mi
spiega che ci sono tanti lavoratori specializzati francesi, come dottori,
infermieri e militari, che fanno famiglia in loco con le donne del posto,
mettendo su una mescolanza etnica che invece non si riscontra in Australia o
Nuova Zelanda. Secondo lei questo è avvenuto perché i francesi sono sempre
stati di manica larga, riguardo la mescolanza etnica, a differenza degli
inglesi che invece ci tenevano ad una differenziazione pratica, considerando
gli indigeni inferiori. C’è anche da dire che i Maori della Nuova Zelanda,
molto bellicosi, non hanno mai voluto una comunanza etnica con gli occidentali,
anzi, hanno fatto di tutto per cercare invano di mandarli via dalla loro terra.
Durante la chiacchierata la signora mi offre pure un arancio ed un passato di
frutta alla pera, molto buono e ringrazio con tutto il dovuto rispetto. Chiedo
anche, a tal proposito, come sono organizzati per il cibo e mi spiega che tutto
quello che non riescono a coltivare, arriva via mare dall’Australia o dalla
Nuova Zelanda, raramente dalla Francia, ma allo stesso tempo hanno prezzi bassi
e modici, non come in Nuova Caledonia, dove il costo della vita è legato
all’estrazione del nichel. A tal proposito Bernard mi diceva che ora la
situazione è un po’ critica, dato che nel mondo acquistano di più quello
estratto in Indonesia e Filippine, dove chiaramente tutto ha costi inferiori.
Tornando alla signora, mi congedo gentilmente, dato che devono cominciare a
pranzare e non accetto di rimanere, perché è stata fin troppo gentile finora.
Ci salutiamo e, prima di lasciarli, mi faccio scattare qualche foto in
spiaggia, dato che c’ero. A questo punto ho voglia di prendere un caffè ed
intorno può disimpegnarmi soltanto il Burger King. Francamente era meglio se
avessi evitato, perché probabilmente è il peggior caffè che io abbia mai bevuto
negli ultimi anni, un qualcosa di cattivo gusto, pessimo sotto ogni punto di
vista. Con questo amaro in bocca, devo in qualche maniera dimenticare il tutto
e così, decido di andare a visitare l’acquario cittadino. Non è grandissimo,
sia chiaro, ma rappresenta per bene tutto ciò che si trova in Nuova Caledonia,
a livello marino. A parte la moltitudine di pesci di ogni genere, vi sono poi
un sacco di tipi di molluschi, invertebrati di ogni genere, inoltre nella vasca
più grande ci sono anche dei piccoli squali ed un paio di tartarughe marine, ci
sono anche pesci davvero buffi e di ogni colorazione possibile. Penso che in
mezzora sia riuscito a vedere tutto, è stato un piacere farlo e non potevo
evitare questa occasione, ne valeva la pena. Sulla via del ritorno, a questo
punto, comincio ad avere fame, così trovo il locale che più stuzzica la mia
curiosità e mi accomodo. C’è il piano bar, sono le due e mezzo, c’è una deejay
e devo dire che ai tavoli sono presenti tante persone, anche con molti figli al
seguito, dunque non solo comitive di giovani. Ecco, pure in Nuova Caledonia,
come per esempio in Canada, vedo tante famiglie con bambini in giro. Secondo me
questo non avviene perché oggi è domenica, ma hanno sicuramente una situazione
migliore di quella nostra, considerando che fanno parte della Francia, dove la
natalità è ben supportata dallo stato. Francamente, nascerei anche qui se
potessi scegliere, perché ti accorgi di quanto invece l’Italia sia un paese
inospitale per le coppie che generano figli e tutto ciò è una vergogna
internazionale. Per pranzo prendo un bell’hamburger con pollo e patatine
fritte, in mezzo c’è anche della cipolla e mi danno un sacco di salse di vario
tipo. Da bere non prendo nulla, semplicemente perché mi portano una caraffa di
acqua da un litro e mi basta e avanza. Se la prendono con comodo nel servirmi,
ma ero già preparato a questa evenienza, in quanto avevo letto che in questo
paese nella ristorazione hanno i loro tempi, fanno le cose con calma e senza
fretta. Onestamente con tutto il tempo che ci hanno messo, ne valeva la pena
attendere, in quanto l’hamburger era decisamente buono ed inoltre la deejay ha
messo tanta musica interessante, mixando diversi successi rock in maniera direi
egregia. Ora è tempo di tornare a casa, decido di incamminarmi e se necessario
prenderò un taxi, altrimenti farò il percorso a piedi, la distanza non mi
spaventa affatto, forse le salite mi daranno del filo da torcere, ma non ho
alcuna fretta nel tornare a casa. Durante la prima parte del tragitto, piove
abbastanza, ma poi ritorna per fortuna il sereno e quindi posso muovermi più
agevolmente. Dopo aver ricevuto un paio di indicazioni, da parte di due coppie,
per avere la certezza di percorrere la strada giusta, mi informo pure su quanti
chilometri mi mancano per arrivare a casa e l’ultima ragazza che mi aiuta, dice
che sono quattro circa, mica male. Secondo lei, essendo tutto in salita,
sarebbe meglio cercare un taxi, ma le spiego che non ci sono problemi per me ed
inoltre non ho cellulare per chiamarlo. Insiste e mi dice di aspettare, perché
chiamerà un taxi per me e pagherà pure la corsa. Sono abbastanza stupito e
lusingato per queste attenzioni, dunque non posso non rifiutare e ringrazio la
ragazza. Lei è appartenente all’etnia locale, ossia ai Kanak, fisicamente
abbastanza robusta e quindi non del mio genere, però apprezzo la sua gentilezza
e non immaginavo arrivasse a tanto. Forse le ho fatto pena, indosso una
maglietta, un costume da bagno e delle ciabatte, non ho un cellulare con
internet e mi sono rimasti pochi soldi. Dopo un quarto d’ora arriva un tizio
con i capelli rasta ed una signora al suo fianco, entrambi autoctoni. Deduco
che sono tassisti imboscati, la ragazza gli paga la corsa, indicandogli per
bene la via da raggiungere e così comincia la strada per il ritorno. Fanno un
giro abbastanza strano, dalla mappa dovevano svoltare subito a sinistra e
percorrere le colline, invece il tizio fa una strada praticamente opposta,
percorrendo un’altra zona pianeggiante e solo dopo diverso tempo, raggiungiamo
la strada giusta. Tra l’altro inizialmente mi porta in un’altra casa, purtroppo
non parlano inglese e quindi ho difficoltà nel dirgli che doveva lasciarmi poco
prima. La signora, che in teoria al suo fianco doveva fare da navigatrice, non
ci capisce nulla, eppure l’indirizzo indicato era corretto e c’era poco da
sbagliare. Quindi chiediamo aiuto ad un signore che stava lavando la macchina,
il quale si trova vicino alla mia meta finale. Con lui grazie a Dio posso
spiegarmi meglio ed alla fine chiaramente avevo ragione io, in quanto il
tassista era andato troppo avanti, lasciandosi a destra la mia destinazione.
Poco male, non mi arrabbio affatto e anzi, ci facciamo due risate, non è
proprio il caso di litigare. Arrivo quindi al cancello, che trovo già aperto,
li saluto con profonda educazione e rientro dunque a casa. Appena apro,
percorrendo il corridoio al buio, capisco che si è un pochino allagato e
difatti arriva acqua dal bagno. Bernard, che si sta facendo la doccia, non mi
sente, ma sua moglie Veronique, che era in camera, sente il mio bussare alla
porta e la informo della situazione. Mi ringrazia e successivamente con Bernard
asciugano tutto il pantano che si era creato purtroppo. Io nel frattempo
rientro in camera e, prima di andare a fare la doccia, mi assicuro che abbiano
sistemato tutto e nel caso avessero bisogno, mi offrirò per dargli una mano.
Alle sette e mezzo di sera vado in bagno, ho proprio bisogno di ristorarmi
sotto il gettito dell’acqua della doccia, la giornata è stata interessante e
come approccio iniziale con questa città, direi che non ci sono stati affatto
problemi, anzi. Bernard e Veronique sono stati molto gentili e disponibili,
inoltre mi ha colpito positivamente la gentilezza della ragazza che ha voluto
pagarmi il taxi, senza contare che le persone sono molto cordiali, disponibili
e pronte a dare indicazioni, non si tirano indietro per nulla, anzi. Sono le
nove della sera, quando decido mangiare qualcosa, ma lo faccio perché
chiaramente non va bene saltare i pasti, pur avendo pranzato abbastanza tardi.
Mi faccio nuovamente una tazza con della cioccolata e caffè, insieme al muesli,
proprio come stamattina, ma aggiungo un pacchetto di Oreo, trovato in dispensa.
Onestamente non so se ho il permesso per prenderlo, non abbiamo parlato
esplicitamente di cosa posso prendere in generale, mi ha detto solo del caffè
solubile, ma francamente glielo dirò domattina, adesso non è ora di rompergli
le palle, dato che sono in camera da letto a guardare la tv in santa pace.
Lunedì 25 Agosto 2025:
Stanotte è piovuto per diverse ore, ma quando mi sono
alzato al mattino, verso le sei, per fortuna era tutto già finito. Le
previsioni meteo sono positive, il vento dovrebbe calmarsi nelle prime ore
della giornata, visto che ancora sbuffa moderatamente. Non ho voglia al momento
di fare colazione, ci penserò più tardi, non ho fame e sono rilassatissimo.
Oggi starò tutta la giornata fuori, voglio farmi un bel giro nella zona
principale del paese ed inoltre ho qualche commissione da svolgere. Verso le
sette e mezzo vado in cucina per prepararmi la colazione, anche perché
Veronique e Bernard si sono svegliati e voglio raccontargli com’è andata ieri.
Sono molto contenti che quella ragazza mi abbia dato una mano per tornare a
casa e sono pure stupiti, Bernard poi ci tiene a dirmi che ieri, nella
camminata fatta con loro, avevamo percorso quattro chilometri e per loro è
stato abbastanza. Io gli rispondo che non ci ho neppure badato, in Italia siamo
abituati a camminare tanto e difatti i turisti statunitensi fanno sempre dei
video in rete, lamentandosi del fatto che bisogna percorrere tanti chilometri
per girare nelle nostre città. A tal proposito mi raccontano pure che, lo
scorso anno, dopo il concerto all’Olimpico dei Coldplay, per tornare in hotel
hanno fatto otto chilometri di camminata, perché non c’erano mezzi pubblici e
nel mentre gli italiani gli dicevano che tutto ciò era normale. Normale perché
si è abituati ad una carenza di servizi pubblici a Roma, ma anche perché
camminare è la quotidianità, a differenza appunto di tanti stranieri,
soprattutto statunitensi, che per fare mezzo chilometro prendono la macchina.
Durante la colazione, in cui mi bevo una bella tazza di caffè e cioccolato,
dico a Bernard che ieri sera avevo preso una confezione di Oreo, per
correttezza. Mi dice che ho fatto benissimo, quello che trovo è a mia
disposizione e non devo farmi scrupoli. Veronique mi informa che deve uscire
alle otto e mezzo con la macchina e dunque, se voglio un passaggio per andare
in banca e alla posta, lei è disponibile. Chiaramente accetto volentieri e così
ci si aggiorna, in quanto entrambi andiamo a prepararci per uscire. Puntuale
come un orologio svizzero Veronique mi chiama e io non mi sono fatto trovare
impreparato affatto, così partiamo subito. Durante il viaggio mi racconta che
lei è nata nella Lorena, il padre era gendarme e per questo hanno viaggiato in
lungo e in largo, andando a vivere a Guadalupe, in Togo e Tahiti, viaggiando
dunque come Bernard. Arriviamo vicino alla banca e mi deve lasciare, perché
deve andare dal dentista e poi in palestra, così ci salutiamo e ci diamo
appuntamento per stasera. La giornata è migliorata, il vento si sta calmando ed
il sole sta prevalendo sulle nuvole per fortuna. La prima cosa che faccio è
cambiare i miei soldi in banca, dove l’operatrice, molto gentile e cortese, fa
in fretta e furia. Chiedo indicazioni per raggiungere le poste ad una signora che
gentilmente mi indica la strada. Una volta entrato nell’edificio, domando ad
una ragazza se hanno i francobolli, ma mi dice che troverò tutto nel negozietto
vicino, comprese le cartoline. Così mi servo dal signore del negozio e ne
approfitto pure per acquistare il souvenir, ossia una tazzina con la mappa
della Nuova Caledonia, dato che le classiche palline non ce l’aveva. Ho tutto
con me, non mi resta che rientrare alle poste, dove compilo le cartoline con
gli indirizzi, l’addetta vi applica il francobollo ed infine mi dice di non
preoccuparmi, che ci penserà lei alla spedizione. Devo dire che la gente del
posto è davvero cordiale e gentile, nel comunicare sto cercando di farlo in
francese e piano piano riesco a spiegarmi bene, ci vuole solo un po’ di
pratica, considerando che l’inglese non è alla portata di tutti. Le cose
principali che mi premevano le ho portate a termine dunque, così non mi resta
che farmi una bella girata mattutina nel centro cittadino. Chiaramente non ci
sono palazzi storici o quanto altro, ma essendo tutto in pianura, è divertente
girare. Faccio un giro nel porto turistico, dove sono attraccate tutte le
imbarcazioni, considerando che siamo in inverno ancora e dunque la gente
logicamente non va in mare, anche se non c’è affatto freddo. Mi faccio un
giretto successivamente nella zona dello shopping, dove ci sono tanti
negozietti che vendono di tutto, dall’abbigliamento all’elettronica, ai
souvenir, senza mancare tutti i locali dove si può mangiare la qualunque. Raggiungo
anche una chiesa protestante anglicana, abbastanza vecchia, ma purtroppo è
chiusa e dunque non posso visitarla. C’è anche un bel parco, con del verde,
panchine, statue e una fontana abbastanza imponente, nel centro del parco. In
zona non posso fare a meno di notare tanti barboni, tutti dell’etnia Kanak
sicuramente, dato che sono loro gli autoctoni dell’isola e negri. Sono innocui,
stanno per la maggiore all’ombra, sotto agli alberi, oppure in panchina, mi
danno il buongiorno e sorridono poveracci. In generale c’è l’abitudine a
salutare da queste parti, anche se non ci si conosce. Così, mentre cammino,
capita spesso che ricevo il buongiorno dalla gente, una cosa che effettivamente
fa molto piacere. Riprende a piovere, non come stanotte, così entro in un bar
ed attendo che si calmi la situazione, prendendomi un caffè. Non è schifoso
come quello di ieri, ma francamente se la giocano, però lo mando giù lo stesso.
Proseguo il mio cammino ed arrivo al quartiere cinese, dove hanno messo al suo
ingresso, la classica pagoda con la scritta. Faccio due chiacchiere con tre
signore testimoni di Geova, che proprio lì stanno provando a divulgare il loro
credo. Mi confermano che in zona c’è stato qualche cinese e vietnamita, ma non
è propriamente un quartiere cinese, però quella pagoda ha il suo effetto
simpatico. Una delle signore ha il nonno originario di Torino, un’altra ancora
ha la madre di origini meridionali, lei proviene da Marsiglia, l’altra signora
è invece autoctona, Kanak dunque. Molto spesso i francesi del sud hanno parenti
prossimi italiani, che soprattutto dal nord Italia si trasferirono in massa,
per cercare fortuna, senza dimenticare che Nizza era savoiarda e dunque
italiana, prima dell’unità. Mi soffermo sul parlare di religione e quanto
altro, la loro comunità ha quasi tremila persone, non è affatto poco. Rimango
ancora a parlare con loro una decina di minuti buoni ed alla fine mi congedo,
salutandole cordialmente. Il mio cammino prosegue e raggiungo così la
Cattedrale di San Giuseppe, che purtroppo come l’altra chiesa è chiusa. Non mi
arrendo e vado a chiedere in un edificio vicino, legato alla curia, indicazioni.
Mi riceve il sacrestano, che volentieri mi apre la Cattedrale, passando dal
retro, per farmela visitare. Molto bella devo dire, lo stile è neogotico, l’arcata
interna è grande, l’altare è semplice e carino, ci sono diverse statue dei
santi e mobilia in legno, in vecchio stile direi. Sin da ieri ricordo che in
strada avevo visto una chiesa e chiedo indicazioni per raggiungerla. Il
sacrestano mi fa un disegnino in un foglio e me lo consegna, augurandomi una
buona giornata. Saluto cordialmente e seguendo le istruzioni, intanto raggiungo
il monumento ai caduti della prima e seconda guerra mondiale, situato di fronte
alla scuola militare ed alla fine, dopo una decina di minuti di camminata, sono
di fronte alla chiesa, dedicata a San Giovanni Battista. Anche questa è chiusa,
ma non fa nulla, non si può avere sempre tutto nella vita. Non mancano pure qui
i barboni, sdraiati sotto agli alberi, oppure di fianco alle auto parcheggiate,
come una signora che quasi mi spaventa, visto che me la trovo sotto ai piedi,
mentre cammino, perché infrattata di fianco ad una macchina. A momenti le
cammino sopra poverina, mi scuso e lei mi sorride, ha capito che non volevo
farle male, ma sarebbe meglio giacere da qualche altra parte secondo me. Torno
indietro ora, si è fatto mezzogiorno e tutto questo camminare mi ha fatto venire
l’appetito. Nel cosiddetto quartiere cinese trovo un localino carino, dove
poter mangiare tranquillamente. Mi accomodo, ordino una coscia di pollo con
verdure e patatine fritte, mi viene servita una brocca d’acqua da un litro e al
posto del pane che è finito, ricevo del riso scondito in una ciotola.
Francamente mi faccio una bella mangiata soddisfacente, il piatto è grande ed
il cibo tanto, faccio pure fatica a finirmi tutto, la porzione è grandissima.
Ma non pago, prendo pure un cornetto alla vaniglia, per finire in bellezza.
Scambio due chiacchiere con il proprietario del locale, il quale mi dice di
avere origini Bretoni e di vivere qui da una trentina di anni. Facciamo dunque
due chiacchiere sulle sue origini etniche e si stupisce del fatto che conosca
bene la storia della sua regione. I bretoni non sono altro che i discendenti
dei britanni che scapparono lì dall’Inghilterra, quando arrivarono alla fine
dell’impero romano, angli, sassoni e juti. Etnicamente sono legati ai gallesi,
agli abitanti della Cornovaglia, agli irlandesi e ai Cantabri della Spagna.
Pago il conto e mi fa pure uno sconto, dicendomi che è perché sono stato bravo
in storia, lo saluto cordialmente, ringraziandolo, proseguendo il mio cammino,
pieno come un otre, ma ne valeva la pena. Il tempo fugge, sono quasi le due e
per digerire mi faccio una bella camminata. Credo che manchino almeno quattro
chilometri per tornare a casa, il caldo è aumentato e sinceramente la strada
sarà tutta in salita, per cui cerco un taxi per rientrare. Chiedendo indicazioni
su dove trovarlo, incontro una ragazza locale, alla quale le chiedo dove poter
trovare i taxi. Non solo lo chiama con il suo cellulare, ma decide di volermelo
pagare. Io non ne capisco il motivo, lei risponde che non ci sono problemi e
dunque ancora una volta, non mi resta che accettare. Andiamo a prelevare in un
bancomat i soldi necessari e nel frattempo le racconto del mio viaggio e
dell’Italia. Mi dice che suo nonno materno ha origini corse, il cognome è
Tortu, incredibile! Le rispondo che è un cognome molto diffuso nella mia zona,
il nord della Sardegna, che è stato letteralmente colonizzato dai Corsi secoli
fa e dunque anche io ho sangue sardo-corso. Mi racconta che lui arrivò qui dopo
la seconda guerra mondiale, faceva il camionista e, come tutti i Corsi, aveva
un carattere forte e duro, ma gli volevano bene. A proposito di ciò, anche
Bernard mi ha confermato il solito carattere bellicoso dei Corsi, raccontandomi
l’altro giorno che sono persone tignose e poco inclini al sorriso, cosa ben
risaputa dunque presso i francesi, che li conoscono molto bene. La ragazza mi
mostra la foto di lui con la nonna, che era originaria del posto proprio come
lei. Gli chiedo come sta e mi dice che è morto lo scorso anno, le faccio le
condoglianze ed alla fine arriva il taxi. Le dico di non pagare, ma non se ne
parla e consegna al tassista cinquemila franchi locali, che sono pure una somma
superiore al costo della corsa. Il tassista li prende, nonostante lo invitassi
a non farlo e dunque mi arrendo, salutandola calorosamente e rimanendo basito
per questo suo gesto, che a questo punto comincia a non essere insolito qua in
Nuova Caledonia, visto il precedente di ieri. Il ritorno in auto dura una
decina di minuti, la corsa è costata mille franchi e quindi mi prendo tutto il
resto, meglio così francamente a questo punto, ci ho pure guadagnato. A casa
arrivo per le tre del pomeriggio, la giornata è andata proprio come speravo,
anzi, c’è stato questo ultimo episodio davvero singolare, inaspettato e positivo.
Appena apro la porta trovo Veronique, scambio con lei due parole formali ed
entro in camera, dove mi rilasserò un po’ al computer finalmente. Dopo mi
faccio un pisolino e mi alzo intorno alle sei e mezzo del pomeriggio. Sono
ancora super sazio per il pranzo di stamattina e non ho affatto voglia di
mangiare. Mi faccio una rilassante doccia, come si deve, per poi rimettermi al
computer e navigare in rete, anche se la connessione vacilla un pochetto
purtroppo. Vado a cercare Bernard, ma bussando alla porta della camera non
risponde nessuno, per cui presumo siano usciti. Poco male, attendo
tranquillamente, ma è solo questione di qualche minuto, in quanto rincasano.
Attendo cinque minuti, per non essere troppo indiscreto, per poi avvisarli e
Bernard resetta il modem, così la connessione torna tranquillamente. Sono ormai
passate le otto di sera, di mangiare non se ne parla neppure, mi limito ad
andare in cucina per prendermi un bel bicchiere di acqua fresca. Alla fine, tra
una cosa e l’altra, sono le dieci di sera quando decido di mettermi a letto.
Domani sarà il giorno del mio compleanno, ho già intenzione di fare un salto al
museo della seconda guerra mondiale e al museo de la Ville, i quali si trovano
vicino al principale parco cittadino, già visitato stamattina. Inoltre, essendo
il mio compleanno, voglio andare a mangiare in qualche ristorante vicino alla
spiaggia dell’altro giorno, per mangiare il piatto nazionale, ossia il bougna.
Ci sarebbe infine da considerare se andare o meno al centro culturale Jean Marie
Tjibadu, progettato dall’italiano Renzo Piano e mi mancano ancora un paio di
chiese importanti della città. Vedremo, perché guardando la mappa, è abbastanza
lontano dal centro cittadino. Sono le undici di sera, quando vado a letto,
domani mi attende una giornata interessante e spero di riuscire a finalizzare
Martedì 26 Agosto 2025:
Alle sei e mezzo del mattino sono già in piedi, il sole brilla ed è tornato
il vento, che spero si plachi quanto prima, visto che mi infastidisce
abbastanza. Per la colazione, attendo il risveglio di Bernard e Veronique, così
chiederò loro consigli sul mio piano di visite odierno. Li anticipo un pochino,
prendendo il caffè e cioccolato con dei biscotti al cioccolato. Gli racconto
com’è andato il giro di ieri e poi chiedo loro cosa pensano riguardo il giro
che sto organizzando. Mi dicono che va bene, è un ottimo piano, l’unica cosa
che forse non riuscirò a fare, è mangiare il bougna in ristorante, perché
richiede una preparazione lunga e solitamente si può mangiare nelle zone
rurali, su ordinazione, essendo un piatto tipico locale e non tanto da
ristorazione, però tentar non nuoce, magari in qualche ristorante sulla
spiaggia ce l’hanno già pronto. Bernard non può accompagnarmi in centro, in
quanto attende a casa l’idraulico, che deve riparare il problema dell’altro
giorno, mentre invece Veronique va a lavorare. Mi consigliano quindi di
prendere il bus, sanno solo dov’è la fermata, ma gli orari non li conoscono e
non sanno se posso acquistare a bordo del mezzo il biglietto. Sono circa le
otto del mattino quando comincio a prepararmi per uscire, speriamo di
raggiungere tutti i propositi della giornata, che mi sono annotato in un
foglio. Appena uscito di casa, vado alla fermata del bus che mi era stata
indicata, ma francamente non ho tanta voglia di attendere e poi non sono
affatto sicuro che passi. Chiedo ad un passante informazioni e difatti mi dice
che, per andare al centro cittadino, devo andare più avanti in un’altra
fermata. Proseguo dunque e ad un certo punto vedo una macchina con una ragazza,
una signora ed un signore seduti dietro. Gli chiedo se sto percorrendo la
strada giusta per raggiungere la prima fermata utile del bus verso la città, la
signora mi dice che è un’istruttrice di scuola guida e la ragazza sta facendo
la guida, mentre il signore dietro riceve un passaggio. E così mi dice che
tanto stanno andando anche loro in città e mi invita a salire. In questa
situazione cerco di parlare soltanto in francese e me la cavo bene, a detta
della signora. Mi racconta che vive qui da oltre un ventennio, è originaria di
un paesino vicino al Monte Bianco e fa appunto l’istruttrice di scuola guida.
La ragazza devo dire che guida molto bene, in un quarto d’ora siamo vicino al
museo che avevo loro indicato, ci si saluta e dunque mi avvio allo stesso.
Aspetto fuori che arrivino le nove del mattino, orario in cui una ragazza mi
apre la porta e mi fa accomodare. La visita dura una mezzoretta abbondante, vi
sono cimeli dei soldati della seconda guerra mondiale, durante la quale, la Nuova
Caledonia, che era anche allora sotto il controllo francese, decide di non
accettare la decisione di Pétain, ossia arrendersi ai tedeschi, ma si unisce
all’esercito francese libero, guidato da Charles De Gaulle. Difatti subito
sbarcano in loco migliaia di soldati neozelandesi, australiani ed infine
statunitensi, per evitare che l’impero nipponico attacchi pure questo
territorio, come già aveva fatto nel resto del pacifico. La cosa brutta è che
in questo contesto, i nativi non avevano neppure diritto di voto ed i cittadini
di origine giapponese, arrivati per lavorare nelle miniere di nichel, dal 1892,
vengono deportati in massa nei campi di concentramento allestiti in Australia.
Si organizza pure una chiamata alle armi e si spediscono molti neo caledoniani
al fronte europeo e africano, al fianco di inglesi e statunitensi. Il bilancio
totale sarà di 72 caduti, a fronte di ben 381 caduti durante la prima guerra
mondiale. Devo dire che il museo è ben organizzato, si usa anche la lingua
inglese, ma cercando di prendere dimestichezza anche con il francese, non ho
difficoltà a capire tutto quello che è accaduto in questa terra, durante quegli
anni così difficili. Una volta finito il giro, proseguo la mia strada e questa
volta vado al museo de la Ville, dove si mostrano cimeli della prima guerra
mondiale e in generale del periodo coloniale francese. L’edificio è fatto in
stile tardo ottocentesco, vi sono anche tanti mobili ed elettrodomestici
dell’epoca, senza contare un sacco di foto e varie spiegazioni. Fuori c’è anche
un giardino botanico interessante e in tutto ci metto anche qui una mezzoretta,
per terminare il giro. Adesso la mia prossima meta è Notre Dame du Pacifique,
che si trova in collina, a quasi tre chilometri di distanza da dove mi trovo
adesso. Chiedo indicazioni ad un ragazzo, il quale mi chiede se sono italiano.
Alla mia risposta affermativa, mi si rivolge parlandomi in italiano e mi spiega
che conosce la mia lingua, in quanto è sposato con una donna umbra e qui ha
vissuto per circa un anno. Fantastico dico, perché così il problema della
comunicazione è totalmente azzerato. Mi racconta di essere nato in Australia,
il padre è francese, di Cannes, convertitosi all’islam, la madre è australiana,
con antenati francesi. In tutto sono otto figli, lui è l’ultimo, ha
trentaquattro anni ed è nato qui, a differenza degli altri, che sono nati a
Goa, in India. Da qui dunque la famiglia si è spostata a Sidney, dove è nato,
finendo poi in Nuova Caledonia. Si è conosciuto con la ragazza italiana, in
quanto il padre umbro e la madre statunitense, erano soliti frequentare pure
loro Goa. Dunque, dopo un anno vissuto in Italia, con la moglie arrivano qui,
hanno in totale tre figli ed oggi la piccina compie tre anni, per cui i
regalini della busta li ha acquistati per il suo compleanno. Decide di offrirmi
una birra e mi racconta che qui ha provato ad aprire un’attività, ossia un
ristorante, facendo arrivare pure un cuoco dalla Sicilia, conosciuto appunto in
Italia. Da noi si è trovato male, le paghe sono basse e giustamente non aveva
motivo per continuare a rimanere, nonostante l’Italia sia un paese dove si
mangia molto bene. Ma anche qui gli affari non sono andati per il meglio,
soprattutto dallo scorso anno, quando sono scoppiate le rivolte antifrancesi e
quindi ha perso tanta clientela. Adesso ha chiuso da poco tempo, campa
producendo barattoli di cibo che consegna a domicilio, la moglie è a casa e mi
dice che sta meglio così, in quanto da imprenditore stava vivendo male e non se
la sentiva di proseguire. Mi racconta che qui la vita è molto cara, le miniere
di nichel le stanno chiudendo e sono molto inquinanti, tanti negozi e
ristoranti hanno fatto la sua fine ed infine mi racconta che i nativi sono
veramente dei disgraziati. Questo perché gli chiedo come mai tanti di loro
fossero in giro a vagabondare e lui mi spiega in sintesi che arrivano tutti
dalle zone rurali, hanno anche tante proprietà terriere, potrebbero vivere da
nababbi nei loro villaggi, anche perché ricevono sussidi statali, ma arrivano
in città per tentare l’impossibile, essendo anche senza alcuna
specializzazione, per cui finiscono in strada. Nei loro villaggi vivrebbero con
ottimo cibo e serenamente, prendendo soldi senza fare nulla, inoltre mi dice
che bevono tanto e lì poi fa una battuta, perché pure lui si autodefinisce un
alcolizzato. Gli chiedo come mai, come me, a fronte di un costo della vita
alto, non si sia fatto un orto, per minimizzare il costo della vita, dato che
mi racconta che il pomodoro arriva a nove euro al chilo al supermercato. Mi
risponde che ci ha provato, ma da queste parti, pur essendoci un clima
gradevole, certe piante si ammalano facilmente e non è affatto facile
coltivarle e curarle, come faceva per esempio in Umbria, dove aveva un orto a
disposizione. Mi è molto simpatico, ha una padronanza dell’italiano davvero
interessante, ha molte cose da raccontare, mi spiega che lui non è musulmano e
neppure circonciso, è una questione personale solo del padre, la madre difatti
inizialmente si era convertita, ma poi ha lasciato perdere. Si offre poi per
accompagnarmi a Notre Dame du Pacifique e così ci mettiamo in auto. Nel mentre
mi fa morire dal ridere, perché risponde alla moglie che lo assilla, ma anche
ad un amico che protesta in quanto non si è presentato ancora all’appuntamento,
ma questi era alle undici e ancora sono le dieci e mezzo del mattino, per cui
non può farci nulla se questo qui si è presentato anzitempo. Mi fa morire dalle
risate, gli dico che dovrebbe scrivere un libro sulla sua vita, è troppo
simpatico. Purtroppo non individua bene il posto e, siccome il tempo passa, mi
lascia nei pressi di un parcheggio, con accesso allo zoo. Ci salutiamo
calorosamente, lo ringrazio tanto e lì trovo un signore, a cui chiedo
informazioni sulla chiesa. Mi dice che si trova a due minuti di auto e si offre
per accompagnarmi, così accetto ed arriviamo praticamente subito. Alla fine non
si tratta di una chiesa, è un santuario molto carino, che domina la collina,
dove ci sono tutte le stazioni della passione di Gesù ed un bel giardino
intorno alla struttura, rigorosamente chiusa. Il signore di prima è fermo in
un’altra macchina con una ragazza, che presumo sia la fidanzata. Gli chiedo
quanto tempo ci vorrà per raggiungere la chiesa del cuore immacolato di Maria,
altra tappa odierna. Mi dice che in macchina ci vorranno dieci minuti, di
autobus non ce ne sono e così si offre di nuovo per accompagnarmi lì. Erano a
bordo dell’auto della ragazza e mi invitano a salire in quella di lui, come
all’andata. Sono in pausa pranzo, lavorano nello zoo e non si fanno scrupoli
per aiutarmi, sono molto simpatici e giochiamo al solito discorso sui luoghi
comuni italiani, ossia pizza, spaghetti, mandolino, Napoli e via discorrendo.
Ci sto al gioco, che mi frega, non c’è da offendersi e lui è simpatico.
Arrivati alla chiesa ci si congeda e li ringrazio calorosamente, perché mi
hanno fatto risparmiare una bella camminata, sotto al sole e con un vento
veramente antipatico. La chiesa è aperta, è una struttura di fine ottocento,
ben mantenuta e carina. Anche qui il panorama è veramente interessante, ma non
come dal santuario. Mentre stavamo arrivando, avevo notato un edificio bianco
sulla cima della collina più alta della zona. Mi dicono che si tratta della
moschea, non pensavo avessero tanti musulmani pure qui, difatti mi dicono che
sono pochi, però hanno tirato su questo edificio, essendo che hanno tanto
denaro, ricavato probabilmente da offerte saudite o qatarine, nazioni che si
divertono a finanziare in tutto il mondo comunità musulmane. Se avessi avuto
modo, francamente, sarei pure andato, ma in questo frangente non mi sembra il
caso, la distanza è proibitiva ed alla fine l’interesse è relativo. Dopo questa
visita, procedo verso giù, in direzione del lungomare, in una zona in cui non
ero mai stato prima. Il vento spira in maniera fastidiosa, non è neppure
pensabile farsi un bagno in queste condizioni, la cosa positiva è che
camminando non si suda affatto. Cammin facendo sono arrivato di nuovo al
quartiere cinese, dove trovo a questo giro i soliti testimoni di Geova, ma sono
diversi da quelli di ieri. Contando sul loro buonsenso, chiedo dove posso
trovare un ristorante in cui mangiare questo famoso cibo locale, ossia il bougna.
Anche loro mi confermano che è più facile trovarlo nelle zone rurali rispetto
alla città, perché è un qualcosa che va preparato dal giorno prima. Mi
consigliano un ristorante che dista da qui una ventina di minuti a piedi, non
tanto francamente. Li saluto e gli auguro una buona giornata, così proseguo il
mio cammino, avendo avuto l’indicazione, facile francamente. Per avere certezza
del mio cammino, chiedo conferma ad un signore che incontro nel marciapiede, ma
questi non solo conferma la mia direzione, ma si offre di accompagnarmi in
macchina proprio fino al ristorante. Accetto volentieri, alla fine mi risparmio
una bella camminata, perché la meta finale era più in là di quanto pensassi.
Saluto questo signore gentilmente e scendo dalla macchina, pronto per entrare
nel ristorante tanto agognato. Ormai è l’una, ho una fame da lupi, chiedo al
cameriere un piatto unico, ma che possa saziarmi per bene, visto che ho voglia
di mangiare bene. Mi consiglia di prendere il Chaomen, anche perché il Bougna
non lo fanno, essendo oggi martedì. Accetto il suo consiglio e mi accomodo,
ricevendo con cortesia una bottiglia di acqua fresca. Il piatto che mi porta è
gigantesco, penso pure che forse non riuscirò a finirlo tutto, perché sarà una
vera e propria fatica. Ci sono gamberetti, cozze, spaghetti di grano saltati in
padella, tonno, calamari, carote, cavolo verde e bianco, insomma c’è da
leccarsi i baffi, senza contare la salsa a base di soia ed un altro paio a
parte, come il pane, in cui inzuppare il cibo. Mangio di buona lena e piano
piano me lo finisco tutto, ma non è stata un’impresa facile, anzi. Per finire,
dopo una ventina di minuti, mi prendo un caffè lungo, che chiaramente fa
abbastanza pietà, ma non si può pretendere di meglio qui. Faccio due
chiacchiere con il cameriere, Nicolas, il quale mi racconta che studia medicina
e allo stesso tempo lavora, la madre è vietnamita, scappata da giovane durante
la guerra e mai più tornata, mentre il padre è francese. Gli dico che ho
intenzione di chiudere la mia ultima giornata a Nouméa, andando a visitare il
centro culturale Jean Marie Tjibadu, progettato come detto prima da Renzo
Piano. Mi chiede se ho fretta, perché si offrirebbe di accompagnarmi con la sua
macchina e manca una mezzora per finire il lavoro. Gli dico che attendo
volentieri, così finito il turno, ci dirigiamo alla sua macchina, assieme ad
una collega, partendo dunque verso il centro culturale. Prima accompagniamo la
ragazza a casa sua, poi parlando, essendoci fuori dal ristorante delle persone
con le bandiere della Nuova Caledonia, gli chiedo cosa pensasse di tutto ciò.
Mi racconta che di base questa gente ha ragione da vendere, perché i francesi
li trattano come se fossimo ancora nel periodo colonialista e le origini delle
proteste arrivano dal fatto che Macron voleva dare il diritto di voto ai
cittadini residenti da soli dieci anni, a cui non interessa nulla del destino
dell’isola, ma tutto ciò serve per mantenere politicamente lo status quo
parigino. Chiaro che il problema principale di questo partito indipendentista e
la mancanza di preparazione politica, perché sono poco organizzati, dunque
probabilmente la Francia continuerà il suo controllo, pur dando ancora ampia
autonomia ai locali. Anche lui, come il ragazzo incontrato stamattina, mi
conferma che i nativi vengono in città per finire in strada, non capendo che
vivere invece nelle zone rurali sarebbe molto migliore. Inoltre si ha ancora
bisogno di lavoratori specializzati che provengono dalla Francia, per cui tutta
la situazione è ingarbugliata. Lui stesso vuole andare in Francia per
specializzarsi, ma tornare poi qui giustamente, visto che in Europa sa come si vive
male e non è il caso, avendo anche una ragazza in loco, ossia la figlia della
proprietaria del ristorante in cui attualmente lavoro. Sono le tre del
pomeriggio quando arriviamo al centro culturale, ci riceve una donna molto
gentile, a cui chiediamo se può darmi una mano nel chiamare il taxi, alla fine
della visita. Anche lei si offre di accompagnarmi, dicendomi che finirà il
turno alle quattro e di farmi trovare qui, appena avrò finito il giro.
Ringrazio Nicolas calorosamente, è stato davvero buono e rimango in accordo con
la signora per rivederci dopo. Il Centro
Culturale Jean-Marie Tjibaou è un'opera architettonica di fama mondiale,
progettata dal celebre architetto italiano Renzo Piano. Nato nel 1998,
il centro è stato costruito per onorare la memoria di Jean-Marie Tjibaou, il
leader politico Kanak assassinato nel 1989. Il progetto ha rappresentato un
simbolo di pace e di riconciliazione tra gli abitanti della Nuova Caledonia,
dopo anni di tensioni. Il design della struttura è la sua caratteristica più
distintiva e significativa. Piano ha creato una serie di dieci
"capanne" in legno di iroko, che richiamano le forme delle capanne
tradizionali Kanak. La loro struttura simboleggia un ponte tra il passato e il
futuro, ossia tra le tradizioni locali e l'innovazione tecnologica occidentale.
L'intera opera è pensata per integrarsi perfettamente con l'ambiente naturale,
celebrando il legame profondo tra il popolo Kanak e la terra. Lo scopo del
centro è quello di preservare, promuovere e valorizzare la cultura, le arti e
le tradizioni del popolo Kanak, fungendo da luogo vivo di esposizione,
educazione e scambio culturale per tutta la comunità e per i visitatori
internazionali. Vi sono state erette dieci grandi strutture a guscio, realizzate in legno di iroko, a forma di
capanne, simili a quelle Kanak. Le pareti sono rivestite con pannelli di alluminio e vetro, creando un
contrasto tra il calore del legno e la modernità dei materiali, e permettendo
alla luce naturale di filtrare all'interno. Le capanne sono progettate per
sfruttare la ventilazione naturale, in quanto l'aria calda sale e viene espulsa
attraverso le aperture in cima, mentre l'aria più fresca proveniente dal lato
della laguna viene convogliata verso l'interno, creando un sistema di
ventilazione passiva che rinfresca gli spazi senza bisogno di aria
condizionata. Le capanne sono collegate tra loro da un lungo percorso coperto,
che si snoda tra giardini e sentieri, vi sono all’interno esposte delle
sculture ispirate dalla tradizione dei nativi, dei totem, la biblioteca e
l'auditorium. Renzo Piano, per realizzare questa opera ha studiato attentamente
la tradizione delle popolazioni locali. Il Centro culturale è diviso in tre
sezioni: la prima, quella espositiva, è dedicata alla cultura e alla storia locale,
con opere di artisti maori, papuani e Kanak. La seconda parte ospita gli
uffici, l'auditorium e la biblioteca; infine la terza sezione ospita le
attività ricreative del centro, come corsi di danza e musica, pittura e
scultura, oltre ad una scuola dell'infanzia. Proprio mentre sto visitando il
centro, alle 15:21 scatta la mia rivoluzione solare mirata, che mi auguro possa
darmi tante cose buone e positive. Alla fine sono le quattro del pomeriggio,
quando finisco la visita e comincia a piovere. Mi incontro con la signora di
prima, la quale mi dice di salire a bordo della macchina del marito, venuto a
prenderla. Per prima cosa mi chiede se ho altri impegni, visto che devono
andare in città a prendere la nipote che esce da scuola. Rispondo che sono
liberissimo, per cui non ci sono problemi. Ci mettiamo una mezzoretta, per via
del traffico, a raggiungere la scuola, così nel mentre facciamo un sacco di
chiacchiere. Luisa, questo è il suo nome, lavora nel centro da una ventina di
anni abbondanti, ha origini Kanak e ogni due settimane torna nel suo villaggio
natale, mentre il marito dell’isola di Lifou. Tra l’altro il nonno del marito
ha origini corse, tanto per cambiare. A riguardo Luisa mi dice che si tratta di
un popolo molto duro e bellicoso, il marito conferma la cosa, dicendo che il
nonno era un tipo abbastanza particolare, ridendo. Tornado al discorso
precedente, Luisa mi dice che, appena andrà in pensione, tornerà lì a vivere,
dove ancora c’è la mamma ottantasettenne ed il resto della famiglia. Arriviamo
alla scuola, prendiamo la ragazza, presumo appena tredicenne, per poi andare
via. Luisa mi chiede se ho mai bevuto la Kava, una bevanda tradizionale, non
alcolica, molto importante nella cultura del Pacifico, inclusa la Nuova
Caledonia, originaria di Tahiti. Si ottiene dalla radice polverizzata di una
pianta della famiglia del pepe, che viene mescolata con acqua. Rispondo che non
so cosa sia, così mi chiede ancora se ho voglia di andare con loro in un
nakamal, ossia un bar tradizionale locale, dove si ritrovano la sera per
socializzare tutti insieme. Accetto volentieri, sono molto incuriosito e
gratificato da questo invito. Nel mentre si continua a chiacchierare, mi
racconta delle rivendicazioni politiche della popolazione locale, la mancanza
di dirigenza capace di poterli guidare verso l’indipendenza, il costo alto
della vita, tutto strumentalizzato per non disturbare il governo francese e mi
dice pure che, quando c’era Giovanni Paolo II, visitò il Vaticano. Sanno pure
delle tensioni che viviamo in Europa, parlando di emigrazione, costo alto della
vita e quanto altro, dicendomi che mai andrebbe via dal suo paese natale e non
posso che biasimarla. Prima di raggiungere il nakamal, passiamo davanti a casa
sua, non lontana dal mio alloggio. Una casetta carina a vederla da fuori, ma
non entriamo, era solo per mostrarmela. Arrivati al bar locale, in una zona di
campagna, troviamo un paio di loro amici e così cominciano le bevute. Questo
prodotto mi viene offerto in un guscio di cocco, lo devo bere tutto d’un fiato
e francamente la cosa non mi disturba affatto Ha un effetto rilassante e
calmante, non è affatto male, non sento nulla di alcolico, ma soltanto calma e
tranquillità. Luisa mi spiega che per loro ha un profondo significato sociale e
cerimoniale, Luisa mi spiega che viene consumato durante determinati rituali,
incontri tra capi tribù e come segno di benvenuto per gli ospiti. Tutto ciò mi
lusinga e mi fa enormemente piacere, non capita davvero tutti i giorni di
incontrare così tanta benevolenza e oggi ho fatto veramente il pieno. Il tempo
passa, la nipote di Luisa mi fa vedere le foto della loro famiglia, il
villaggio da cui provengono e mi sembra che tutto sia carino, armonioso e sono
felice per come vivono. Sono consapevoli di avere una bella situazione famigliare
e gli auguro con tutto il cuore che proseguano sempre su questo cammino. Anche
con lei parliamo di politica chiaramente e mi dice che si auspica una
situazione migliore per il suo paese, in quanto per lei si può diventare
indipendenti, ma con una classe politica degna di questo nome, cosa che
attualmente non c’è. Mi racconta che per esempio un fattore di comunanza è la
lingua francese, in quanto loro hanno ben ventotto lingue, non dialetti, sia
chiaro, per cui la cosa non è così semplice come si possa pensare, si potrebbe
litigare pure riguardo il tipo di linguaggio ufficiale da utilizzare. Poi c’è
incognita cinese, che penetra economicamente e non sanno se porterà svantaggi o
meno, a livello economico, dato che qui non si produce quasi nulla, a parte il
caffè e qualche altro bene primario indispensabile. Il tempo scorre per
davvero, ormai da un po’ è tutto buio, alla fine sono quattro i giri di Kava
che facciamo, lei è felicemente stupita del fatto che sia andato tutto per il
verso giusto, temeva che non mi piacesse. Lasciamo alla fine questo locale e mi
accompagnano a casa. Sono le sette quando arrivo a destinazione, li saluto
calorosamente e li ringrazio per l’ospitalità che mi hanno riservato,
dicendogli che è un qualcosa che non potrò mai dimenticare. Arrivato a casa,
trovo Bernard, gli racconto entusiasta di come è andata la mia giornata, anche
lui è felice del fatto che sia riuscito a fare tutto quello che mi ero
prefissato. Gli chiedo dell’idraulico e mi spiega che è arrivato per capire
bene il problema, ma non ha finalizzato il lavoro e dunque dovrà tornare. In
tutto gli chiederà un salasso di trecento euro, i prezzi sono questi e non si
può fare altro che pagare, perché non saprebbe dove mettere le mani, dato che
la perdita arriva dal pavimento e si dovrà sfondare un po’ tutto. Mi congedo e
gli dico che ci ritroveremo domani mattina per la colazione, alle otto e mezzo
verrà la navetta a prendermi ed il volo da Nouméa, verso Sidney, decollerà poco prima di mezzogiorno. Mi metto al computer e
poi, verso le nove di sera, faccio una bella doccia, di cenare non se ne parla
affatto, il pranzo è stato più che sufficiente e devo dire che si è trattata di
una vera e propria rivelazione, in quanto non pensavo che potesse essere così
buono. Alle undici vado a letto, merito un riposo degno di questo nome, dopo
aver vissuto una giornata così intensa e bella. Per finire, oggi è stata una
giornata davvero emozionante ed intensa, ho toccato con mano la gentilezza di
persone sconosciute, ma sincere, le quali sono venute in mio soccorso, quasi
come se fossero angeli mandati da Dio, per aiutarmi. Sarà una giornata che non
dimenticherò mai, questo posso garantirlo, non mi sarei mai aspettato tutte
queste dinamiche e francamente non ci avrei mai messo la firma, sono cose che
fanno bene all’anima e ti fanno pensare che al mondo le persone buone, che
offrono aiuto incondizionato, ci sono e ci saranno sempre.
Mercoledì 27 Agosto 2025:
Alle sei e mezzo del mattino mi
alzo serenamente, il cielo oggi è un po’ nuvoloso, il vento si è placato e
dunque la giornata è serena. Devo dire che questa esperienza a Nouméa, seppur breve, è stata molto
gratificante ed interessante. Ho avuto modo innanzitutto di apprezzare la
cordialità della gente, non solo sempre disponibile nel darti indicazioni, ma
praticissima nell’aiutarti senza nulla in cambio. Mi hanno fatto da tassista
persone sconosciute e non so se in altre zone del mondo sarebbe potuto accadere
tutto ciò, è un qualcosa di unico che finora è avvenuto nella mia vita. Passi
per una volta, va bene per la seconda, ma qui gli episodi sono stati davvero
tanti. Ringrazio Luisa che ha voluto darmi un segno distintivo del suo popolo e
delle loro tradizioni di rispetto ed accoglienza verso lo straniero, è stato un
gesto che mi porterò dietro per sempre. Anche Bernard e Veronique si sono
rivelate due persone educate, cortesi e disponibili, ricorderò le piacevoli
chiacchierate passate soprattutto con lui, su diversi argomenti. Una
riflessione va fatta anche sulla Nuova Caledonia e su come si vive qui,
ovviamente. Se devo essere sincero, qualora fossi una persona con molte
disponibilità economiche, non escluderei di vivere qui, perché dal punto di
vista del tenore della vita, del clima e della tranquillità, si sta proprio
bene. Il fatto è che l’isola è cara, i costi sono molto alti e sicuramente con
una semplice pensione, si finirebbe quasi al lastrico, vivendo in maniera
disagiata. Certamente il governo francese ha strutturato tanti bisogni che in
altri posti non trovi facilmente, come l’accesso molto semplice ad internet,
una rete stradale efficiente e di qualità, una città servizievole dove non
manca nulla, ma se fossi ricco, tornerei senz’altro a vivere in Sardegna, dove
vivrei altrettanto bene e in maniera decisamente meno isolata di qui.
Chiaramente adesso la situazione politica è opaca, non si capisce bene quale
sarà il loro destino, ma senza costruire una classe politica degna di questo
nome, non potranno andare da nessuna parte, pur meritando pienamente il
riconoscimento dell’indipendenza dalla Francia, anche perché il periodo
coloniale e la guerra fredda sono finiti, è ora di andare avanti. Forse sarà la
Cina la prossima nazione che penetrerà economicamente qui, visto che ad oggi ha
trovato barriere ed il suo impatto, rispetto alla stessa Francia, è assente?
Chi lo sa, sta di fatto che qualche giornata in più me la sarei fatta ben
volentieri, per girare ulteriormente, anche se la macchina è un mezzo essenziale
per farlo, per via di tutte queste salite e discese, che ti fanno sembrare a
San Francisco, in California. Aperta e chiusa questa parentesi obbligatoria
sulla mia esperienza in Nuova Caledonia, torniamo ai fatti più concreti. Oggi
la navetta verrà alle otto e mezzo per prendermi e portarmi in aeroporto, ho il
volo intorno a mezzogiorno e quindi sarò in anticipo sui tempi di partenza
fortunatamente. Attendo che Bernard e Veronique si alzino, per fare due
chiacchiere l’ultima volta insieme, nel frattempo faccio colazione con caffè e
muesli, contemplandomi dalla veranda lo stupendo panorama, poi navigo in rete
al computer. In Italia sono le nove e mezzo di sera, ne approfitto per vedere
com’è andata la giornata in generale, nel mio paese. La valigia è già pronta,
ho messo tutto a posto ormai, mi sono cambiato e sono quasi pronto per andare
via. Finalmente Bernard e Veronique vengono in sala, per la colazione, così
facciamo le ultime chiacchiere. Li ringrazio vivamente per l’ospitalità e la
libertà che mi hanno concesso in casa, sono stati per davvero gentili. Poi si
parla del loro presente in Nuova Caledonia, che attualmente è tranquillo, ma
c’è un po’ di timore riguardo il futuro, perché non sanno se ci saranno
nuovamente insurrezioni dei locali, per richiedere l’indipendenza.
Approfondendo su questo argomento, mi raccontano che purtroppo lo scorso anno
ci sono stati incendi anche nelle case di gente originaria della Francia e loro
stessi li hanno supportati, in quanto questi poveracci si sono trovati sotto
assedio senza aver causato nulla, solo perché sono appunto discendenti di
europei. Si ha paura di fare la fine di Vanuatu, che seppur indipendente, ha un
costo della vita il doppio della Nuova Caledonia, c’è una cricca che si
arricchisce ed il resto della popolazione fa la fame, addirittura è ritornata
alla vita dei propri avi, molto più dignitosa di quella da povero sotto il
capitalismo. Ed è questo il problema più grosso, di cui mi parla Bernard,
perché sono consci del fatto che anche in occidente la situazione è a dir poco
tragica, pure loro sostengono che il sistema economico attuale sia negativo e
catastrofico, mi raccontano che qui la Cina attende pazientemente, di penetrare
economicamente, finora la Francia lo ha impedito, ma con tutta questa incertezza,
la cosa è dietro l’angolo e chissà come finirà. Gli consiglio di trasferirsi in
Sardegna, qualora avessero problemi, perché il costo della vita è basso, la
natura è stupenda e l’isolamento rispetto alla Nuova Caledonia non c’è, perché
sarebbero ad un passo dalla Francia e dall’Italia, sempre nel bel mezzo del
mediterraneo, piuttosto che nel Pacifico. Mi rispondono che come opzione è
molto intelligente e non si farebbero scrupoli, qualora qui le cose andassero
male, per seguire il mio consiglio spassionato. Ci salutiamo calorosamente, non
prima di aver scattato con il suo cellulare qualche foto, che mi spedirà
all’indirizzo email che gli ho lasciato. Bernard mi accompagna fuori, appena
usciamo arriva un signore con la macchina e dice a Bernard che è diretto
all’aeroporto. Io rimango titubante, perché attendevo la navetta, però saluto
Bernard e mi accomodo in auto. Dopo qualche minuto questo tizio mi chiede dove
fossi diretto e gli dico che dovrò prendere il volo per Sidney e che immagino
mi stia portando all’aeroporto di La Tontouta. Mi dice che in realtà non è così
ed allora gli rispondo che c’è stato un grosso equivoco con il mio amico e
dunque mi deve riportare subitissimo nel punto in cui mi ha fatto salire. Mi
chiede scusa, è desolato, per fortuna me ne sono accorto quasi subito e così
scendo di nuovo davanti casa di Bernard, che non sa nulla, essendo rientrato.
In auto esce Veronique, che va al lavoro e la saluto, senza dirle nulla, per
non farla preoccupare. Dopo cinque minuti arriva la mia navetta, a bordo ci
sono altre persone e così entro nel posto giusto e al momento giusto. Durante
il tragitto carichiamo altre persone e verso le nove e mezzo del mattino,
finalmente siamo arrivati all’aeroporto. Cambio subito i soldi che mi erano
rimasti e mi dirigo all’accettazione, ritirando tutti e tre i biglietti che mi
servono. Il volo per Sidney decollerà poco prima di mezzogiorno, compio i
soliti riti di controllo ed arrivo al gate stabilito, attendendo con
tranquillità il mio prossimo volo, che durerà circa tre ore, con Qantas Airways.
Una volta raggiunta la mia postazione, sia davanti che dietro a me ho due
ragazzi, tra loro amici, che chiacchierano di continuo, per cui scambio il
posto con uno di loro, così siamo tutti contenti. Siederò di fianco ad una coppia
di italiani, che avevo già intravisto in precedenza. Fino a quando non arriva
il cibo, non scambio con loro alcuna parola, perché stanno giustamente a
chiacchierare per i fatti loro, poi la ragazza, avendo sicuramente capito la
mia nazionalità, mi augura un buon appetito e quindi da lì parte la conoscenza
reciproca. Mi raccontano che sono originari di Torino, la prima tappa della
loro vacanza è stata la costa orientale australiana, per poi fare un salto in
Nuova Caledonia di quattro giorni, visitando prevalentemente le isole, in cui
hanno fatto immersioni. Ora vanno a Sidney e rimarranno lì altri due giorni,
prima di rincasare definitivamente. Lei è avvocatessa, lui francamente non ha
avuto modo di dirmi di cosa si occupa, ma sicuramente non è un operaio, sarà
partita IVA senza alcuna ombra di dubbio. Si parla di tutto, a partire dalla
situazione di Torino, per poi passare a quella bolognese e chiaramente si
tirano fuori le impressioni di ciascuno, riguardo la Nuova Caledonia. Anche
loro hanno trovato gente gentile e premurosa, ma non il supporto umano che ho
avuto io e per questo erano contenti. In Australia hanno girato per una ventina
di giorni in tutto, setacciandola in lungo e in largo, rimanendo completamente
soddisfatti del viaggio. Nel mentre finiamo le nostre pietanze, ossia della
salsiccia di pollo con contorno di piselli e purè, da bere ho preso del vino
rosso, una coca-cola ed infine un caffè. Il tempo è passato letteralmente in
fretta, le tre ore di viaggio sono volate e tutti e tre non ce ne siamo quasi
resi conto. Atterriamo finalmente alle tre del pomeriggio a Sidney, sincronizzo
il mio cellulare con l’ora esatta e con la simpatica coppia taurina ci si
saluta, augurandoci il meglio reciproco. Sono in pieno anticipo sul decollo del
volo, raggiungo il gate 57 e cerco di passare il tempo sia riposando, che
girando all’interno dell’aeroporto, oppure osservando la gente che va e viene.
Finalmente arriva l’ora per imbarcarci, prenderò il volo diretto per Dubai con
un A380-800 della Emirates di due piani, capace di contenere fino a 615
passeggeri in totale. Tutto è puntuale, alle nove e dieci di sera decolliamo ed
affronteremo ben quattordici ore di volo ininterrotto, sorvolando tutta la
Papua Nuova Guinea, la parte inferiore dell’Indocina e dell’India, Il Pakistan
ed infine l’agognata meta. La mia collocazione è al centro dell’aereo, alla mia
destra ho una coppia di anziani, mentre alla mia sinistra c’è un anglosassone,
non so di quale nazionalità. Affrontiamo il percorso con una velocità massima
di 990 chilometri orari, ad un’altezza massima di 12.192 metri, con -59° di
temperatura esterna, per un totale di 12.184 chilometri da percorrere.
Mercoledì 27 Agosto 2025:
Il tempo lo passo come sempre
in tutti i modi possibili, ne approfitto per guardare un film con Castellitto,
dal titolo “Romeo è Giulietta”, molto carino. Poi gioco a dama, guardo qualche
serie tv ed ascolto musica di tutti i generi. Il menù dei pasti è identico a
quello dell’andata da Dubai a Brisbane, per cui mi viene riproposto il
pollo con spinaci, una salsa di pomodoro piccante, uova al tegamino e della
frutta fresca di vario genere, tagliata a spicchi. Poi mangio dello yogurt con
granella di frutta secca varia, un tocco di salsa di fragola, prendo
dell’acqua, un succo di arancio e due caffè, mangio tutto il cibo proposto di buona lena, apprezzandolo. Finalmente,
come da prassi, atterriamo a Dubai quando sono quasi le sei del mattino. Ora mi
aspetta il sesto ed ultimo volo, quello diretto a Bologna, che mi consentirà
dunque di concludere il mio viaggio. Faccio gli ultimissimi controlli e
raggiungo finalmente il gate che è stato assegnato al mio volo, ossia il B2.
Partiremo alle nove e venti, prima del volo vado in bagno, mi cambio l’intimo e
metto una maglietta pulita, per poi raggiungere la postazione in cui posso
collegare il mio pc alla corrente elettrica e quindi serenamente attendo il mio
voto, navigando in rete con estrema tranquillità. Arriva la chiamata per
l’imbarco, poi saliamo su un bus che dopo un quarto d’ora ci porta al nostro
aereo, nella pista, occupo la mia postazione fortunatamente nel corridoio e al
mio fianco ci sono due donne di origini anglosassoni. Sono le nove e venti,
siamo puntualissimi, ma ad un certo punto ci viene comunicato che ritarderemo
il decollo per motivi tecnici. Alla fine decolliamo alle dieci in punto,
finalmente. Siamo a bordo di un A350-900, durante il tragitto raggiungiamo i
944 chilometri orari, ad un’altezza massima di 12.193 metri, con -52° di
temperatura esterna, percorrendo in totale ben 4812 chilometri. Il tempo
lo passo come sempre, tra giochi, musica, video e mangiando, chiaramente. I
pasti sono questi: per cominciare, un’insalata di orzo con peperoni e lattuga,
poi del pollo arrosto alle erbe e verdure saltate. Poi come dolce c’è una
brioche danese all’albicocca, che ho richiesto nuovamente, essendo molto buona.
Infine, un’oretta prima di atterrare, abbiamo mangiato un toast all’uovo con
cheddar e una torta di cioccolato al latte. Da bere ho preso di tutto,
cominciando con il vino rosso, proseguendo con un succo d’arancia e dell’acqua,
finendo con il caffè, di cui ho fatto il bis. Siamo atterrati a Bologna poco
prima delle due del pomeriggio, dopo cinque ore di volo, c’è un gran caldo,
l’orario rispetto a Dubai è di due ore indietro e francamente pensavo di essere
molto più stanco, dopo tutte le ore passate in volo, quasi continuamente. Scesi
dall’aereo, si fanno gli ultimi controlli finali e finalmente posso andare
verso la fermata dell’autobus. Dopo aver camminato una decina di minuti, arrivo
alla stessa, pensando che il tabacchino dirimpetto fosse aperto, per acquistare
il biglietto. Non è così, per cui piano piano, sotto un sole cocente e con
tutte quelle ore di volo addosso, raggiungo la via Emilia, prendendo il bus 91,
ma prima avevo chiesto preventivamente se si facessero biglietti a bordo,
altrimenti sarei andato più avanti, fino al primo tabacchino aperto, per
acquistare il biglietto. Il viaggio dura fino alla stazione centrale di Bologna
e da lì devo raggiungere a piedi, in circa cinque minuti buoni, la fermata
dell’autobus 27. Finalmente arrivo a destinazione, dopo una decina di minuti
arriva il mio bus e così finisco la mia corsa a pochi minuti da casa. Sono le
quattro del pomeriggio quando apro il portone, finalmente sono qui, anche se
tutta l’ultima fatica fatta, camminando sotto questo sole cocente bolognese, mi
ha provato un bel po’. Un viaggio a tratti epico quello che ho fatto fino alla
Nuova Caledonia, sono contento di avere vissuto questa esperienza e mi auguro
adesso che i pianeti supportino il mio futuro nella maniera migliore possibile.
Il mio l’ho fatto, andando fino all’oceano Pacifico, ora tocca pure a loro
darmi una mano.
E noi, caro A.P., te lo auguriamo di cuore perché tu, acquistando questo costosissimo viaggio in un periodo in cui eri disoccupato, hai dimostrato, ancora una volta, cosa voglia dire operare secondo i princìpi dell’Astrologia Attiva.
c.d.
http://ilblogperidepressi.wordpress.com/
For Everybody. It is not an important news, but I invite you to read it because it can explain, to someone, the why of a certain noise leading that disturbs, from a few years, the astrology:
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Ciro Discepolo
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Una bibliografia quasi completa di Ciro Discepolo:
An almost complete bibliography of Ciro Discepolo:
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